Il "magistrato sgradevole,, solleva il velo sulla giustizia di Luciano Curino

Il "magistrato sgradevole,, solleva il velo sulla giustizia Ancora una denuncia del sistema giudiziario Il "magistrato sgradevole,, solleva il velo sulla giustizia II dott. Alessandro Caprioglio, primo presidente onorario di Cassazione, è stato per molti anni alla Corte d'Appello di Torino - In un libro narra episodi sconcertanti della sua lunga carriera - La visita al Ministero per il Vajont -1 processi Roisecco e Cippico «ì Seco che è già prevista e /orse già in preparazione la amnistia per il Centenario dell'Unità d'Italia. Un'amnistia che porterà la storica data del 20 settembre. La breccia di Porta Pia verrà quest'anno solennemente ricordata con una più ampia breccia nelle nostre carceri medioevali, attraverso la quale sfileranno di corsa, come i bersaglieri (ma senza le fatidiche, gloriose piume, che ancora oggi hanno il potere di suscitare l'applauso del popolo) i deteyiuti messi in libertà, i quali potranno sinceramente gridare "Viva l'Italia!" nel rivedere, non più a scacchi, il sole del nostro bel Paese. Un Paese nel quale, ormai, non ci si deve meravigliare più di nulla. Non saranno pochi quelli che, il prossimo autunno, diranno: "I problemi della Giustizia? Ma non vi è stata in questi giorni la nuova, storica amnistia? Si sfollano carceri infami e si dà meritato sollievo ai magistrati oberati di lavoro. Che cosa si vuole di più e di meglio? " ». Giudizi caustici Stiamo sfogliando le bozze de II magistrato sgradevole, il libro del dott. Alessandro Caprioglio che uscirà a giorni. Il dott. Caprioglio ha dedicato la vita alla Giustizia, ha percorso tutti i gradi della magistratura ed è andato in pensione con il massimo dei gradi, quello di primo presidente onorario di Corte di Cas. sazione. Per quasi mezzo secolo ha lavorato con amore e disinteresse, ritiene di essere « sgradevole » avendo quasi sempre « dato fastidio ai superiori proclamando la verità, denunciando la crisi progressiva dell'ordine giudiziario e quindi dell'amministrazione della Giustizia ». Parecchie pagine del suo libro di memorie e di osservazioni graffiano e levano la pelle. Questa sua considerazione, per esempio, può dare fastidio a parecchi: « In Italia governi e Parlamento si dimostrano improvvisamente sensibili e solleciti ai problemi della Giustizia (a certi problemi della Giustizia) solo quando si tratti di approntare, il più delle volte per motivi elettorali, provvedimenti di amnistia e condono oppure quando si tratti (vedi l'ormai dimenticato scandalo dell'Ingic) di modificare in fretta norme del rito per evitare o attenuare la detenzione preventiva ad autorevoli elementi del cosiddetto mondo politico ». Quando avvenne il disastro del Vajont — 9 ottobre 1963 — il dott. Caprioglio era procuratore generale presso la Corte d'appello di Venezia, e subito partì per Longarone. Ora ricorda quei giorni: l'immenso dolore, i soccorsi, le salme tirate fuori dal fango. Ricorda anche di avere sequestrato un gran numero di documenti della Enel-Sade e del ministero dei Lavori Pubblici. Per esaminarli occorreva un aiuto che non si poteva pretendere dal « ridottissimo personale della Procura di Belluno, impegnato nel lavoro ordinario d'ufficio ». Perciò, ricorda Caprioglio, « ritenni opportuno, per evitare le ben note lungaggini burocratiche, recarmi personalmente al ministero perché si provvedesse con la necessaria urgenza. Dopo avere esposto lo scopo della mia visita, ebbi l'impressione di avere sbagliato ministero e di avere chiesto la Luna. Nessuna, assolutamente nessuna possibilità di venire incontro alle asserite necessità. Qualcuno ebbe il cattivo gusto di voler fare dello spirito dicendomi: "Possiamo disporre di consiglieri di Cassazione, ma niente da fare per segretari e dattilografi ». Queste sono le cose che feriscono l'uomo, che lavora con passione e crede in quello che fa, si illude che tutti siano come lui. Qualche anno dopo egli segue le cronache del processo per il Vajont e commenta, amaro o sarcastico: « Nel corso della mia lunga vita di magistrato ho presieduto dibattimenti penali per ventanni. Ebbene, sia pure in ritardo, devo fare atto di contrizione. Non ho mai saputo che l'imputato sia tenuto a collaborare con la giustizia alla ricerca della verità. Me- lo ha insegnato poco tempo fa il presidente del Tribunale dell'Aquila nel corso del processo del Vajont ». Annosi processi Da quattro anni il magistrato Caprioglio è in pensione e potrebbe coltivare rose, stare tranquillo, invece è ancora battagliero e attento a tutto quello che riguarda la sua passata attività. Nell'apri-1 le 1968 legge su La Stampa j un articolo del prof. Conso j sulla lentezza della Giustizia i citaliana e per qualche mese ì mdzcvccnsbp?prende nota sulle disfunzioni del nostro sistema giudiziario. Ecco alcuni degli esempi che cita. Più di otto anni ci sono voluti, tra Pretura, Tribunale e Cassazione, per decidere se fu immorale il ballo della turca Nana, al teatro Verde di Carrara, che il commissario di polizia ritenne osceno nel 1960. Il 10 ottobre 1968, al Tribunale di Torino, si è svolto un processo per concorso in pratiche abortive. Nove anni è durata la istruttoria. Pene, naturalmente, condonate. Dieci anni ha dovuto attèndere Vincenzo Guadagnato, di Caltanissetta, e subire sette processi, per essere assolto (per non avere commesso il fatto) dall'accusa di avere saldato, nel '59, un debito di 50 mila lire con un assegno risultato falso. Altre pagine di lungaggini come queste. Ne ricordiamo ancora due. Per la strage di Portella della Ginestra compiuta dalla banda Giuliano, uno degli imputati, il « picciotto » Domenico Pretti, ha dovuto attendere 22 anni il giudizio definitivo che ha riconosciuto la sua « non punibilità n. E l'oro di Dongo? Interrotto, per la morte di uno dei giudici, il dibattimento di primo grado, più di dodici anni fa, alla Corte d'Assise di Padova, la cassa con gli ingialliti fascicoli processuali « attende la immancabile estinzione dei reati. Nessuna impazienza. Quel giorno arriverà ». « Dopo questo sconcertante elenco, scrive Caprioglio, non si pensi ad una barzelletta ricordando che in Inghilterra per condannare i banditi del "treno dell'oro" sono bastati tre mesi. E' stato il processo più lungo della storia inglese, hanno precisato i giornali londinesi ». Pagine amare Ci sono pagine amare e sofferte sulla crisi della giustizia, sull'ordinamento carcerario e sulle condizioni delle carceri. C'è preoccupazione. « La legge dovrebbe essere uguale per tutti », scrive il dott. Caprioglio, prima di parlare dei processi di Ebe Roisecco e di monsignor Cippico che « ebbero sorte opposta » cioè « treno rapido senza fermate per la Roisecco, treno merci con sosta in binario morto per il monsignore ». Sono sfoghi e considerazioni di uno che ha veramente amato il suo lavoro e che ancora - ora, pensionato, nella tranquillità e nel silenzio del suo studio si rilegge queste parole di Calamandrei: « Può darsi che l'ufficio dell'avvocaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiimiiiiiiii to richieda più ingegno e fantasia di quello del giudice: ma il giudice, prima di decidere, ha bisogno di una forza di carattere di cui l'avvocato può anche mancare. Deve avere il coraggio di esercitare la funzione del giudicare, che è quasi divina, nonostante che senta dentro di sé la debolezza e forse la bassezza dell'uomo; deve saper intimare il silenzio a una voce irrequieta, che gli do-1 manda che cosa avrebbe fatto la sua fragilità umana se egli sì fosse trovato nelle stesse condizioni in cui si è trovato il giudicabile. Deve essere tanto sicuro del suo dovere da dimenticare, ogni volta che pronuncia la sentenza, l'ammonimento eterno che gli viene dalla Montagna: "Non giudicare" ». Luciano Curino