Le stelle fredde di Guido Piovene

Le stelle fredde Le stelle fredde (L'ultimo romanzo di Pio vene) Un uomo di quarantanni abbandona il mondo. Tronca il rapporto di lavoro, fugge dalla città, lascia la donna amata, dolce e positiva, ma che non sa più accettare il « silenzio » del compagno e che rappresenta, anche lei, il « grande mondo umano che non c'è più », un universo dove i « personaggi parlanti » della dimensione classica, omerica, shakespeariana sono diventati larve inutili e grottesohe, insomma noi. L'uomo si ritira in una sua vecchia casa di campagna, a ripararsi, a cercare (ma senza alcuna velleità, anzi obbedendo soltanto ai moti e agli impulsi dettatigli dal momento) le misteriose ragioni che hanno stiacciato l'equilibrio solo apparente del suo « io ». Si avvierà a un'esistenza che sa di morte, ma dove la morte, conosciuta pesata indagata, non è un fine bensì l'ultimo piedistallo possibile da cui è lecito catalogare, oggettivandoli, emblemi, ricordi, apparenze della nostra vita quotidiana, vista come un Aldilà ignoto e fantastico, privo di motivazioni plausibili. Le stelle fredde di Guido Piovene: un « romanzo filosofico > che non allinea una serie di pensieri, non si limita a una suite di invenzioni concettuali magari affascinanti, ma congelate come gli arabeschi di un fondale. Un romanzo vero, invece: che crepita, che fruga, che rode; e lascia intravedere attraverso le numerose e volute incrinature dell'* azione » come può essere, decadere e insieme sublimarsi un uomo d'oggi, quando le leggi naturali che lo governano cominciano a scricchiolare e lui, sempre più esile « io narrante », deve inventarsi una ribalta fantastica per reggere ancora, per accettare sé e l'esigua area vitale che lo circonda. « 7 personaggi di questo romanzo — scriveva Piovene tanti anni fa, presentando Lettere di una novizia — sebbene diversi tra loro, hanno un punto in comune: tutti ripugnano dal conoscersi a fondo... La malafede è un'arte di non conoscersi, o meglio di regolare la conoscenza di noi stessi sul metro della convenien- II protagonista de Le stelle fredde ha portato a fine il suo viaggio, ha consumato le vecchie e prestabilite « qualità » della malafede teorizzata, è costretto a capovolgersi e ora guarda a sé e all'intorno come un Ulisse al negativo, consapevole della propria eccezionale piccolezza, indifferente al seguito che le « cose », tuttavia, hanno. Dopo la malafede, dopo l'ambiguità, non gli resta che questo strenuo motivo di fuga, di rifiuto, di autoalienazione. Nel romanzo appaiono una bimba che giudica viva solo sé stessa, un poliziotto gentile e pensoso e il padre del protagonista, impacciato e goffo nel suo realismo spicciolo. Scuote l'aria un colpo di fucile, che dà il via a una serie di indagini molto ordinarie e prive di drammi superflui. E vi è un ciliegio fiorito, immagine altissima della vita come istante irraggiungibile. Da questo ciliegio uscirà un testimone di quello che per noi e il mondo dei morti. ' Si tratta di Fedor Dostoevskij, il grande romanziere, che .per poco tempo vivrà di nuovo, racconterà delle sue esperienze tra le ombre, del loro misterioso e caotico peregrinare attraverso territori sconosciuti, al termine dei quali non si sa se una morte definitiva riuscirà a dissolverle o se esiste davvero il premio di un'altra vita. Ma neppure Dostoevskij potrà scuotere il protagonista del romanzo, che si muove solo quando le circostanze lo obbligano ad assumere un atteggiamento, quasi sempre uno scarto, una sottrazione, una non partecipazione. Piovene si è posto di fronte alla pagina come di fronte a se stesso. Con un'audacia che bisogna definire classica, ha « costruito » una storia, ma costringendosi a riversare in essa il succo .dei sogni privati, le angolazioni e gli intoppi e le scariche dei propri giudizi nervosi, delle proprie irritazioni esistenziali. La storia diventa favola, si apre e si chiude hi se stessa obbedendo solo ai acc suoi meccanismi naturali, come succede a un fiore, a un riflesso di luce, a un movimento animale. Il lungo racconto-deliquio di Dostoevskij è un elemento portante che si innesta entro la favola buia, aggiunge oscillazioni e inquietudini, apre una cavità nella vicenda ma per inserirvi un cuore, un'altra oscura linfa. Le stelle fredde è romanzo che padroneggia le proprie allucinazioni nell'attimo stesso in cui le scatena. Il suo moto circolare riesce a dare illusione di immobilità proprio per il ritmo vertiginoso impresso dentro la frase, la parola. La visione è grandiosa, talvolta, come nella cornice di un sogno perfetto e immenso, e poi si frantuma perché la legge del sogno impone questo disgregarsi. Oppure è accanita, si accentra su particolari microscopici, un'erba, un ramo, una scheggia ghiaiosa, il segmento di un volto, un'ombra sul muro, e li incide graffiandoli come in un'acquaforte. La morte domina, invade. I suoi territori e i suoi germi proliferano continuamente. Non appare nemica o assurda o punitiva. Ma è dovunque in agguato, lascia intravedere quasi i suoi respiri, si sostanzia con immagini, parole, gesti. E' più autentica di tante apparenze quotidiane, assurde o vili, e forse" assurde proprio perché vili. Lo sguardo che piove dalle lontanissime e fredde stelle è anch'esso un messaggio di morte, di una «finitezza » che impercettibilmente, da milioni di anni, si fa più vicina, ci travolgerà con un moto" di naturale indifferenza. Rimane la ricchezza di un accordo che è ancora possibile stabilire in solitudine, tra un aspetto della natura e il nostro logoratissimo « io ». Con lo strido d'un uccello, con un ricordo dell'infanzia, o all'improvviso perduti sotto la cupola intoccabile d'un ciliegio fiorito, appunto. Dove puoi scoprire che l'ordine segreto della morte è anch'esso un fiato che ti appartiene, è in te, è te stesso. Alla vocazione umana per jl romanzo, un genere talora aggredito con veri e proprii atti d'arbitrio, Piovene ha risposto attraverso un'opera che ha il timbro e la suggestione dell'eccezionalità. Le stelle fredde sono pagine che abbisognano di un lettore partecipe: ma questi potrà seguirle con vero turbamento ed ardore. Mi sembra doveroso, oggi, rivolgere a Piovene una parola rara: grazie. Giovanni Arpìno Guido Piovene

Persone citate: Dostoevskij, Fedor Dostoevskij, Guido Piovene, Piovene