Il sindacato dei maragià di Giorgio Fattori

Il sindacato dei maragià MEZZO MILIARDO D'INDIANI Il sindacato dei maragià (Dal nostro inviato speciale) New Delhi, marzo. Sua Altezza è in flanella grigia e ci accoglie con l'aria indaffarata c efficiente del manager. E' il principe di Dhrangadhra, portavoce ufficiale del più singolare sindacato del mondo, il sindacato dei maragià. Dà ordini secchi al dittafono e subito le segretarie scivolano veloci sulla moquette portando rapporti e opuscoli. L'atmosfera è severa, accuratamente spoglia di colore tradizionale. Un ufficio all'americana dove 279 maragià, nababbi, principi famosi e oscuri, riuniti in associazione di categoria, stanno conducendo la battaglia della loro « primavera calda », in difesa di appannaggi e privilegi che il governo di New Delhi vorrebbe abolire. 4 *, Ventiduc anni fa, al momento dell'indipendenza, i maragià cedettero i loro territori all'Unione Indiana in cambio di un indennizzo annuo da esaurirsi in tre generazioni. Minuscoli reami e Stati potenti come quello di Hyderabad (grande due volte la Svizzera) si fusero con l'India di Gandhi e di Nchru. Alcuni sovrani aderirono all'Unione per slancio patriottico, altri si decisero spinti dall'opinione pubblica e dalla paura di rimanere stritolati fra India e Pakistan. Fu comunque un gigantesco trasferimento di territori sotto la nuova bandiera dell'indipendenza nazionale: il 48 per cento della superficie dell'India attuale venne ceduto da maragià e nababbi, che restarono soltanto proprietari dei loro palazzi e con il futuro variamente garantito dagli appannaggi del governo. « l nostri diritti — dice il principe di Dhrangadhra — sono sanciti da precisi articoli della Costituzione. Come sovrani stranieri stipulammo coti l'India trattati internazionali, da Slato a Stato, e per farli rispettare ci appelleremo se occorre alla Corte dell'Aia. Per molti dì noi la difesa degli appannaggi è solamente una questione di principio perché gli indennizzi, col passar degli anni, sono spesso divenuti simbolici. Il ragià di Katodia ha una pensione di millecinquecento lire al mese; altri, per aver ceduto il loro ragno all'India, ricevono l'equivalente dello stipendio d'una segretaria ». Non tutti però se la passano così male. L'appannaggio del maragià di Mysore è di 200 milioni di lire annue, quelli del nizam di Hyderabad e dei maragià di Jaipur, di Baroda, di Patiala sono di poco inferiori. Complessivamente New Delhi sborsa per i maragià quattro miliardi di lire all'anno; più le pensioni speciali ad alcune famiglie ex sovrane. Sugli appannaggi non si pagano tasse e i trattati prevedono altri privilegi: importazione di prodotti esteri senza dogana e il saluto con 15 o 21 colpi di cannone per i maragià più importanti. Benché la questione sia di principio, i colpi di cannone non sembrano preoccupare molto il sindacato dei maragià e la battaglia è soprattutto economica: già danneggiati dalla svalutazione della rupia, gli ex signori dell'India ora temono di perdere il resto. Ci sono molti miliardari fra gli iscritti al sindacato? Il principe di Dhrangadhra ride con amarezza alla domanda. « Pochissimi — dice —. La leggenda dei maragià con i collari'.di smeraldi e i baldacchini d'oro è finita. Qualcuno amministra una notevole fortuna personale, ina quasi tutti lavorano. Gli appannaggi dello Stato spesso non bastano a mantenere una famiglia numerosa ». Resiste nel nobile ozio, vendendo ogni tanto un pezzo d'argenteria antica o un gioiello di famiglia, qualche nababbo in provincia, intristito dalla nostalgia del passato. Sono i Gattopardi dell'India, diinen ticati da tutti. Gli altri, come ha suggerito imperiosamente il ministro delle Finanze, si adeguano alle nuove realtà. « Ulia volta — ha delto il maragià di Baroda arrivando ;i New Delhi — avrei parcheg¬ giato' davanti all'albergo i mie dodici elefanti. Ora non ho nemmeno l'autista e sono venuto sin qui pilotando la mia macchina ». La grande adunala dei maragià a New Delhi per decidere l'azione sindacale ha riportato un brivido dei vecchi tempi. Ma c'erano pochi turbanti di seta e pochissimi smeraldi sulla fronte delle maharani. I principi erano in sandali e camiciola, senza scorta di dignitari. All'epoca del ricevimento annuale del viceré, l'etichetta voleva che i maragià arrivassero nella capitale dell'India inglese in Rolls-Royce con un seguito di elefanti. Qualche antiquata Rolls foderata di coccodrillo si è vista ancora, reliquia da collezionista. Le maniglie d'oro massiccio delle portiere sono però scomparse e per i gioiellieri della capitale l'arrivo dei maragià non è più l'avvenimento dell'anno. I pochi ricchissimi lhanno trasferito da tempo capitali in banche estere e prudentemente non fanpo sfoggio di benessere regale. « La letteratura popolare e i film di Hollywood — dice il principe di Dhrangadhra — hanno dato al mondo una falsa immagine della vita dei maragià. Non è vero nemmeno che treni'anni fa fossimo tutu piccoli despoti, ostili al progresso e scialacquatori di ricchezze. Si ricordi che la prima legge a favore degli intoccabili non la fece Gandhi, ma il maragià di Baroda nel suo Stato ». E i favolosi palazzi, le cacce alla tigre? « l palazzi sono stati trasformati in alberghi o ceduti al governo indiano. La tigre non la caccia più nessuno, è proibito ». * Infatti un ragià si guadagna la vita dirigendo un parco nazionale nella giungla, dove si aggirano in libertà le ultime tredici tigri bianche del mondo. Un altro, meno romantico, ha impiantato una fabbrica di formaggio tipo olandese. Alcuni gestiscono direttamente i loro palazzi-hotel, che hanno molto successo con le carovane di turisti americani. Una maharani ha adattato la sua reggia a istituto per bambini minorati. Qualche maragià c nell'alta finanza, altri hanno scelto la carriera politica: una ventina di deputati nei partiti di centro-destra e nove hanno seguito Indirà Gandhi dopo la scissione del Congresso. Divisi dall'ideologia, tutti hanno aderito al sindacato che infatti si chiama Concordia. e o ea aiihi reana ié, ae yi. ea icò i ao i In linea di diritto gli ex sovrani hanno certamente ragione; abolire gli appannaggi sarebbe un gesto rivoluzionarie in contrasto con le leggi e gl impegni dello Stato. Tuttavii pochi, nei partiti e sui giornali, sono propensi a sostenere la causa dei quattro miliardi di lire annui per i maragià. Il loro egoismo di piccoli re, quando i seguaci di Gandhi si battevano per l'indipendenza, non è stato dimenticato. E avrebbero davvero potuto, con le pressioni degli inglesi in partenza e le popolazioni in subbuglio, rifiutarsi di entrare nell'Unione Indiana? Nel bilancio nazionale la spesa delle pensioni regali non è altissima e tende a diminuire per l'estinzione di qualche famiglia. Fra dieci anni, si calcola, i miliardi saranno solo tre; ma l'India ha fretta di lanciare riforme sociali e i privilegi di principi e nababbi suonano male in un paese scosso da crescenti inquietudini di rivolta. * * I maragià sperano nella Corte Costituzionale, già in conflitto con Indirà Gandhi per la nazionalizzazione delle banche, e soprattutto confidano nelle debolezze del governo di minoranza. La nuova situazione politica ha cambiato il rapporto di forze fra il potere centrale di New Delhi e i governi degli Stati. Per assicurarsi i voti in Parlamento, Indirà Gandhi è costretta a venire a patti nella periferia con i partiti che controllano molte regioni dell'India. I maragià s'inseriscono nel gioco, minacciando di sfruttare la loro residua popolarità locale per sottrarre voti e appoggi al governo di New Delhi. Sono manovre di esito insceno e oggi nessuno sembra -disposto a |scommettere che i 279unafagià salveranno la pensione. « E' tempo — ha scritto un giornale filogovernativo — che questi pigri signorotti tirino fuori i loro risparmi e lascino in pace lo Stato ». Alcuni già lo fanno da tempo per arrotondare il bilancio; altri, i più grossi, si decideranno se il sindacato perderà la battaglia degli appannaggi. A giudizio di un esperto di gioielli, quel giorno rubini e smeraldi caleranno di prezzo sul mercato mondiale: perché nessuno, afferma, immagina quali fortune ci siano ancora dietro al lamento di miseria dei poveri maragià. Giorgio Fattori o e e — i o u a a o , i ù * l , n o r e a à l a

Persone citate: Gandhi, Indirà Gandhi, Rolls, Ulia