Opere "concrete,, e teorie astratte di Marziano Bernardi

Opere "concrete,, e teorie astratte LE MOSTRE D'ARTE Opere "concrete,, e teorie astratte Due esposizioni a Torino propongono un utile confronto tra due stili di pittura Una coincidenza d'iniziative e di date ci offre in questi giorni a Torino un'interessante se pur sommaria esemplificazione di due opposte tendenze della pittura piemontese nella prima metà del nostro secolo. La galleria Fogliato, via Mazzini 9, proseguendo la sua utile opera di indagine in questo campo, ha riunito circa 120 dipinti di Evangelina Albati, Allimandi, Benzi, Bertinaria, Bosia, Bozzetti, Buratti, Carena, Casorati, Chessa, Cuniolo, Da Milano, Ferraris, Levrero, Malvano, Manzone, Marchesini, Martina, Menzio, Morando, Morelli, Nascimbene Tallone, Faulucci, Politi, Pozzi, Quaglino, Reviglione, Rho, Risso, Sicbaldi, Sobrile, Terzolo, Tribaudino, Valinotti. Bastano questi nomi (in maggioranza di artisti defunti) a indicare una tendenza: che è quella della rappresentazione del mondo naturale, riconoscibile e identificabile nella comune conoscenza anche attraverso le più varie trasfigurazioni della fantasia poetica; e dunque — fuori d'ogni confusione di concetti e di parole — mondo « concreto » interpretato da un'arte « concreta ». Dal canto suo, ad iniziativa di qualche galleria e di alcuni collezionisti e simpatizzanti torinesi, la sala Bolaffi di via Roma 116 presenta un buon numero di saggi di Biglione, Carol Rama, Galvano, Paola Levi Montalcini, Parisot, Scroppo: un gruppo di quei pittori che a Torino, tra il 1947 e il 1956, partecipando al « Premio Torino '47 », aderirono al « Movimento Arte Concreta » (Mac), pronti a far blocco — scrive Giuliano Martano nella prefazione al catalogo — « contro quella pittura provinciale cara al gran pubblico », e a « recepire guanto di rottura di linguaggio, l'esperienza degli astratti lombardi » poteva aver rappresentato più d'un decennio avanti. Perciò la mostra s'intitola « Arte concreta a Torino », sottintendendo (se le parole hanno un senso) che lo studio di Felice Casorati esposto alla Fogliato ed intitolato « Paesaggio toscano » (1925) perché effettivamente rappresenta un paesaggio toscano che servi da sfondo al ((Ritratto della signora Wolff», è un esempio di « pittura provinciale », cioè delle « ormai viete figurazioni naturalistiche» cui accennava Gillo Dorfles nel 1951 (vedi ancora il catalogo). Quindi: arte naturalistica uguale « arte provinciale »; e arte che muove da « dei dati formali già autonomi (forme geometriche, spazi colorati, ecc.) e li compone insieme senza riferimento neppure allusivo ad una realtà precostituita - al quadro » uguale « arte concreta ». Il vocabolario ci aveva insegnato che « concreto » è il contrario di « astratto », avendo « per termine un oggetto reale, precìso» (Petrocchi). Ma poi i Kandinsky, i van Doesburg, i Vantongerloo, i Mondrian ecc. decisero diversamente. Il reale, ciò che vedo, tocco, misuro, conosco, non è il concreto. « A dispet. to degli informatori giornalistici che da anni suonano a morto per le tendenze astratte concrete e non si decidono a giudicare il nostro dipinto seguendo la traccia opportuna della critica interna » (vedi sempre il catalogo: garbata perifrasi per dire «poveri scemi»), il concreto è la forma pura, il colore puro, il quadro « presentato » all'osservatore, se pre. ferite al « fruitore », perché vi scorga ciò che gli pare: perché si rompa il capo a indovinare ciò che l'artista ha voluto dire. Il che, del resto, è affatto superfluo, dovendo bastare alla « fruizione » quella forma pura, quel colore puro; allo stesso modo che se dico « primavera » non occorre ch'io immagini il prato verde, l'albero fiorito; anzi, non devo assolutamente immaginarlo perché questa è scoria naturalistica, inutile e odiosa; deve bastarmi il suono della parola. Di conseguenza il quadro che concretamente rappresenta il prato verde, l'albero fiorito, non è arte concreta, è arte «provinciale» che piace al pubblico; diciamo meglio, non è arte, è niente. Poco ci manca che diventi un'astrazione. Ma per i « concretisti » v'è ancora una distinzione sottile, che finisce col diventare comica. Essendo, dal loro punto di vista, concreto l'astratto, sillogisticamente l'astratto dovrebbe identificarsi nel concreto. Non è così. Pare che l'arte astratta proceda, in fondo, da un dato figurativo deformato in base a un principio stilistico che toglie « alla rappresentazione ogni carattere di riconoscibilità ottica per trasformarla in un lìbero gioco di forme e colori ». L'arte concreta, invece, non si appoggia « sulla natura sensibile o sulla trasformatone di que sta », non subisce un proces- so di astrazione. « L'arte concreta è autonoma nella sua specificazione. E' l'espressione dello spirito umano, destinata allo spirito umano, e deve possedere l'acutezza, la chiarezza, la perfezione che ci si deve attendere dalle opere dello spirito umano» (Max Bill, 1949, dal catalogo). Milioni di parole in centinaia di programmi si sono spese anche in Italia per sostenere concetti insostenibili dal 1945 in poi: da quando, cadute le barriere d'una plumbea autarchia intellettuale, i giovani pittori trovarono di colpo aperte le vie verso la libera Europa artistica. Il loro errore fu di ritenere che l'Europa si fosse mossa e si movesse in una sola direzione. E che tutto ciò che non seguiva questa direzione fosse « provincia » (compreso un Rouault? compreso uno Chagall?), e li ricacciasse in quella ch'essi credevano la loro soffocante « provincia », che spesso non lo era per nulla, come si vede in parecchie opere della galleria Fogliato. Chi voglia istruirsi su una' situazione che tuttora dura, visiti le due mostre e ne tragga un giudizio. Marziano Bernardi

Luoghi citati: Europa, Italia, Rho, Torino