Si parla con insistenza d'abolire la confessione

Si parla con insistenza d'abolire la confessione Il congresso dei professori di morale a Padova Si parla con insistenza d'abolire la confessione Imposta dal Concilio di Trento pri jca il disagio dei penitenti e dei confessori (in Italia su 100 cattolici che vanno a Messa non più del 10oo fa la Comunione) - Un gesuita ungherese propone d'istituire l'assoluzione comunitaria, come in Olanda e altrove - La confessione davanti al prete avverrebbe almeno una volta l'anno (Dal nostro inviato speciale) Padova, 1 aprile. Con (inattro secoli sulle spalle, la confessione « segreta auricolare e specifica » imposta ai cattolici dal Concilio di Trento appare in crisi e bisognosa di riforma. Lo constatò a suo tempo il Concilio Vaticano II, se ne discute ad allo livello, l'ha ripetuto oggi in termini pressanti al Congresso dei moralisti a Padova il prof. Zoltan AIszeghy, gesuita ungherese e docente universitario gregoriano. Anche mons. Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, che presiedeva la riunione come osservatore dell'episcopato italiano, mi ha confermato in una intervista l'urgenza del rinnovamento, sul quale concoida mons. Luigi Sartori, presidente dell'Associazione Teologica Italiana. «Vi è un disagio dei penitenti e dei confessori che si manifesta nella diminuita frequenza al sacramento », ha spiegato padre AIszeghy, in una relazione di sottile critica ai canoni tridentini. Da più di quattrocento anni questi canoni obbligano i fedeli a confessare minuziosamente numero e specie dei peccati, e chi sostenesse altrimenti « anathema sit ». Calando le confessioni, calano anche le comunioni: le statistiche dicono che in Italia su cento cattolici anagrafici solo trenta in cifra tonda vanno alla Messa festiva, e di questi non più del dieci per cento si comunicano. E' una situazione preoccupante per la Chiesa, occorre rimediarvi. Padre AIszeghy a conclusione dell'analisi delle norme tridentine, ha profilato l'ipotesi che i fedeli, come già avviene in Olanda e altrove, ricevano la assoluzione comunitaria durante l'atto penitenziale all'inizio della Messa, l'ex « Confiteor », con la riserva di una confessione generale davanti al prete almeno una volta l'anno. Questa riforma non eliminerebbe la confessione personale, che però dovrà diventare un colloquio pastorale attento alle situazioni individuali spesso trascurate nel nome dt un freddo giuridicismo. La possibilità, secondo AIszeghy, risulta dallo stesso Concilio di Trento, che pur obbligando alla confessione individuale riconobbe che la forma della penitenza non era stabilita dal Vangelo. L'assoluzione generica infatti non è una novità assoluta: è adottata per i moribondi, per i soldati in guerra, nei casi di pericolo o di gran numero di penitenti con scarsità di clero. « Lei, mons. Bettazzi, è favorevole a questa riforma? » chiedo al vescovo di Ivrea, punta progressista dell'episcopato italiano. « Anche la confessione frequente e personale ha avuto una sua efficacia, risponde, per puntualizzare lo stato di peccato e provocare rispetto verso l'Eucarestia. Qualunque riforma non significa svilimento o rifiuto della prassi passata. Ma come tutte le cose col tempo la confessione ha finito con l'assumere aspetti meno educativi: ad esempio l'eccessivo automatismo, per cui l'accusa del peccato diventa premessa per l'assoluzione e dall'altra parte l'eccessivo distacco dalla comunione vista come premio di una purezza assoluta già raggiunta ». « Che cosa potrebbe fare la Chiesa oggi? » « Mentre in passato, prosegue mons. Bettazzi, si curava molto l'aspetto oggettivo del peccato, ad esempio nel campo sessuale, oggi si è più portati a considerarne anche l'aspetto soggettivo, cioè la valutazione personale nelle azioni che si compiono ». « Questi nuovi principi si l applicano anche alla morale I coniugale? ». « Lo stesso Paolo VI, dice mons. Bettazzi, dopo aver a lungo parlato nella " Humanae vitae " di questo aspetto oggettivo, .sottolinea per la prima voltu in una enciclica papale gli aspetti con cui ciascuno si pone in maniera propria di fronte a valori assoluti. Un (utro elemento a favore della riforma è la riscoperta della Messa come azione comune, con peculiare carattere di Cena e quindi di partecipazione compirla che compotta la comunione». « Allora, un credente può fare la comunione senza prima confessarsi? ». « Da quanto ho detto — spiega il presule — viene come conseguenza che il cristiano, il quale avverta di non essere in peccato grave, possa accostarsi normalmente al la comunione in pratica ogni volta che partecipa alla Mes sa con un sincero atto di do lare ». « E coloro che si ritengono in peccato mortale? ». « Il problema, dice il vescovo, 3* rende più delicato paqgsccècsspti per chi abbia coscienza di aver peccati più gravi per i quali la Chiesa esige che venga premessa la confessione sacramentale. E' per questi casi che qualcuno auspica che si possa concedere con maggior larghezza quanto già è ammesso per i casi urgenti, cioè che uno possa accostarsi alla comunione dopo una sincera contrizione, con il proposito di confessarsi a tempo opportuno ». «Altra soluzione, sostiene, svplai tainaplanCdv sarebbe che la Chiesa desse valore di sacramento all'atto penitenziale col quale si apre la MeSsa, invitando peraltro i cristiani ad accostarsi ogni tanto anche alla confessione individuale che impegnerebbe alla verifica specifica della propria coscienza di fronte alla Chiesa ». Altre ' relazioni critiche sono state fatte oggi da mons. Carlo Molari dell'Università di Propaganda Fide, favorevole alla evoluzione dei dogmi nella stretta ortodossia, e da don Giovanni Moioli del Seminario di Venegono (Varese), per il quale il Concilio di Trento non ha affatto chiuso l'approfondimento del rapporto fra celibato e matrimonio, anche se, in polemica con i protestanti, che vedevano nell'unione coniugale il rimedio alla concupiscenza, aveva posto in primo piano la verginità. Lamberto Fumo