Il mio amico Adamov di Sandro Volta

Il mio amico Adamov Affettuoso ricordo dello scrittore suicida Il mio amico Adamov (Dal nostro corrispondente) Parigi, 17 marzo. Da molto tempo non s'incontrava più Arthur Adamov seduto a un tavolino del piccolo bistrot di Saint-Germain-desPrcs, dove, da più di venti anni, passava intere giornate a scrivere le proprie opere. Si sapeva che era gravemente ammalato, ma non s'immaginava a che punto lo fosse, fino al giorno in cui un amico comune non era andato a trovarlo e non aveva riferito l'immagine d'un uomo distrutto, un uomo che, nel giro di alcuni mesi, le sofferenze avevano invecchiato di venti anni. Eppure, non si può credere che siano state quelle sofferenze a spingere Adamov al suicidio. Durante tutta la vita egli aveva sofferto, fisicamente e moralmente, ma un esasperato impegno sociale, sostenuto dall'ingenuo convincimento di avere un compito da svolgere per il bene di tutti gli uomini, gli aveva sempre fatto trascurare le proprie miserie e affrontare con serenità la desolata esistenza. Arthur Adamov era, infatti, un puro rivoluzionario. Un rivoluzionario che ignorava tutto dei complotti clandestini e delle loro guardinghe, spesso spietate, macchinazioni. La sua attività rivoluzionaria consisteva soprattutto nell'esser presente a ognuna delle manifestazioni popolari e delle sommosse che hanno movimentato la vita parigina dalla Liberazione in poi: sempre avanti a tutti e sempre il primo a ricevere sulla testa le bastonate della polizia. Del rivoluzionario di professione gli mancava la gelida accortezza necessaria per l'efficienza delle congiure. Era un rivoluzionario romantico che faceva tutto alla luce del sole. Nel bistrot dove passava le giornate prima della malattia, andavano ogni giorno a trovarlo giovani contestatori, militanti anarchici o di gruppi di estrema sinistra, con i quali studiava piani di rivolta, esponeva ad alta voce progetti insurrezionali. Nel locale passavano clienti che nessuno conosceva e, per di più, c'era il fondato-sospetto che il giovane proprietario e i garzoni, iscritti a un movimento di estrema destra, fossero confidenti della polizia. In un periodo di accentuato rigore repressivo, credemmo necessario di metterlo in guardia. Ma Adamov sembrò cadere dalle nuvole. Ci guardò con stupefatta incredulità e non seppe dire che: « Eppure sono così gentili ». L'idea della delazione non arrivava neppure a sfiorare il suo candore. All'impegno politico e sociale aveva sacrificato anche il proprio successo di drammaturgo. Le sue origini letterarie risalgono agli Anni 30, in comune con i giovani scrittori e artisti della seconda generazione surrealista, che facevano capo alla rivista « Le grand jeu ». Adamov era arrivato allora a Parigi. Nato nel 1908 in una grande famiglia di proprietari petrolieri del Caucaso, aveva vagato fino allora attraverso la Svizzera e la Germania, in uno spirito di avventura che aveva avuto origine nella rivolta contro una madre inflessibile e assurda che gli aveva rovinato l'infanzia. Era arrivato a Parigi sotto la confusa influenza dell'espressionismo tedesco, e vi innestò una sua particolarissima interpretazione del surrealismo, che aveva ormai poco che fare con quella di André Breton. Il suo primo libro, L'aneti (1946) è un racconto di ispirazione autobiografica dove le sventure della propria infanzia sono narrate con una minuzia in cui si riconosce facilmente l'angoscia di Kafka e il delirio di Antonin Artaud. Ma la sua vera personalità si affermò col teatro, dove, con le prime opere di Eugènc Ioncsco e Samuel Beckctt, creò quello spettacolo dell'assurdo che domina ancora oggi le scene d'avanguardia. Era la via che ha portato Ioncsco all'Académie Francaise e Bcckett al Premio Nobel; ad Adamov, partito a parità con loro, non mancavano le doti per percorrerla con altrettanto successo. Alla Liberazione, però, lo scrittore, che aveva passato gli anni della guerra in un cam¬ po di conccntramento tedesco e vi aveva conosciuto le miserie della condizione umana, rifiutò di mettere la propria arte al servizio, delle assurdità gratuite di Ionesco e di Bcckett: volle farne uno strumento della rivolta sociale, dal¬ l'espressionismo e dal surrealismo passò al marxismo con un impegno totale e, forse, semplicistico. Fu una svolta decisiva, ma la violenza della rivolta, portata sulle scene, non compensò la rinunzia ai valori poeti¬ ci dell'opera. I suoi, drammi successivi prendevano troppo spesso l'andamento di un comizio e, in ogni ,caso, non arrivavano quasi mai a convincere il pubblico. Forse avrebbero avuto migliori accoglienze, se fossero stati rappresen- tati, come egli avrebbe voluto, davanti agli operai in un grande stabilimento industriale, ma non gli fu mai possibile realizzare quel sogno: dovette sempre presentarli in sale borghesi. Adamov non rinunziava, tuttavia, a quel genere teatrale che lo teneva fatalmente lontano dal successo e, se si è tolto la vita, più che alle sofferenze fisiche, si deve alla coscienza di non poter più affrontare la mediocrità del pubblico con la sua furia sovvertitrice. Sandro Volta

Persone citate: André Breton, Antonin Artaud, Arthur Adamov, Ionesco, Kafka, Samuel Beckctt

Luoghi citati: Adamov, Germania, Parigi, Svizzera