Mec: le industrie cercano una "dimensione europea,, di Sandro Doglio

Mec: le industrie cercano una "dimensione europea,, Per liberarsi dallo "schiavismo americano,, Mec: le industrie cercano una "dimensione europea,, La Comunità annuncia un piano per favorire la creazione di imprese « transnazionali» - I diversi aspetti del problema: giuridici, fiscali, tecnici e politici (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 24 marzo. Le industrie del Mec hanno spesso dimensioni troppo ridotte per poter soddisfare il mercato europeo, e per poter reggere validamente alla concorrenza dei giganti stranieri, soprattutto americani: è uno dei malanni del Mercato comune, molti anzi sostengono che è il vero punto debole dell'Europa, una delle cause principali del Gap tecnologico nei confronti degli Stati Uniti. Grida d'allarme sono state lanciate più volte, e con sempre maggiore insistenza. « Soltanto industrie efficaci, con dimensioni su scala continentale, possono salvarsi dallo schiavismo industriale americano ». è stato addirittura detto. Alcuni passi avanti sono stati fatti rispetto alla situazione di dieci anni fa. Certe industrie — è il caso per esempio della Fiat con l'accordo di collaborazione stretto con Citroen per la ricerca e gli acquisti — si sono ampliate per raggiungere una « dimensione europea », tale da assicurare loro la possibilità tecnologica e commerciale di « tenere il mercato ». Ma, a parte le eccezioni, e a parte una certa concentrazione fra industrie all'interno di uno stesso Paese — come nota la Commissione del Mec in un recentissimo rapporto — «i soli legami internazionali che si sviluppano a un ritmo relativamente rapido sono quelli che uniscono le imprese della Comunità e quelle dei Paesi terzi, in generale le americane. Questi legami consistono il più delle volte nell'acquisto o nella presa di controllo da parte di una impresa dei paesi stranieri ». Questi due fenomeni — concentrazione nazionale e assorbimento da parte delle aziende straniere — sostengono le autorità di Bruxelles — « potrebbero, se non si corre ai ripari, ridurre o addirittura annullare le possibilità di una politica europea comune di sviluppo », soprattutto nel settore della tecnologia di punta. Quando è stato creato il Mercato comune, dodici anni fa, i trattati vietavano di fatto le concentrazioni e le fusioni. Agfa e Gevaert, per unirsi di fronte alla concorrenza sempre più massiccia di Kodak, hanno dovuto compiere autentiche acrobazie da circo per eludere i divieti e superare gli ostacoli legislativi. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti europei, e oggi è lo stesso Mec ad auspicare la creazione di ti imprese eùrppee trans-nazionali », e a suggerire ai ministri dei sei Paesi decisioni e strumenti per rendere possibile la creazione di industrie che « non soltanto svolgano la loro attività in parecchi Paesi, ma i cui capitali e dirigenti appartengano a diversi Paesi, e i cui centri di decisione si trovino in Europa ». Per favorire la creazione di queste imprese « trans-nazionali », la Commissione del Mec annuncia di aver oggi un piano: è indispensabile eliminare in tutti i settori gli ostacoli che rendono difficile la concentrazione, è necessario utilizzare meglio i poteri pubblici, e soprattutto i crediti pubblici per lo sviluppo industriale nei settori della tecnologia di punta. Il Mec non pensa, « per il momento », di creare un organismo europeo di diritto pubblico, tipo l'Industriai reorganisation corporation inglese, o YInstitut de developpemeni industriel francese, o l'Ir! italiana: ma il problema è posto, l'idea è suggerita. Invita invece la banca europea degli investimenti a « offrire facilità finanziarie » a quelle industrie di Paesi diversi della Comunità che volessero unirsi creando un raggruppamento. Le imprese potranno anche non essere grandissime: la Comunità auspica che raggruppamenti europei si creino infatti anche fra imprese di media dimensione, « più dinamiche in generale che le grandi industrie, più adattabili, più pronte a cogliere le opportunità nuove o a sfruttare le innovazioni ». I progressi realizzati fino a oggi per permettere alle imprese di avere dimensioni sufficienti e adeguate al mercato europeo, « sono ancora lungi dal soddisfare le esigenze della situazione », sostiene il Mec nel « Piano Colonna ». E propone quattro obiettivi, che dovrebbero appunto costituire la spina dorsale della politica industriale comunitaria: 1) Organizzazione o adozione di disposizioni giuridiche nazionali o comunitarie, relative al diritto delle società, tali da permettere alle imprese europee di cooperare, aver contratti in comune, impiantarsi o fondersi, nel rispetto delle regole della concorrenza. 2) Adattamento delle disposizioni fiscali esistenti per assicurare neutralità fiscale nei rapporti tra società e'in¬ dustrie impiantate in vari Paesi del Mec. 3) Indurre gli imprenditori e gli operatori economici ad avere coscienza delle dimensioni e delle nuove possibilità che sono loro aperte dall'esistenza della Comunità. 4) Creare all'interno del Mercato Comune un clima politico favorevole allo sviluppo di legami di qualsiasi natura fra società di Paesi diversi. All'obiettivo tecnico si sovrappone — ed è inevitabile — un obiettivo politico: se si vuole fare l'Europa, e se si vuole creare una società che possa adattarsi e meglio sfruttare la nuova realtà, nazionalismi e campanilismi devono scomparire. Sarà que sto, probabilmente, l'ostacolo più difficile da superare. . Sandro Doglio

Persone citate: Gevaert

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Stati Uniti