Tre Borse italiane riducono le tariffe di Giulio Mazzocchi

Tre Borse italiane riducono le tariffe Per favorire l'ampliamento dei listini Tre Borse italiane riducono le tariffe Il provvedimento è stato preso a Firenze, Genova e Napoli e si estenderà tra breve a Roma e a Torino - Ancora nessuna decisione per Milano, che pratica già condizioni di favore (Nostro servizio particolare) Roma, 1 aprile. Tre delle dieci Borse valori italiane hanno ridotto dal 1" gennaio i diritti percepiti annualmente dalle società che vi fanno quotare, le loro azioni. La « Gazzetta Ufficiale.» ha pubblicato i relativi decreti: ieri per le Borse di Napoli e di Genova, in precedenza quello per Firenze. Le riduzioni di tariffa sono stabilite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del ministro del Tesoro. La necessità di effettuare riduzioni venne prospettata d.igli operatori di Borsa più di un anno fa, anche attraverso una serie di scioperi. Le richieste erano numerose e avevano tutte come obiettivo l'ampliamento delle attività borsistiche, in modo da far riaffluire sul mercato e convogliare alle società per azioni il risparmio dei privati, che in Italia da tempo preferisce prevalentemente le sottoscrizioni obbligazionarie o, addirittura, va a investirsi, anche clandestinamente, all'estero, soprattutto in fondi d'investimento. Gli operatori di Borsa chiedevano anzitutto che anche in Italia si creassero fondi d'investimento (con la fine della crisi del governo, il Senato riprenderà a fine mese la discussione della legge, passando alla votazione degli articoli). Poi chiedevano agevolazioni fiscali per le società che emettessero azioni da far quotare in Borsa, destinando i proventi a investimenti. Anche a questa richiesta il governo, con un progetto del ministro Colombo, ha dato parere favorevole: la legge è all'esame dei deputati. Inoltre, si chiedeva di diminuire i prelievi statali e delle Camere di Commercio sulle azioni ammesse alle quotazioni in Borsa, in modo da favorire l'allargamento delle società che si fanno quotare. Per quest'ultimo punto il ministro del Tesoro diramò una circolare il 27 marzo dell'anno scorso. Delle dieci Borse italiane (Milano, Torino, Genova, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo), tre hanno già deciso riduzioni, ora avallate dalle autorità. Le decisioni spettano a ciascuna Borsa (o meglio alle locali Camere di Commercio); anche Torino e Roma hanno deciso d'effettuare riduzioni e i relativi decreti sono in corso di preparazione. Milano non ha ancora deciso, ma per le grandi società le sue tariffe sono le più modiche e non per nulla si tratta della « piazza » che giornalmente svolge affari di importo pari a quello di tutte le altre nove Borse italiane messe assieme. A Torino i prezzi vennero fissati nel 1948 e mai più ritoccati (lo saranno tra poco): le società che chiedono la quotazione delle proprie azioni in questa Borsa devono pagare 50 lire per ogni milione del loro capitale. A Milano invece si paga (dal 1960) 50 lire a milione per i primi dieci miliardi di capitale, 30 lire per ogni milione dei successivi 5 miliardi e via scendendo, sino a 7 lire per ogni milione di capitale eccedente i 200 miliardi. A Roma (prossima la riduzione) dal 1962 si paga come a Milano fino a 15 miliardi, poi si scende più velocemente di prezzo, per arrestarsi però a 10 lire per cigni milione di capitale eccedente i 50 miliardi. A Napoli la tariffa era stata l'ultima volta ritoccata nel 1947: 120 lire a milione per i primi 10 milioni, 90 lire per i successivi 20 milioni, per finire, a Ì5 lire per milione per capitali eccedenti i 200 milioni. Con i nuovi decreti, la cui validità s'inizia dal 1" gennaio di quest'anno, a Napoli le società che si facciano quotare in Borsa per la prima volta, anche se già presenti in altre Borse, sono esentate dal pagamento per il primo anno, sono esentate al 75 per cento per il secondo anno, al 50 per il terzo e al 25 per il quarto. A Genova è stata decisa l'esenzione totale per il primo anno e vi è una riduzione del 30 per cento per il quinquennio successivo; il massimale annuo di pagamento è comunque stabilito in 3 milioni. Giulio Mazzocchi *