Dove si nasconde la memoria?

Dove si nasconde la memoria? Moderni orientamenti nelle ricerche sui segreti della vita Dove si nasconde la memoria? Tre ipotesi affacciate ad un recente simposio nell'università del Michigan: il «magazzino dei ricordi» è nell'acido ribonucleico delle cellule cerebrali, nelle connessioni nervose, nelle membrane intercellulari - Una sola conclusione: il cervello umano è complicato, ma non estraneo al mondo «normale» L'enorme ravvivarsi dell'interesse generale per i problemi biologici, proprio del nostro tempo, è indubbiamente legato alle tecniche sempre più fini che la chimica e la fisica mettono a disposizione, permettendo così di individuare una precisa base molecolare a tanti problemi che fino a pochi anni or sono si tendeva ad accantonare o a risolvere in termini molto vaghi. Uno dopo l'altro, ed elencando a caso, fecondazione, differenziamento embrionale, trasmissione ed estrinsecazione dei caratteri ereditari, contrattilità, trasmissione di impulsi ecc. hanno trovato una esatta spiegazione chimico-fisica tanto che la sostanza vivente appare sempre di più come una macchina estremamente complessa, ma pur sempre una macchina. Cosi più di un laboratorio va cercando la sostanza nella quale sia possibile dimostrare concentrata la memoria e serva quindi come base per il pensiero. le celiale nervose Si sapeva da tempo che le cellule nervose contraggono fra loro stretti» rapporti mediante i numerosi prolunga^ menti arborescenti dei quali ognuna di esse è dotata, e che nei punti di contatto fra i prolungamenti dell'una e dell'altra cellula può instaurarsi un sistema di trasmissione di impulso mediante la liberazione di una sostanza (acetilcolina) che sprigionata sul comando trasmesso da una cellula, va a stimolare in un punto fìsso ed in modo fisso la cellula accanto. Così un impulso nervoso cammina elettricamente lungo una medesima cellula e passa poi nella cellula vicina realizzando un'associazione ben determinata e precisa che si chiama sinapsi. Una serie di cellule in sinapsi forma una via nervosa la quale trasmette un certo stimolo anche per un lungo tratto: ad esempio da un organo di senso a un muscolo, il quale con il proprio movimento denuncia la reazione dell'intero, organismo allo stimolo. Il nùmero di associazioni è altissimo: tanto più alto per quanto più complesso il sistema nervoso della specie in esame. E' evidente che una rete di questo tipo racchiude e fissa tutte le possibilità di reazione del soggetto, a stimoli di qualunque natura. E' però possibile l'insorgere di sinapsi nuove. Il problema è sapere se l'intera memoria (e cioè il complesso delle possibilità di reazione di un organismo animale in un determinato momento della sua vita) risiede solo nelle connessioni fra l'una e l'altra cellula, oppure se, oltre a questo meccanismo, si deve postulare in ogni cellula nervosa la possibilità di conservare nel proprio corpo traccia dello stimolo ricevuto: se cioè la memoria sta tutta nelle connessioni fra i singoli elementi del sistema, oppure esistono sedi di immagazzinamento entro gli elementi stessi. All'uomo in genere piace molto di più la seconda soluzione. E' per questo che nel 1962 l'umanità accolse con vivo piacere la notizia che McConnell, nel laboratorio di Ricerche per Malattie Mentali dell'Università di Michigan^ aveva aumentato di molto le possibilità di apprendimento delle Planarie (piccoli vermi piatti che vivono nelle sorgenti e che possono venire addestrati ad orientarsi in un semplice labirinto a T) nutrendo esemplari ignoranti con i cadaveri di addestratissimi individui della medesima specie. L'elemento chimico responsabile del fatto fu subito sospettato essere l'acido ribonucleico delle cellule nervose che così passava dagli uni agli altri esemplari, acido che infatti produceva il medesimo benefico effetto se estratto chimicamente dalle Planarie sapienti ed iniettato nelle ineducate. Questo acido è un classico componente di tutte le cellule di tutti gli esseri viventi, il famoso Arn che nel nucleo di ciascuna cellula si stampa sul modello dell'acido desossiribonucleico ereditato dalla cellula madre (che può essere anche l'uovo fecondato) via cromosomi, e si riversa nel citoplasma qui allineando gli aminoacidi liberi secondo l'ordine ereditato, e cioè dirigendo il complesso delle sintesi proteiche in quel certo modo che è tipico di ogni specie, e solo di quella. Questo estrinsecatore dei caratteri ereditari è perciò tanto più abbondante nelle cellule per quanto più intense sono le attività di elaborazione di proteine. Era dunque ben nolo che i corpi cellulari delle cellule nervose contengono enormi quantità di Arn, quando nel laboratorio di neurobiologia dell'Università di Goterborg, Hydén e i suoi collaboratori dimostrarono, a partire dal 1959, che questo acido è nelle cellule nervose tanto più abbon¬ dante per quanto maggiore è la quantità di insegnamenti che l'individuo ha ricevuto. Soggetto di esperimento furono anche i conigli, animali cioè dal sistema nervoso alquanto complesso. Ben si comprende, allora, il caso delle Planarie cannibali o iniettate, le quali si valevano del più abbondante Arn stivato nelle cellule nervose delle sorelle addestrate. Evidentemente un così rozzo trasporto di Arn per via alimentare è solo possibile in animali con una particolare configurazione e fisiologia del canale digerente e non è riproducibile a più alti livelli zoologici. La funzione esplicata dall'Arn nell'apprendimento fu subito sottoposta a verifica tentando di addestrare animali nei quali la sintesi dell'Arn cerebrale veniva inibita mediante la somministrazione alle cellule nervose di particolari antibiotici quali l'actlnomicina, la puromicina ecc. I risultati furono un poco contraddittori: in molti casi si constatò ritardo o impedimento di apprendimento e memorizzazione, ma era difficile escludere una tossicità generica da antibiotico; in altri casi non si riscontrò effetto alcuno. In particolare gli studiosi del Dipartimento di Psicologia della York University a Toronto, nel 1966 riuscirono ad addestrare ratti nei quali l'Arn cerebrale era diminuito dal 10 al 25 per cento. Anche i casi di trasferimento di Arn, in questi ultimissimi anni, hanno avuto talora effetti eccellenti sull'apprendimento, talora nulli, ma occorre pensare che le tecniche utilizzate sono estremamente difficili. Tre ipotesi dell'Ara Allo stato attuale della situazione tre ipotesi tengono attualmente il campo e sono emerse nel corso di un Simposio recentemente tenutosi nell'Università di Michigan. La prima è che l'Arn delle cellule, nervose non serva solo per dirigere la sintesi proteica. Questa ipotesi è la più suggestiva, perché in questo caso potremmo pensare d'avere individuato nell'Arn quella sorta di magazzino per le informazioni che tanti autori hanno da tempo postulato. Trattandosi di una sostanza che contiene un codice ereditario, aa qui scaturirebbero infinite vie di ricerca ed anche di applicazione pratica. La seconda è che l'Arn non entri direttamente in giuoco nell'immagazzinamento delle cognizioni-, ma che tuttavia diriga la sintesi proteica nelle cellule nervose in un modo specifico a seconda del tipo di comportamento che deve stimolare: vi siano cioè degli Arn tipici per ciascuno stimolo, i quali presiedono alla sintesi di un certo tipo di trasmettitore il quale va a turbare una certa sinapsi. In una memoria a lungo termine si deve postulare una trasmissione continua e l'Arn è perciò estremamente abbondante. In questo secondo caso evidentemente il grosso della memorizzazione risiede nelle connessioni nervose; tuttavia il ruolo dell'Ani come traccia dell'informazione ricevuta è determinante e assolutamente specifico. La terza ipotesi è che non vi sia un tipo di Arn per ciascun comportamento, ma che questo acido anche nei neuroni semplicemente diriga la sintesi proteica che sta alla base dell'azionamento di una sinapsi, al livello della quale poi si avrebbe la reale persistenza dello stimolo, e cioè la memorizzazione di esso. In questo caso l'evento avverrebbe perciò nell'esiguo territorio interposto fra le due cellule nervose contigue, sarebbe cioè intercellulare, ed occorrerebbe chiamare in causa le componenti esterne delle membrane di ciascuna cellula nervosa quali responsabili del tipo di rapporto che ciascuna cellula contrae con la vicina, condizionando il passaggio dello stimolo. Che le componenti elementari delle membrane cellulari dispongano di meccanismi selettivi di questo tipo è cosa nota, poiché gli esperimenti di riaggregazione dimostrano che le cellule del medesimo tessuto si riconoscono selettivamente. Non è quindi da escludersi che sia questa terza ipotesi-la definitiva. Nei tre casi dovremo comunque sempre di più abbandonare l'idea che il nostro cervello rappresenti in questo mondo qualcosa di assolutamente singolare ed irriproducibile o magari in una sfera a sé, ma dovremo considerano soltanto come una faccenda enormemente complicata. Baccio Baccetti Direttore dell'Istituto di Zoologia dell'Università di Siena

Persone citate: Baccio Baccetti

Luoghi citati: Michigan, Siena