La cura "con le erbe" inutile per il diabete

La cura "con le erbe" inutile per il diabete Recente caso in un ospedale di Torino La cura "con le erbe" inutile per il diabete Certe piante presentano in realtà proprietà ipoglicemizzanti, e sono ben note - Ma il farvi ricorso invece dell'insulina è pura follia Nella scorsa estate venne ricoverato d'urgenza nella divisione ospedaliera del prof. C. Fiorio ( ospedale M. Vittoria) un ragazzo diabetico di 15 anni, intelligente ed istruito, appartenente a ottima famiglia dei dintorni di Torino. Il giovane giunse a noi in stato di coma diabetico, quella grave condizione di scompenso metabolico acuto del diabete mellito che, prima dell'uso terapeutico dell'insulina, conduceva inesorabilmente a morte il soggetto, e che oggi — grazie appunto all'insulina e ad una terapia collaterale intensiva — è quasi sempre totalmente reversibile. Quel giovane, già perfettamente equilibrato dal medico curante con un adatto dosaggio di insulina, era stato indotto da un « mago » ad abbandonare gradualmente — nel mese precedente il ricovero — il trattamento prescritto e a sostituirlo con altro a base di infusi vegetali, a composizione ignota. Con questa « cura di erbe » il mago risultava « aver guarito un gran numero di diabetici ». E' curioso constatare come il diabete, ai cui complessi problemi sono da decenni impegnati in tutto il mondo cimici e fisiologi, biochimici e chimici- organici, genetisti, psicologi e sociologi, sia ancora oggi da annoverare tra le affezioni predilette dai seguaci della medicina empiri- ca e come ancora oggi evenienze simili alla nostra siano tutt'altro che eccezionali. In realtà, fin dall'antichità sono note sostanze vegetali dotate di proprietà ipoglicemizzanti (cioè di riduzione dell'eccesso di zucchero presente appunto nel sangue dei diabetici) o anoressizzanti (cioè di depressione della sensazione di-fame tipica dei diabetici); esse sono tuttora usate da certe popolazioni rurali africane (cfr. Ratsimamanga e Boiteau). Si tratta essenzialmente dei seguenti vegetali: 1) lo Jambul (Eugenia Jambulana Lamarck) della famiglia delle Mirtacee, della quale vengono usati i grani torrefatti, le infusioni o gli estratti fluidi; 2) la Galega Officinalis, della famiglia delle Leguminose, pianta intera da cui vengono ottenuti estratti fluidi; 3) il Lupinus albus, della famiglia delle Papilionacee, di cui vengono impiegati i semi torrefatti o l'estratto fluido; 4) le foglie di Morus nigra (Gelso nero) della famiglia delle Urticacee, utilizzate come estratto secco acquoso; 5) la Pervinca (Catharantus roseus Don) e i rami di Feka (Hazunta vetutina Pichon), limitatamente al Madagascar. L'attività sintomatica di queste sostanze, isolate o in varia associazione, è incostante e poco conosciuta. Può darsi che la loro somministrazione non sia di per sé dannosa o inutile in casi di diabete dell'adulto, a decorso per solito leggero e spesso ben controllato da un semplice regime dietetico o dalle compresse ipoglicemizzanti sintetiche di recente scoperta. Ma il farvi ricorso —in buona o mala fede — in un caso di diabete giovanile, nel quale la buona salute dipende unicamente da un accorto impiego dell'insulina, è pratica sconsiderata, degna del peggiore ciarlatanismo. Quanto meno, un tale comportamento in campo curativo ricorda ciò che in campo "diagnosticò suole ancora met tere in opera lo stregone diqualche comunità africana,Egli fa urinare l'individuo so- spetto diabetico in luoghi secchi, lontani da alberi fruttiferi, sopra dei formicai; si sa che l'urina umana allontana certe specie di formiche, che vengono invece immediatamente attirate se l'urina, di un diabetico, contiene zucchero. Bruno Bruni Docente di Endocrinologia e Medicina Costituzionalfl nell'Università di Torino *

Persone citate: Bruno Bruni, Eugenia Jambulana Lamarck, Fiorio

Luoghi citati: Madagascar, Torino