Il Giappone apre le porte di Piero Casucci

Il Giappone apre le porte Il Giappone apre le porte Dopo un rìgido regime protezionistico - Capitali americani - Tra breve diverrà operante un'intesa tra la Mitsubishi e la Chrysler (Nostro servizio particolare/ Tokio, aprile. Sinora ha marciato a ruota libera ma qualcosa sta cambiando. Parliamo dell'industria giapponese dell'automobile e delle sue prospettive per il futuro. Praticamente sconosciuta appena 10 anni fa, essa ha saputo imporsi all'attenzione del mondo occidentale bruciando letteralmente le tappe: il frutto di un formidabile progresso tecnologico, ma anche del rigido regime protezionistico con cui ha saputo guardarsi le spalle. E' una corda, però, che i giapponesi hanno teso sin troppo e che minacciava di spezzarsi. L'eventualità che un provvedimento analogo potesse essere preso nei loro confronti, specialmente dagli americani, li ha convinti a rivedere le loro posizioni e ad aprire le porte al capitale straniero, il che avverrà a partire dall'autunno del prossimo anno. le Case indipendenti Sarà il primo, vero ostacolo che l'industria automobilistica giapponese dovrà fronteggiare, la sua « ora della verità ». Vi si prepara affrettando i tempi di quei processo di concentrazione che il governo vorrebbe fosse spinto sino al punto di raggruppare in due o al massimo tre complessi, le 12 marche di autoveicoli che operano attualmente nel Paese. Oggi il mercato è dominato dalla Toyota e dalla Nissan (65%-deI mercato, complessivamente), che riuniscono — in totale — 9 marche. Quale sarà il destino delle tre Case ancora indipendenti? Si parla di una possibile intesa fra la Mitsubishi e la Honda e fra la Nissan e la Isuzu, mentre la Toyo Kogyo, depositaria estremo-orientale del motore Wankel, potrebbe entrare nella sfera di interessi della Ford con la preannunciata liberalizzazione del mercato giapponese. La Toyo Kogyo intrattiene già rapporti con la Casa americana dopo la recente costituzione di una società per la produzione in Giappone di trasmissioni automatiche, di cui la Pord detiene il 500/» del pacchetto azionario; il rimanente — in parti uguali — è nelle mani della Nissan e della Toyo Kogyo stessa. La presenza della General Motors in Giappone si limita, per ora, ad un rapporto di collaborazione di 7 anni con la Hitachi; prevede lo sfruttamento da parte di quest'ultima delle tecniche americane per la produzione di valvole per motori, ma un recente viaggio del vicepresidente della G. M., George Russel, in Giappone è stato messo in relazione con il proposito — da parte della più grande fabbrica di automobili del mondo — di dar vita in Estremo Oriente ad una fabbrica al 100 per cento americana, il che sarà ben difficile possa avvenire, considerate le gelosie dell'industria nipponica. Ma l'intesa di gran lunga più importante fra l'industria automobilistica americana e quella nipponica è in corso di perfezionamento ed interessa la Mitsubishi Heavy Industries e la Chrysler. Si ripropone due obiettivi principali: il montaggio all'estero, in stabilimenti di proprietà della Chrysler, di vetture di media cilindrata della Mitsubishi; un'analoga operazione in Giappone relativamente alla Valiant, la più piccola delle auto costruite dalla Chrysler. L'accordo verrà sottoposto all'approvazione del governo alla fine di questo mese e dovrebbe entrare in funzione il 1" giugno. Esso, pertanto, dovrebbe precorrere i tempi della liberalizzazione. La Mitsubishi vi conta anche e soprattutto per attuare una ristrutturazic.ie del proprio complesso, il più forte del Giappone in senso assoluto (che prevede una netta separazione del settore automobilistico dalle altre attività produttive). Della nuova società la Mitsubishi avrà il 65 per cento del pacchetto azionario, la Chrysler il rimanente 35 per cento. Deciderà il governo Il governo darà il via all'accordo? Il presidente della Chrysler ne ha fatto materia di una precisa richiesta, recandosi ultimamente in Giappone. A sua volta la Mitsubishi intende migliorare le sue esportazioni, ma sono in molti a credere che non tutto andrà liscio. Due argomenti pongono in dubbio il sollecito raggiungimento dell'accordo: anzitutto la non brillante situazione finanziaria in cui versa attualmente la Chrysler; in secondo luogo il fatto che la Valiant non appare adatta al mercato giapponese. D'altra parte anche la Mitsubishi non attraversa un momento molto felice: le vendite della Galant, il suo più recente modello di vettura, hanno raggiunto le 9600 unità nei primi due mesi di quest'anno, contro oltre 52.000 dei due modelli più popolari della Toyota (Corona e Corolla) e oltre 20.000 unità della Datsun (Nissan). Si è dunque alla vigilia di grossi avvenimenti che potrebbero incidere anche profondamente sul futuro dell'industria automobilistica giapponese. E' sintomatico che mentre per l'anno fiscale in corso (aprile 1970-marzo 1971) ci si propone di costruire 5.750.000 autoveicoli, il 13,6 per cento di più rispetto all'esercizio precedente, si prevede di esportare il 18 per cento di meno a causa di possibili difficoltà sul mercato americano, dove l'industria locale si accinge a mettere in campo nuove vetture di dimensioni più ridotte, in concorrenza con le « straniere ». Il futuro, dunque, sembra essere legato al potere di assorbimento del mercato giapponese (1 due più forti complessi automobilistici puntano su una produzione annuale di 2 milioni di unità ciascuno), che è certamente ancora enorme, ma non potrà essere illimitato. Piero Casucci

Persone citate: Corolla, Corona, Galant, George Russel, Wankel

Luoghi citati: Estremo Oriente, Giappone, Tokio