Regione Liguria: che fare?

Regione Liguria: che fare? TAVOLA ROTONDA DE "LA STAMPA,, SULLA FUTURA AUTONOMIA Regione Liguria: che fare? Previste entrate annue di 24 miliardi - Per gli investimenti la legge consente di contrarre mutui per 40 miliardi in 25 anni - Compiti di promozione con ricorso a finanziamenti esterni per realizzare i programmi - Priorità: coordinamento dei porti, pianificazione territoriale ed area metropolitana, interventi per l'industria, nel turismo e neWagricoltura - Abolizione delle Province? - 1 delicati rapporti con Genova II discorso sulle Regioni va facendosi più chiaro attraverso dibattiti di studiosi, esperti, politici, sindacalisti; trova un'opinione pubblica più attenta agli interrogativi posti dall'avvicinarsi delle elezioni regionali. Quali i poteri e le capacità reali di iniziativa delle Regioni, in particolare della Liguria, così esigua nel suo territorio e così importante per la sua posizione? La Regione Liguria può indicare tempestivamente quali sono i progetti da realizzare per primi, fra i tanti dibattuti ai fini di un razionale sviluppo? Avrà risorse e peso politico sufficienti per svolgere una sua politica, anche al servizio delle Regióni vicine? Su questi temi, abbiamo organizzato una Tavola Rotonda a Genova. Hanno partecipato: sen. Giorgio Bo; prof. Ugo Marchese, della Facoltà dì Economia; dr. Franco Monteverde, dell'ufficio studi Cgil; dr. Giancarlo Piombino, segretario del Crpe ligure; prof. Sergio Vacca, direttore dell'Ilres (Istituto ligure dì ricerche economiche e sociali); prof. Adalberto Vallega, capo del centro studi della Camera di Commercio di Savona. Per La Stampa erano presenti il vicedirettore Giovanni Giovannini e Mario Fazio. Nello Garrone ha curato il resoconto stenografico. LA STAMPA — La Regione Liguria nasce con alcune caratteristiche precise. Recidili molto alti. Bilancio modesto, a causa delle dimensioni della Regione e dei limiti posti dalla legge per la finanza regionale. Dovremmo offrire al lettore una previsione attendibile del bilancio regionale, per confrontare le disponibilità con le ipotesi di investimenti necessari a realizzare il piano ligure di sviluppo, indicando alcune priorità. PIOMBINO — E' presumibile che il disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati non sia modificato dal Senato/.Si possono dunque prevedere con sicurezza le entrate della Regione ligure, dopo il periodo iniziale di primo impianto (per il quale verranno assegnati 650 milioni). Le entrate tributarie annue saranno complessivamente di 24 miliardi e 751 milioni, di cui 17 miliardi e 951 milioni come quota spettante alla Liguria dal fondo comune, e 6 miliardi e 800 milioni come tributi propri. Ovviamente questi valori sono suscettibili di un certo incremento nel tempo, in relazione all'espansione naturale del reddito (e conseguentemente dei tributi). A queste entrate ordinarie debbono essere aggiunte entrate straordinarie, provenienti dalla contrazione di mutui o dalla emissione di prestiti obbligazionari. Circa 40 miliardi, una sola volta in 25 anni. Ecco come si arriva a questa cifra. L'importo complessivo dell'annualità di ammortamento dei mutui e dei prestiti in estinzione non potrà superare il 20 M delle entrate tributarie della Regione, e cioè i 5 miliardi di lire; valutando inoltre che una annualità sia pari al 12,5 per cento dell'importo originario mutuato, l'ammontare massimo di tali entrate straordinarie (e una sola volta per 25 anni almeno) sarà di circa 40 miliardi. Non è facile definire quale potrà essere la struttura del bilancio della Regione ligure, ma, dati i suoi ristretti limiti quantitativi, è prevedibile che la massima parte di esso verrà assorbita dalle spese correnti. Nell'ipotesi tassai favorevole) che le spese di gestione non superino nel loro complesso il 60 "b delle entrate, ed aggiungendo a queste un 20 "'o assorbito dall'ammortamento dei mutui, gli investimenti della Regione ligure attraverso le entrate ordinarie non potranno superare i 5 miliardi annui. LA STAMPA — Riassumendo, la Regione Liguria potrà disporre di 40 miliardi una sola volta, p di 5 miliar- di all'anno, per spese produttive n investimenti. Il bilancio 1970 del Comune di Genova prevede oltre 17 miliardi di spese produttive, in gran parte coperte da mutui, e 45,6 miliardi di entrate. PIOMBINO — Se si pensa che i quattro comuni capoluogo di provincia prevedono | d'avere, nel 1970, entrate tributarie per complessivi 62,4 miliardi e che le quattro amministrazioni provinciali contano su analoghe entrate per complessivi 12,4 miliardi, si vede chiaramente entro quali I limiti, molto angusti, si muo; ve la finanza regionale ligure i ed in generale, data l'analogia ' di situazioni, quella delle al| tre regioni italiane. Il fabbisogno d'investimenti pubblici della Liguria non potrà quindi essere soddisfatto, se non in minima parte, dalla futura Regione, alla quale spetterà principalmente il compito di agire nei con¬ fronti dello Stato, per ottenere da questo le opere necessarie allo sviluppo della Liguria. LA STAMPA — Lo Stato incassa in Liguria molto più dì quanto spenda, come è giusto nelle Regioni « ricche ». Il Tesoro pieicva ogni anno oltre 750 miliardi, principalmente attraverso le imposte sulla raffinazione dei petroli e le dogane. In quali settori e con quali ordini di priorità la Regione chiederà finanziamenti per realizzare i suoi programmi? VACCA' — L'apparente contrasto fra quanto lo Stato riceve dalla Liguria e quanto lo Stato dà alla Liguria non deve considerarsi paralizzante sul piano delle iniziative regionali. Molte di tali iniziative non richiedono rilevanti i investimenti o si possono autofinanziare. Un impegno prioritario dovrà essere quello per il coordinamento dei porti liguri: non sono necessari grandi mezzi finanziari. Le iniziative regionali per il decentramento portuale e per il riequilibrio del territorio potrebbero essere autofinanzia-1 te grazie alla differenza fra il costo d'acquisto delle aree e il prezzo di vendila dei terreni urbanizzati. funzioni attribuibili alle diverse sezioni del sistema Genova-Savona, può darci una dimensione adeguata. LA STAMPA — Negli articoli della Costituzione che parlano delle Regioni a statuto ordinario non si trovano i concetti di programmazione economica e di pianificazione del territorio. Oggi se ne discute parallelamente, con rilievo speciale in Liguria. La Regione, pur essendo da colmare il vuoto della carta costituzionale (si limita a indicare le competenze in materia urbanistica) potrà affermare tali concetti in coerenza con la sua autonomia? MARCHESE — Il livello regionale è quello più favorevole a una stretta compenetrazione fra programmazione economica e pianificazione territoriale. Questo è un dato di fatto comprovato non solo dalle esperienze in atto in Italia ma anche, e soprattutto, dall'esperienza dei Paesi, come gli Stati Uniti e l'Inghilterra, in cui il « regional planning » è progressivamente assurto a incontestata dignità scientifica. Una politica di stretta integrazione fra programmazione economica e organizzazione del territorio creerà in Liguria le condizioni adatte a realizzare le molte « virtualità economiche » della Regione: quelle industriali e mercantili portuali e di comunicazione, l'istruzione professionale, la ricerca, l'università; 6) organizzare il territorio attraverso una distribuzione dei servizi, una regolamentazione del territorio stesso, ed un regime delle aree edificabili, specie di quelle per insediamenti produttivi, finalizzati ad un disegno di assetto che amplifichi radicalmente l'orizzonte urbanizzato. Il disegno è quello della città-regione, o del sistema metropolitano. Ma in Liguria finora si direbbe sia mancata una convergenza di forze culturali e produttive verso la prospettiva regionale; è mancato anche un serio tentativo per dare vita a forme d'effettiva partecipazione. Per di più Genova stenta a supera- I re la sua più grossa barriera psicologica: quella verso la ! Liguria. LA STAMPA — Sono state indicate alcune priorità: coordinamento portuale Genova-Savona, area metropolitana, organizzazione del territorio, sviluppo industriale su aree decentrate, turismo, interventi nell'agri; coltura. I sindacati condividono queste scelte? Parere dei sindacati MONTEVERDE — Le Regioni nascono in un momen| to di forti tensioni sociali. ! Non mi riferisco soltanto alI l'autunno caldo. Fatta queI sta premessa direi che nella i scala delle priorità noi diamo | il primo posto all'occupazioi ne. Ma ci domandiamo: chi i può decidere veramente in i Liguria? Occorre cioè considerare I l'avvento delle Regioni non come un semplice modificarsi dei rapporti tra poteri pubblici centrali e periferici, ma come un momento decisivo - della lotta per un'estensione delle responsabilità degli eni ti rappresentativi nel campo j sociale ed economico e per ! un affrancamento dell'ammi| nistrazione pubblica dal peso | soffocante delle classi padronali. Entro quest'ottica la costituzione della Regione in Liguria dev'essere messa in rapporto con le più recenti esperienze sociali; e non solo con l'autunno caldo, ma anche con le lotte ad esso precedenti, ossia quelle lotte articolate di fabbrica e generali a livello provinciale e regionale che hanno coperto l'intero 1969 e parte del 1968. Per il movimento sindacale la Regione viene a rappresentare sia una controparte, per quanto attiene alle sue specifiche responsabilità, sia un alleato potenziale in merito ad una pressione unitaria delle comunità liguri sui poteri pubblici centrali. Per quanto riguarda il primo aspetto la Regione sarà sollecitata a realizzare un'unità d'indirizzo tra programmazione economica ed organizzazione delle destinazioni di uso del territorio; per quanto riguarda il secondo aspetto sarà sollecitata per conquistare una svolta negli attuali indirizzi di politica economica e sociale, specie nell'induI stria e nell'economia marittiI ma da un lato, e nei confron| ti dei grandi consumi collet| tivi dall'altro. Sul primo punto è inevita| bile uno scontro con la ren! dita fondiaria a sostegno del i movimento per una nuova i legge urbanistica; la Regione I può procedere autonomamenI te con propri provvedimenti ! che colpiscano la piaga del I parassitismo. Sul secondo punto la Regione può impegnare le Partecipazioni Statali, attualmente il centro decisionale economico di gran lunga preminente nella Regione specie da quando, attraverso l'aumento di potere dell' Eni nella Montedison, gran parte dell'industria chimica della Val Bormida è entrata nella sfera d'azione delle imprese pubbliche, ad una trattativa a livello regionale. Sui contenuti della programmazione la Regione può far piazza pulita dei tenaci e suicidi municipalismi dei ceti padronali e delle forze politiche ad essi collegati, inserendo gli obiettivi regionali nel vivo delle scelte a carattere nazionale, prime tra tutte un deciso rilancio dell'industria dei beni strumentali ad alto livello tecnologico, dell'economia marittimo-portuale quale strumento di direzione e sostegno di questa politica industriale, con decollo su basi serie della ricerca scientifica. Per quanto riguarda la scuola occorre che da un lato l'università sia impegnata sia sui problemi di sviluppo economico generale, sia sul problema del livello tecnologico dell'industria, sia sui contenuti dei vari rami della sicurezza sociale e sui posti di lavoro e nella società; dall'altro che la scuola secondaria formi le nuove leve di lavoratori attraverso un'istruzione affrancata dal predominio culturale dei ceti padronali. La Regione infine dovrà tener conto del fatto che i lavoratori vogliono contare anche nel momento delle scelte della programmazione e perciò chiedono con gli enti pubblici un ricco dialogo al momento della formazione delle decisioni. Giancarlo Piombino Franco Monteverde

Persone citate: Adalberto Vallega, Franco Monteverde, Garrone, Giancarlo Piombino, Giorgio Bo, Giovanni Giovannini, Mario Fazio, Sergio Vacca, Ugo Marchese