Bormioli di nuovo dal giudice Si avvicina l'ora degli arresti di Remo Lugli

Bormioli di nuovo dal giudice Si avvicina l'ora degli arresti Nella fase cruciale Pinchiesta sul "delitto mancato,, di Parma Bormioli di nuovo dal giudice Si avvicina l'ora degli arresti L'industriale è stato messo a confronto con Gian Paolo Scaglia e Nereo Camisa - Punto cruciale dell'interrogatorio i dieci milioni usciti dalla banca con assegni staccati dal libretto di Buby ma con firme false Il denaro, secondo le accuse del Fappanni, doveva servire per pagare i sicari incaricati di uccidere la marchesa (Dal nostro inviato speciale) Parma, 21 marzo. L'istruttoria del giallo stringe i tempi. Oggi sono stati interrogati e messi a confronto Gian Paolo Scaglia, Nereo Camisa e Pier Luigi Bormioli. C'è stata una certa suspense nel Palazzo di giustizia per noi che eravamo in attesa degli sviluppi. Poco dopo l'inizio degli interrogatori, mentre davanti al -giudice dott. Furlotti c'erano lo Scaglia e il Camisa (Buby non era ancora arrivato) sono giunti alla spicciolata cinque carabinieri del nucleo investigativo e poi anche il loro co- mandante, il capitano Macciocco. Si sono fermati nel corridoio a due passi dalla porta; dall'ufficio giungeva, a tratti, la voce eccitata del giudice. La loro presenza era molto significativa, tanto più che in mattinata circolavano voci sulla probabilità che gli interrogatori del pomeriggio si potessero concludere con qualche arresto. L'arrivo dei carabinieri stava ad indicare che le voci potevano avere una certa consistenza. Non v'è dubbio che il punto cruciale dell'interrogatorio fosse quello dei dieci milioni usciti dalla banca con assegni staccati da un libretto di Bormioli, ma con firme false. Milioni che, secondo le accuse formulate da Stefano Perlini e da Gian Luigi Fappanni, dovevano servire per pagare i sicari incaricati di uccidere la marchesa Maria Stefania Balduino Serra. E l'accusa precisava anche chi era la mandante dei killers: Tamara Baroni. Gian Paolo Scaglia di quel mazzetto di denaro avrebbe avuto la metà, due milioni sarebbero stati dati a «Philip, il marsigliese » (prima ritenuto Giorgio Chiesa, ora un certo Renza); la rimanente quota sarebbe andata in parte a Camisa che l'avrebbe poi restituita e in parte sarebbe rimasta nelle mani di Tamara. Lo Scaglia, molto noto in città per la sua eleganza e per il suo passato di sportivo, è stato campione di nuoto e di pallanuoto nella Rari Nantes di Parma e poi rugbysta nel Cus cittadino. E' proprietario di una « Porsche » il cui acquisto pare che coincida con la riscossione degli assegni a firma falsa. Di fronte a questa accusa, lui si è sempre difeso dicendo che l'ha comperata usata, in Germania, a prezzo molto conveniente e che i milioni di Bormioli non c'entrano. Secondo una voce che si è diffusa oggi esisterebbe una prqva della colpevolezza sia dello Scaglia sia di Tamara: un- nastro inciso con la conversazione che essi avevano avuto per accordarsi sulla « missione mar-, chesa », che doveva essere portata a compimento.. Mi hanno diffamato , A carico di Paolo Scaglia e' Nereo Camisa. dettq Enny, c'è un avviso di reato per falso in assegni. Enny ha 27 anni, anche lui parmigiano, scapolo, vive con la madre e una zia, lavora presso una società di pubblicità. Da quando è scoppiato il « giallo » e si è incominciato a fare il suo nome, ha chiesto di essere messo in ferie. Poi, quando il periodo di vacanze a disposizione è finito, si è fatto trasferire in un'altra città. Prima di entrare dal giudice scambio qualche parola con lui. Camisa è alto, corpulento, biondo, indossa una giacca a scacchi. Nervosissimo, fuma una sigaretta dopo l'altra, dando boccate rapidissime. Ce l'ha a morte con i giornali: « Mi hanno diffamato », dice. Gh faccio notare che il suo nome non e stato inventato da noi, lo hanno fatto il Perlini, il Fappanni, il Bormioli. « E , chi li conosce? » dice. « Bormioli ha raccontato al sostitttlo procuratore dottor Tarquini che lei gli disse che i milioni deqli assegni falsi dovevano servire per papere i killers », gli dico. Il Camisa con le mani si copre la faccia, se la sfrega ripetutamente, quando la scopre è diventata paonazza, perché già prima era sanguigna. «Cose assurde — risponde — mi fanno ridere ». Gli chiedo: « Lei è amico di Tamara?». « Non più. un tempo ». Gli propongo: « Mi dica quello che vorrebbe veder scritto sui giornali sul suo conto, mi dichiari che è innocente, che con tutta questa storia lei non c'entra: scriverò tutto quello che vorrà ». « No. non dico niente: né che sono colpevole né che sono innocente ». Il primo ad entrare dal giudice è Paolo Scaglia, alle 16 precise. Dopo pochi minuti arriva Nereo Camisa, suona il campanello, la porta si apre ma il dott. Furlotti gli dice di attendere fuori, e Camisa si va a sedere su una panca in fondo al corridoio, dove posso avvicinarlo per il breve colloquio riportato. Alle 16,20 Camisa viene fatI to entrare dal giudice. In j ufficio c'è ancora Scaglia: si tratta dunque di un confronto. Il giudice duve avergli | detto: « State attenti alle conseguenze, fino a questo tnomento avete aperto, a vostro carico, soltanto un procedimento per falso in assegni ». Scaglia pare abbia subito negato: « Questo falso non esiste ». Parecchia tensione « Se esiste o non esiste lo vedremo — deve aver proseguito il giudice —; non avete nulla da temere dicendomi la verità. Io non voglio influenzarvi, vi offro tutte le possibilità, ma voglio conoscere la verità. Tenete presente che le accuse di Bormioli sono molto circostanziate ». Camisa pare abbia anche lui negato: « Non so come si sia arrivati a fare il mio nome. Non conosco gli altri e noti so niente di assegni. Non sono mai stato l'amico di Tamara ». Alle 17 Scaglia viene fatto uscire, non nel corridoio dove sostiamo noi giornalisti e dove sono in attesa i carabinieri, ma nell'attiguo ufficio del cancelliere. Con il giudice resta soltanto il Camisa. Si odono frammenti di parole animate. Alle 17,50 arriva, inaspettato, Bormioli. Ieri aveva già subito un interrogatorio di tre ore e un quarto. Ora, evidentemente, è stato convocato per telefono dal giudice. Indossa una giacca di velluto salmone, pantaloni color fumo di Londra. Ha il volto teso, non guarda in faccia a nessuno, non batte ciglio ai lampi dei fotografi. Suona il campanello ed entra dal giudice. Il dott. Furlotti incomincia a fargli delle domande che riguardano gli assegni. Bormioli risponde con sicurezza rivolgendosi anche a Camisa. Cinque minuti dopo esce il cancelliere con un ordine del giudice: il corridoio dev'essere lasciato libero; noi giornalisti dobbiamo uscire. Restano soltanto i carabinieri. Il confronto tra l'industriale e il Camisa prosegue fino alle 20,20, ora in cui il giovane lascia il Palazzo di Giustizia. Bormioli va a passeggiare nel corridoio, mentre Scaglia torna dal giudice. La lunga seduta si conclude anche per loro alle 21. Oggi si è diffusa un'altra voce oltre a quella dell'esistenza' di un nastro contenen- te la compromettente conversazione fra Tamara e lo Scaglia del quale abbiamo già accennato sopra. Pare che la marchesa Maria Stefania Balduino Sena nel corso del suo lungo colloquio col giudice, il 10 marzo scorso abbia fatto una descrizione molto particolareggiata dei due occupanti della Bmw. Questa, come si ricorderà, è la macchina che al momento dell'incidente del camioncino di Ignazio Cocco sulla strada Bassa dei Folli avrebbe cercato di stringere la 600 della marchesa per favorire lo scontro con | l'automezzo del Cocco. Finora s'era parlato di due persone, ora si precisa che si trattava di un uomo e di una donna: e la donna, sulla base I delle indicazioni fornite da | Maria Stefania, potrebbe essere identificata per la Baroni, mentre l'uomo sembrerebbe assomigliare al fotografo Erik Banti, l'amico di Tamara, proprietario di una Bmw targata Roma-E..., la vettura che, secondo il Banti e Tamara, il 23 gennaio era in possesso dell'attrice e si trovava a Milano, nel box della sua abitazione. La nuova voce accusatoria contro l'ex miss, fa rimbalzare da Milano una smentita: il suo legale, l'avvocato Giovanni Bovio, afferma che il 23 gennaio la Baroni era a Milano e ci so- no tre testimoni pronti a confermarlo. Una responsabilità ria parie riruli occupanti della Bmw .significherebbe un accordo col conducente del camioncino Ignazio Cocco e una sua precisa intenzione di provocare l'incidente, cosi come si legge nel suo capo d'imputazione: tentato omicidio plurimo (a bordo della 600 c'erano la marchesa, e tre dei suoi quattro figli). I legali del Cocco, avvocati La Villa e Cillario di ' Milano, sostengono: « Siamo profondamente convìnti dell'innocenza di. Cocco ». Proprio questa mattina hanno ottenuto un colloquio di un'ora e mezzo col loro difeso. Più tardi anche la moglie del camionista sardo, Luciana Figa, di 21 anni, ha. potuto incontrarsi col marito nel carcere di San Francesco. L'aria si fa pesante, a Parma, per i protagonisti del giallo. Da Roma Tamara continua a far telefonale agli amici per sentire come vanno le cose. Non nasconde la sua paura, sente che anche per lei si avvicina il Brande momento del « colloquio » con il giudice. E la prospettiva, di un colloquio, con i carabinieri fuori dalla porta, pronti ad intervenire, non è davvero rasserenante. Remo Lugli

Luoghi citati: Germania, Londra, Milano, Parma, Roma