I disperati tentativi per recuperare i quattro sciatori sepolti dalla valanga

I disperati tentativi per recuperare i quattro sciatori sepolti dalla valanga La catastrofe improvvisa nella valle di St - Barthélemy I disperati tentativi per recuperare i quattro sciatori sepolti dalla valanga Uno dei superstiti: «Erano circa le 13: ho udito uno schianto come lo sparo d'un cannone ed ho visto i miei compagni spazzati via dalla neve come da un fiume in piena» - Per lungo tempo si è cercato di rianimare il dottor Pennacchietti e la professoressa Amari con la respirazione a bocca a bocca (Segue dalla 1" pagina) me, alla testata del vallone, che si ergono rocciose ma assai facili da raggiungere. Fra queste il Monte Morion, sul displuvio verso la parallela Valtournanche: una cima di 2716 metri di altezza, che tutte le guide definiscono priva di vere difficoltà: una marcia di circa tre ore, poi una salita più ripida, e la vetta è raggiunta. Non ci sarebbe stato molto da faticare, insomma, tanto è vero che della comitiva faceva parte anche un pensionato di 73 anni. Si poteva partire dalla base abbastanza tardi, quando il sole fosse già alto, ed infatti soltanto alle nove il gruppo dei diciassette si è messo in cammino. Forse il ritardo è stato fatale: la cima è stata raggiunta, come vedremo, nell'ora più calda della giornata, e questo ha avuto un'influenza determinante nel formarsi della valanga. La neve era ottima, senza una traccia, la giornata perfetta, il sole tiepido. Le montagne si levavano tutt'attorna, immacolate contro il cielo di un azzurro cupo. Il gruppo marciava a ritmo mo- una piccola colazione. Gli al-deraib: a mezzogiorno tutti erano al colle della Croce, parecchio al disopra della linea degli abeV. Qui la maggior parte si è arrestata periri si sono diretti verso la cima, distante soltanto una mezz'ora. Di questo gruppo ristretto facevano parte gli sciatori alpinisti più bravi, quelli che fra poco la valanga avrebbe travolto. I compagni rimasti al colle li han- no visti dal basso togliersi gli sci per scalare la parte finale, rocciosa, poi raggiungere la vetta e ridiscendere quasi subito per ricongiungersi al resto della comitiva, che frattanto aveva incominciato la discesa verso Lignan. La catastrofe è avvenuta mentre i due gruppi stavano per riunirsi. Ascoltiamo il racconto di Riccardo Averone: « Erano ah'incirca le tredici. Faceva piuttosto caldo, tanto è vero che molti si erano tolta la giacca a vento. Stavamo scendendo verso valle parecchio distanti l'uno dall'altro, ed ora devo dire che questa è stata una grande fortuna. D'improvviso ho sentito uno schianto tremendo, come uno sparo di artiglieria. In quel momento mi trovavo una trentina di metri più in alto dei miei compagni. Vicino a me avevo tre o quattro amici. Gli altri, quelli che mi precedevano, sono stati trascinati via dalla neve che scivolava come un torrente in piena ». In quella zona il pendio non è molto ripido, per fortuna. Dei tredici spazzati via. qualcuno è riuscito a tenersi in piedi e ad uscire da solo dalla massa di neve; gli altri sono stati fatti rotolare, ma muovendo le braccia e le gambe come se nuotassero, hanno potuto tenersi in superficie e sono stati ricoperti da uno strato di neve sottile, che ha permesso loro di liberarsi da soli. Altri sono stati trascinati duecento metri più sotto e sono rimasti sepolti. Ascoltiamo ancora Riccardo Averone: « Ci siamo precipitati sul posto dove la massa della valanga si era arrestata ed abbiamo cominciato a sca¬ vare con le mani, con i bastoncini, con gli sci, come tanti disperati. Il primo che | siamo riuscito a salvare è Roberto Amari, marito della , signora rimasta uccisa, poi la | ragazza Anna Buzzi, poi qualcun altro ancora, di cui in questo momento non ricordo i nomi ». « Poi abbiamo trovato la signora Amari e il professor Pennacchietti. Erano lividi, con la bocca ed il naso pieni di neve. Abbiamo fatto a tutti e due la respirazione artificiale, poi la respirazione a bocca a bocca. Siamo andati avanti per mezz'ora, ma non c'è stato niente da fare. Quando li abbiamo estratti, erano già morti soffocati ». A questo punto, mentre gli altri continuavano a scavare per trovare i due corpi, che ancora rnancavano, Francesco Averone e la figlia Giovanna sono partiti per Lignan per dare l'allarme. Ben presto di qui è scattata una 1 squadra di soccorso (Severino Lombard, Bruno e Francesco Petitjacques, Bruno Chasseur, Mario ed Ettore Reboulaz, ed Elvira Fabre), poi sono saliti anche i carabinieri di Aosta e Saint Vincent, al comando del tenente Giannoccaro; poi sono giunti sulla zona del disastro due elicotteri del centro soccorso aereo di Linate, poi il medico di Nus, dott. Corìasco. Uno dei primi a giungere sul posto, Severino Lombard, ci ha detto: « Quando siamo arrivati, verso le sedici, cioè tre ore dopo la sciagura, i superstiti stavano ancora scavando. Due salme erano già state trovate. Abbiamo subito preso a sondare la neve con le pale che avevamo portato, ma non siamo riusciti a trovare nulla». Il lavoro estenuante è proseguito fin verso le diciassette, poi l'oscurità ha costret- to tutti a scendere a valle. Le ricerche vengono riprese stamane: si tratta di trovare i corpi di Carlo Marsaglia e di Ignazio Pallavicino. Prendono parte alle operazioni una squadra di alpini della Scuola militare di Aosta guidata dal tenente Gagliardi, guardie di finanza con cani da valanga, elementi della polizia di frontiera, carabinieri e volontari, con gli elicotteri, ì. v. Le quattro vittime « Partenza ore 8. Tempo previsto quattro ore. La gita non offre particolari difficoltà » era scritto sul programma. Era una gita per sciatori di classe superiore. I diciassette che vi hanno partecipato erano certamente tra i migliori di Torino. Direttore di gita era il dott. Carlo Marsaglia, 54 anni. Atleta e sciatore ai tempi in cui si andava al campo Smith di Bardonecchia con le pelli di foca. Un pioniere. Gli anni non hanno diminuito la passione. Nel '66 è stato protagonista nel raid sci-alpinistico sull'Atlante del Marocco. Nel '68 ha partecipato alla « Vasaloppet », la massacrante maratona svedese. Da parecchi anni era presidente della commissione Sci-alpinismo della Fisi. Un uomo brillante e con un'ottima • posizione (una grossa rappresentanza della Saffo-fiammiferi) e una bella casa in corso Galileo Ferraris 69. La moglie è la signora Sofia Bollati di St. Pierre; dei due figli Stefano, 14 anni, è studente del San Giuseppe, Alina, 9 anni, è iscritta all'istituto delle suore della SS. Trinità. Il dott. Marsaglia è partito sabato in auto per St. Barthélemy: l'appuntamento con gli altri partecipanti alla gita era all'albergo Luseney. Hanno passato una buona serata a chiacchierare e a scherzare, si è bevuto un « punch » e si è andati a dormire presto per essere in forma l'indomani. Il dott. Marsaglia e uno dei due dispersi. E' stato invece recuperato il corpo dì Silvana Barisone Amari. Aveva 32 anni, da cinque era sposata con il conte Roberto Amari di Sant'Adriano; madre di due bimbi — Paolo di quattro anni e e Stefano di uno j— abitava in via della Rocca 10. Insegnava in una scuola media. Sciatrice magnifica, in com petizione con il marito, che è anche accademico ed istruì tore alla scuola nazionale « Gervasutti » del Cai, I due coniugi — affidati i bimbi alla governante — erano partiti assieme per St-Barthélemy. assieme si sono avviati ieri mattina per la gita faticosa, ma che « non offriva particolari difficoltà ». C'è staj to un catastrofico imprevi| sto: la slavina. Un altro disperso è il marchese Ignazio Pallavicino di Priola e Ceva, 44 anni, concessionario della Fiat, abitante in via Della Rocca 49 con due sorelle: Camilla di 34 anni e Mary di 28. « Ignazio — gli dicevano gli amici —, hai tutto dalla vita, ma ti manca una moglie ». Rideva: « Sto bene scapolo. Sono libero. Voglio andare a sciare, vado a sciare ». L'altra sera, quando i gitanti l'hanno visto arrivare all'albergo Luseney erano davvero felici, perché era un compagno piacevole, metteva ottimismo. Ferruccio Pennacchietti è la seconda vittima dissepolta. Aveva 26 anni, da pochi mesi si era laureato in legge, abitava in via Sacchi 28 con i genitori, il fratello Fabrizio di 31 anni, professore alla facoltà di Lettere, e la sorella Anna di 17 anni, studentessa. Il padre, prof. Ma| rio, è uno dei più noti spe¬ cialisti di malattie nervose ed è primario al Maria Vittoria. Ferruccio i giorni scorsi aveva superato brillantemente gli esami per entrare nella Magistratura. Non si sa come, la notizia della sciagura giunta agli amici torinesi dello Sci Club dava, invece di Ferruccio Pennacchietti, il nome dì Vittorio Franzinetti, anch'egli socio dello Sci Club. C'è chi ha telefonato a casa sua per offrire aiuto alla moglie. Ha rispósto lo stesso FranSlnéi: ti. Incredulità, mentre il «redivivo» diceva: « Sarei anda¬ to anch'io a questa gita se non fosse per un recente lutto ». Un senso di sollievo, poi gli amici dello Sci Club si sono chiesti con apprensione: « Se non è Franzinetti, chi è? ». In quel momento, il prof. Pennacchietti sentiva alla radio la notizia dì una sciagura in Val d'Aosta, a St-Barthélemy, Non ha avu<to cupi presentimenti. E'-, difficile pensare che un figlio forte, pieno dì vita e con la prospettiva di un magnifico futuro possa morire così. Arturo Rampini Ignazio Pallavicino in un rifugio di montagna La studentessa Anna Buzzi è stata estratta incolume dalla massa di neve che l'aveva sepolta con le vittime | , | 1 La valanga è piombala dai Fianchi del Monte Morion sul gruppo che scendeva a Lignan (Dis. di A. Mellano) Ferruccio Pennacchietti, assistente universitario