I figli di nessuno di Mario Dilio
I figli di nessuno ANALISI I figli di nessuno (Troppo lente le pratiche per le adozioni Oltre 250 mila bimbi attendono una famiglia) Negli istituti d'assistenza e beneficenza in Italia risultano ricoverati ben 266 mila 812 minori. Ogni anno vi sono 20 mila nascite illegittime. Durante il 1968 i 24 tribunali, le 24 procure per minorenni e le 899 preture hanno rilasciato 1379 affidamenti preadottivi e 3379 dichiarazioni d'adottabilità. Ma le domande d'adozione che giacciono negli uffici giudiziari sono decine di migliaia. Non possono essere evase, con il pericolo della decadenza per il superamento dei termini di tempo, perché le strutture degli uffici sono inadeguate. La gravità della situazione è stata denunciata al Convegno nazionale sui problemi dell'adozione speciale svoltasi a Lecce. Soltanto sessantacinque magistrati, su un totale di 6800, si occupano della giustizia minorile. Secondo un'indagine condotta dal Centro studi sociali di Milano, «nei 24 tribunali per minorenni si occupano a tempo pieno delle pratiche giudiziarie minorili solo tredici presidenti è ventidue giudici tutelari; nelle ventiquattro procure per i minorenni si occupano a tempo pieno solo tredici procuratori e cinque sostituti; nelle 899 preture lavorano a tempo pieno come giudici tutelari soltanto dodici magistrati ». Una legge, approvata dal Parlamento il 5 giugno 1967, n. 431, si preoccupa di garantire una famiglia ai minori che non ce l'hanno, ma non funziona o funziona poco e male, a causa delle strutture burocratiche e della macchinosità delle procedure. A Lecce è stato detto: « L'adozione sinora era considerata un'invenzione pietosa della legge destinata a colmare un vuoto che una sorte amara o avversa lascia non di rado nella vita dell'uomo. Creare una posterità, consegnare la dignità e il nome; consolare l'infecondità: ecco gli scopi, essenziali dell'adozione tradizionale. La legge sull'adozione speciale ha sovvertito la formula e la sostanza dell'istituto. Non più la sollecitudine di dare un figlio alla famiglia che n'è priva, ma l'interesse precipuo dello Stato alla tutela dei diritti dell'infanzia abbandonata ». Per sopperire alla deficienza delle strutture giudiziarie s'è ricorso recentemente all'utilizzazione di giudici applicati, ma i risultati non si rivelano incoraggianti soprattutto perché non tutti hanno una preparazione specifica e una particolare sensibilità per i problemi dei minori. Se i bimbi abbandonati non possono trovare una famiglia nuova, — che sarebbe la soluzione preferibile —-, essi rimangono affidati alle cure dei vari istituti, in prevalenza tenuti da religiosi e da religiose. E anche qui non tutto va bene. Ci sono ottimi istituti e istituti meno buoni o pessimi. Ricordiamo i Celestini di Prato, la Casa per le fanciulle di Caltagirone, l'istituto Santa Rita di Grottaferrata. Al convegno di Lecce (c'erano molte suore e numerosi preti) è stato osservato che senza soldi non si fanno miracoli. Questi istituti vivono di beneficenza oppure di un magro contributo dello Stato o degli enti locali. Non sempre la buona volontà e la dedizione dei religiosi suppliscono le insufficienze finanziarie. Ma a volte non si tratta solo di mancanza di denaro; sono i metodi pedagogici che non rispondono alle necessità. Sempre a Lecce è stato detto che molti casi tristi sarebbero stati evitati se più attento fosse stato il controllo, come vuole la legge, dei giudici tutelari. Secondo un'indagine condotta dall'Anta — Associazione nazionale famiglie adottive — alcuni giudici non si preoccuperebbero degli accertamenti periodici sulle modalità di allevamento, di formazione, di istruzione dei minori ricoverati. Le conclusioni sono essenzialmente due: migliorare l'assistenza negli istituti (e vigilare perché tutto proceda bene) e sveltire le pratiche per le adozioni. Mario Dilio
Luoghi citati: Caltagirone, Grottaferrata, Italia, Lecce, Milano
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