Utilità della chirurgia negli infarti più gravi di Angelo Actis Dato
Utilità della chirurgia negli infarti più gravi In Italia, 250 mila casi ogni anno Utilità della chirurgia negli infarti più gravi (Nostro servizio particolare) Milano, 18 febbraio. In una interessante riunione alla Fondazione Carlo Erba il cardiochirurgo svedese Bengt Goethman ha parlato oggi delle più moderne prospettive della cura chirurgica nei casi di infarti gravi (250 mila casi, ogni anno, in Italia). Cosa succede quando una coronaria si occlude? A volte si formano dei vasi sanguigni collaterali che riescono a sopperire a quelli occlusi. La chirurgia vorrebbe sostituirsi a questo provvido intervento della natura, che è piuttosto raro e non sempre efficiente. E' stato Vineberg — ha continuato Goethman — a dimostrare per primo che si poteva ovviare a questo difetto di circolazione cardiaca impiantando nel cuore un'arteria, chiamata mammaria interna, che scorre dietro lo sterno d'ambo i lati. Nel 1967 si è compiuta un'indagine altamente tecnica sopra questi impianti della mammaria interna usando misuratori elettromagnetici del flusso sanguigno. Si è visto che ogni minuto queste arterie impiantate portano 50 eme di sangue al cuore: un flusso che è paragonabile a quello dell'arteria coronaria. Nel 1969 queste indagini sono state completate mediante studi microscopici e con sostanze radioattive, il Cripton e lo Xenon. Altri interventi eseguiti nel 1964 furono i tentativi di disostruire le arterie coronarie. Oggi questi metodi sono largamente usati a Cleveland, ma con risultati modesti. Un intervento invece più efficace è quello che consiste nella sostituzione di un tratto della coronaria alterata con una vena prelevata dalla gamba. Il metodo seguito da Goethman è di tipo globale. Egli impianta non solo l'arteria mammaria interna, ma anche i suoi numerosi rami, in modo da creare una irrigazione multipla del muscolo cardiaco. Inoltre sostituisce la zona di coronaria occlusa con un tratto di vena prelevata dalla gamba e infine asporta quella zona di muscolo cardiaco che presenta le maggiori lesioni infartuali. Prima dell'intervento i pazienti vengono sottoposti ad una dieta assai severa, in modo da portare il loro peso alla normalità, e ad esercizi fisici e respiratori. Durante l'intervento è molto importante l'anestesia, che deve essere profonda e tuttavia deve consentire una buona pressione sangui.ma ed una perfetta respirazione. Nell'immediato periodo postoperatorio vi è qualche momento critico, per cui bisogna tenere l'operato sotto respirazione controllata per almeno 10 ore. Il prof. Goethman ha operato finora 40 pazienti, di cui 38 uomini e 2 donne. Essi soffrivano di disturbi cardiaci da almeno 4 anni; alcuni avevano avuto già due infarti. Gli operati sono stati controllati ad una distanza media di 38 mesi dall'intervento, e 26 dei pazienti hanno presentato un miglioramento cospicuo. Il prof. Goethmann ha così concluso: « La causa fondamentale dell'infarto è la carenza dì sangue nel cuore, per cui il muscolo cardiaco ne soffre ed è logico e razionale fornire al cuore nuovi canali di irrigazione sanguigna. Quando tutti i procedimenti medici risultano inefficaci, bisogna pensare seriamente ad un intervento chirurgico ». La conferenza è stata presieduta dal prof. Giulio Cesare Dogliotti, direttore della Clinica medica dell'Università di Torino. Alla discussione hanno partecipato i proff. Angelo Actis Dato di Torino, Alessandro Pellegrini, Renato Tosetti e Giorgio Vincre di Milano. r. s. '
Persone citate: Alessandro Pellegrini, Bengt Goethman, Giorgio Vincre, Giulio Cesare Dogliotti, Renato Tosetti
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