Cristianesimo senza più Dio? di Giorgio Calcagno

Cristianesimo senza più Dio? Firpo ai "Venerdì letterari 99 Cristianesimo senza più Dio? La contestazione religiosa attaccata da uno studioso laico e difesa da uno cattolico. I brani del Vangelo applauditi, a seconda del loro significato, dagli opposti settori del pubblico, in polemica l'uno con l'altro. Quasi due ore di conferenza-dibattito, in un Teatro Carignano gremito in tutti gli ordini. Luigi Firpo, nel presentarsi ai « Venerdì letterari » per parlare su « Cristianesimo senza Dio o Dio senza cristianesimo » aveva dichiarato di voler dare battaglia: e c'è riuscito pienamente. Ha sostenuto la sua parte con estremo impegno, senza timore di usare espressioni dure, in qualche caso intenzionalmente provocatorie; sempre stimolanti. Di fronte all'attuale crisi della Chiesa, ha osservato l'oratore, uno studioso laico si trova come un marziano che guardi ai fenomeni di rivolgimento su un pianeta distante come la Terra. Ma anche un marziano ha il diritto di pretendere, in quanto avviene, una certa consequenzialità. E l'analisi dell'oratore, è parsa volta a dimostrare che questa consequenzialità, oggi, non esiste. Firpo ha passato in rassegna i grandi profeti della nuova teologia, e della « morte di Dio », da Bultmann a Bonhoeffer, da Robinson a Tillich, per dare la misura di quanto oggi il cristianesimo si sia allontanato dalle sue premesse originarie. « Demitizzata » la Sacra Scrittura, rifiutato l'antico Dio trascendente, abolite le categorie di paradiso e di inferno, di angeli e di demoni, il messaggio della salvezza finisce per ridursi a un discorso sociologico di fraternità universale, la fede si ritira nell'ambito delle singole coscienze. E infatti, scendendo dal piano teologico a quello pratico, basta guardare le conseguenze di queste nuove impostazioni: la Messa olandese, dove è scomparso ogni segno dell'antica sacralità liturgica, il catechismo dell'Isolotto, che predica un vangelo dei poveri, precluso alle altre classi sociali; la rivolta contro il principio dell'autorità pontificia, la messa in crisi di tutti gli antichi valori', fino al dibattito di questi giorni sul celibato ecclesiastico. Perché avviene tutto questo? Firpo non ha cercato di dare una spiegazione teologica, per la quale lo studioso di dottrine politiche si è dichiarato incompetente, ma storica. Nei cento anni che intercorrono fra il 1854 e il 1954 la Chiesa cattolica, con le successive proclamazioni di dogmi mariani, con il Sillabo, con il decreto sulla infallibilità pontificia alla vigilia della breccia di Porta Pia, aveva accentuato il suo progressivo distacco dal mondo moderno. Aveva scelto, in polemica con il suo tempo, una via che l'avrebbe riportata alle catacombe. Oggi sembra voler riconquistare quella società che ieri aveva rifiutato. E poiché questo è il momento dei popoli sottosviluppati, della protesta proletaria e giovanile contro il principio di autorità, i nuovi cristiani si fanno vessilliferi di queste cause per ritrovarsi alla guida del mondo. E', in forma rovesciata, un ritorno alla antica vocazione cesaropapista, che provocò la compromissione del cristianesimo con la storia. Ma, così facendo, la Chiesa finisce per tradire se stessa. Sotto la spinta dei « nuovi eretici », abdica a certi princìpi che le sono connaturali, e punta su un cristianesimo senza Dio che è una contraddizione in termini. « Se Cristo deve essere visto soltanto come una persona umana, se il messaggio della salvezza viene ridotto al discorso di un falegname della Palestina, — sostiene Firpo — allora preferisco la morale di Kant. E' più razionale. E se il cristianesimo rinuncia al suo Dio, allora preferisco il nuovo concetto di divinità messo in luce dalle più recenti acguisizioni scientifiche: lasciando da parte il cristianesimo ». L'esposizione di Firpo è stata salutata da un vivace applauso, partito da un largo settore del pubblico; ma ha suscitato una reazione contraria nell'altra. Lo stesso oratore, del resto, l'aveva calcolata in partenza. Se ne è fatto portavoce Eugenio Corsini, professore di letteratura latino-cristiana alla facoltà di Lettere, che ha difeso con passione la nuova teologia. « L'esposizione di Firpo è agghiacciante. Tutti questi fermenti vengono presentati come eresie, ma per la maggior parte non lo sono. La Chiesa non è quel maniero chiuso a ogni speranza di luce che Firpo ci ha presentato; all'interno c'è posto per il dibattito, per il rinnovamento. Perché prendersela tanto con questi movimenti innovatori, che vanno proprio nella direzione desiderata dall'oratore? ». « La fede — risponde Pir-' po — uno non se la può dare; e chi non ce l'ha deve ragionare stando al di fuori. Ma, dentro o fuori il cristianesimo, abbiamo il diritto di pretendere che la fede religiosa risponda alle proprie caratteristiche. Dietro certe novità dì cui oggi i cristiani parlano, io non vedo la coerenza della fede, ma la ricerca del successo a ogni costo. E se la Chiesa è la incarnazione terrena del Cristo, non deve avere bisogno di cercare il successo ». Corsini insiste: « Non capisco il motivo per la condanna radicale di un movimento eh. si sta svolgendo all'interno della Chiesa. Perché le si vuole rifiutare di aggiornarsi, prendendo coscienza dei problemi del mondo moderno? ». Firpo: « La Chiesa può rinnovarsi, certo; anzi, deve far-' lo. Ma purché rimanga un nucleo centrale fermo. Se tutto si riduce a un problema di lotta sociale, quando tutti avranno raggiunto il benessere. Cristo si può anche gettare via» (applauso). Interviene un prete: in difesa, evidentemente, di tanti confratelli minacciati: « Perché prendersela con l'Isolotto, con gli olandesi? Non esiste una eresia dell'Olanda e un'eresia dell'Isolotto. Sono forme diverse di amore alla Chiesa, che rimane unica ». Lo studioso di Giordano Bruno e Campanella risponde secco: « Questi gruppi sono rimasti nella Chiesa solo perché oggi nessuno li ha voluti buttare fuori. Ma non possono dirsi ortodossi. Fra la Chiesa che accetta questi equivoci e gli antichi inquisitori che proclamavano "anathema sit " io preferisco la lealtà dell' "anathema" ». Giorgio Calcagno

Luoghi citati: Olanda, Palestina