Antisemiti in provincia

Antisemiti in provincia Un risveglio di pregiudizi razzisti in Francia Antisemiti in provincia Ad Amiens è stata sparsa la voce che un'organizzazione per la tratta delle bianche agisce in numerosi negozi - I proprietari sono d'origine israelitica - La popolazione impaurita da racconti allucinanti: un calzolaio tramortiva avvenenti ragazze con «scarpette avvelenate» Le vittime della calunnia affermano: «Sono stati i fascisti. Costretti per 25 anni a tenere la testa bassa, ora tentano una rivincita» (Bai nostro inviato speciale) Amiens, 30 marzo. « Scusi, saprebbe indicarmi i negozi dove spariscono le ragazze avviate alla tratta delle bianche? ». Come si fa a porre una domanda simile, quasi cercassi un tabaccaio o un pasticciere? Eppure, con giri di frase, cercando con cura le parole, atteggiando il viso ad una smorfia di superiorità per far capire che a queste cose non credo, debbo farlo. Un facchino mi risponde che ne conosce solo uno, a due passi dalla stazione, poco lontano dal brutto grattacielo di ventotto piani che costituisce l'orgoglio della Amiens moderna. Un ospite del mio albergo scuote il capo: è parigino, a queste cose non crede. Un autista eòi baffi biondi mi risponde con tono professionale, come se si trattasse di indirizzi qualsiasi, che i negozi « incriminati » sono otto. Lui conosce l'indirizzo di cinque: due nella via principale della città, due in via Bauvais, a sinistra dopo il municipio, e un altro in una strada laterale. Così, camminando contro vento per le vie piene di sole fiancheggiate da casette di mattoni i-ossi, mi avvìo alla scoperta di quest'assurda storia, di cui da venti giorni parlano tutti ì giornali di Francia. La « via del vizio » Amiens — centoventimila abitanti, il mare a quaranta chilometri, patria di quel Pietro l'Eremita che bandì le Crociate, — sta vivendo su scala ridotta lo stesso incubo medioevale che l'anno, scorso oppresse un'altra illustre cittadina francese: Orléans, patria di Giovanna d'Arco. Anche qui, come ad Orléans, senza alcun fondamento concreto si è sparsa la voce che un'organizzazione internazionale, dedita alla tratta delle bianche, è riuscita a catturare sei o sette belle ragazze e avviarle verso lontane centrali del vizio, in Medio Oriente o nell'America Latina. Anche qui, come ad Orleans, si sente ripetere che l'organizzazione ha ì suoi tentacoli in alcuni negozi in apparenza del tutto innocui. Quando una bella cliente si ritira in uno spogliatoio^ nella, retrobottega, entrerebbero in azione piattaforme girevoli, siringhe, narcotici. Addormentate, camuffate, imbavagliate, caricate su misteriose automobili, le belle vittime partirebbero come « colli merci » verso le loro lontane destinazioni. Ma la fantasia di Amiens ha superato quella pur fervida di Orléans: è arrivata a punte rocambolesche che ricreano su scala provinciale ed europea gli incubi newyorkesi di Rosemary's baby. Di un calzolaio che ha il suo negozio in Rue de Noyon, la vìa principale, sì è detto che nascondeva nell'interno di alcune scarpe un'invisibile puntina metallica cosparsa di un potente narcotico: quando entrava una ragazza di particolare avvenenza, veniva invitata a sedersi su una poltrona in un angolo e le veniva fatta provare la scarpetta-vipera. Trasportarla nella retrobottega, come colpita da un improvviso malore, era un gioco da ragazzi. Di un negoziante di dolciumi si è raccontato che, scelta la cliente che faceva al caso, la induceva ad assaggiare fondenti con narcotici. E cosi via. Ma la somiglianza più significativa fra la tenebrosa storia dell'anno scorso (che j poi si rivelò una montatura) e quella altrettanto nera di quest'anno, sia in un particolare oh n preciso: anche qui come ad Orléans quasi tutti i negozi « incriminati » — per la precisione sei su otto — .soko di commercianti ebrei. Siamo dunque di fronte a una nuova manifestazione di antisemitismo. Dubbi e paure Le autorità hanno smentito le notizie relative ai rapimenti; il giornale locale, Le Courier Picard, ha pubblicato lunghe inchieste per dimostrare la falsità dell'intera storia; il D marzo il procuratore della Repubblica ha ricordato alla tv che la legge prevede un anno e più di reclusione per la calunnia. Eppure i dubbi non sono ancora del tutto scomparsi. Si ha l'impressione che Amiens creda e non creda. Passata la paura del primo momento, finge, una disinvoltura che probabilmente non ha; la gente continua ad entrare nei negozi incriminati, ma molti, soprattutto le donne di campagna, non osano avvicinarsi al banco e sbirciano con sospetto nella retrobottega. Ma com'è possibile che in una delle zone più evolute e civili d'Europa, centro d'un largo traffico internazionale, trovino credito simili voci? Entro in uno degli eserci¬ zlz«ldnmcvugatsdgml zi « incriminati »: « Chez Billy », un grande negozio di calzature, proprio quello delle « scarpe con la puntina avvelenata ». Non ci sono clienti, due graziose commesse brune mi si fanno incontro premurose. Chiedo di parlare coi proprietari: non si meravigliano, da due settimane è un continuo vai e vieni di giornalisti. La signora Billy. avvertita per telefono, mi attende al piano di sopra, nel suo appartamento. E' una donna sui cinquanta, capelli grigi, labbra tumide, occhi miti e tristissimi. I Billy non sono di Amiens; erano in Algeria, son venuti qui sette anni fa quando venne proclamata l'indipendenza algerina; lei e suo marito hanno messo su questo negozio che si è affermato abbastanza rapidamente. Gli affari andavano bene, pensavano di aver trovato qui la loro sistemazione definitiva. E invece ecco la Voce, lo scandalo, la paura. Di colpo sono ripiombati nell'angoscia atavica. No, non pensa che siano stati i fascisti e neppure dei concorrenti invidiosi. Non capisce, non si rende conto: « E' stata gente cattiva — ripete —, ce n'è tanta a questo mondo ». Irene Pironi invece sostiene una tesi diversa. Gestisce uno dei due negozi « non ebrei »; è giovane, bionda, nasino all'insù. La storia dei fondants avvelenati l'ha quasi divertita. Chiede sempre ai clienti: li volete col veleno o senza? A suo parere, il fatto che se la siano presa anche con lei starebbe a dimostrare che non si tratta dì vero antisemitismo; pensa che la Voce sia stata messa in giro per far pensare a una esplosione razzista, mentre, avrebbe tutt'altro scopo, per esempio quello di stornare l'attenzione da qualche altro episodio poco pulito, tipo « balletti rosa ». Per Charles David, 38 anni, proprietario del negozio di confezioni « Liberty ». invece non ci sono dubbi: antisemitismo classico. « Non potevano prendersela esclusivamente con noi ebrei — mi dice — sarebbe stato grossolano; sei su otto è una misura giusta ». Come potrebbe avere dubbi? L'altro giorno uno sconosciuto ha telefonato a sua moglie chiedendole se preferiva i forni elettrici o quelli a gas. « Chi parla? » ha chiesto la donna, « Adolfo Hitler ». I nervi a pezzi E' mezzogiorno e mezzo, Charles David chiude il negozio, mi invita nella piccola retrobottega ricolma e, mentre rassetta le pile di pantaloni, giacche e giacchette, mi illustra il suo punto di vij sta. Sono stati senza dubbio | i fascisti. Costretti per venticinque anni a tenere il capo I basso, ora stanno compiendo i primi tentativi per vedeI re sino a che punto sia possibile rialzarlo. Charles David ammette che la Voce non gli ha arrecato alcun danno materiale, la clientela è quella di sempre. Ma psicologicamente non ne può più, ha i nervi a pezzi, sua moglie non ha la forza di scendere in negozio. Pensava d'aver trovato ad Amiens la pace, e fino a un mese fa Si sentiva un cittadino come tutti gli altri. Sua madre è stata ad Auschwitz. Lui stesso a 13 anni si salvò per miracolo, ma era riuscito a dimenticare. Ora invece è ritornato daccapo: « Sa cosa mi avvilisce di più? Le lettere di condoglianze, la pietà, le donne che entrando in negozio mi dicono: "Monsieur David, pensi, io non sapevo neppure che lei fosse ebreo. Non fa niente, sa? Continuerò a servirmi da lei" ». Tace per un momento, come se pensasse al suo passato lontano, poi conclude: « Fandonie, d'accordo. Ad Amiens ormai ci credono in pochi; ma i fascisti il loro scopo l'hanno raggiunto, almeno parzialmente. Sono riusciti a insinuare un dubbio, a risollevare barriere che credevamo abbattute per sempre. Siamo pochi noi ebrei di Amiens, meno di cento famiglie, ma da un mese non riusciamo più ad essere sereni, a sentirci uguali agli altri. Non le pare un delitto?». Gaetano Tumiati

Persone citate: Adolfo Hitler, Charles David, Courier, Gaetano Tumiati, Giovanna D'arco, Irene Pironi, Noyon, Picard