Ricostruiamo il "cammino della speranza,, di un emigrante dalla Basilicata a Torino di Nicola Caracciolo

Ricostruiamo il "cammino della speranza,, di un emigrante dalla Basilicata a Torino Da Montescaglioso alla metropoli industriale: un salto di secoli Ricostruiamo il "cammino della speranza,, di un emigrante dalla Basilicata a Torino Ecco la storia di Giuseppe Capo bianco, 50 anni, sposato, con 6 figli - Per 3 anni lavora in Germania: 3 anni di solitudine e nostalgia, con l'unica preoccupazione di lavorare molto e spendere poco - Nell'agosto scorso torna al paese e con i rispanni si compra la casa Ma in 7 mesi, come bracciante agricolo, guadagna 120.000 lire (complessive) - Così decide di ripartire - Stavolta per Torino, e il distacco è più doloroso - Quando si va all'estero, prima o poi si ritorna al paese ; quando si va al Nord è sovente per un trapianto definitivo (Dal nostro inviato speciale) Montescaglioso, febbraio. La sala parrocchiale in cemento appiccicata a una chiesa barocca è nuda e fredda. Niente riscaldamento. Vintonacatura dei muri è approssimativa, le. seggiole usate e sgangherate. Don Luigi Bianchi, un prete di venticinque anni che dirige le Adi del paese, ha riunito un gruppo di lavoratori che sono appena tornati dall'emigrazione o che si preparano ad andare via. Si avverte subito quanto questa generazione sia diversa da quelle dei padri e dei nonni, credi di un'anti- chissima e immobile civiltà contadina. I giovani conoscono ilNord d'Italia, la Svizzera, la Francia, la Germania. Descrivono con competenza : prò blemi che hanno dovuto aftronture: l'alloggio, it salario, i tempi e la disciplina di la- varo, l'assistenza sociale. Si sono liberati dalla vecchia cultura nata dalla « miseria psicologica»: il perdurare per generazioni e generazioni di una tragica povertà aveva im- posto un disperato sentimen- to dell'impotenza dell'uomo a risolvere qualsiasi cosa. Di qui il ricorso a un mondo di spirito e di forze arcane. Nel giro di pochi anni i lucani stanno facendo un salto di secoli; entrano d'improvviso nel mondo contemporaneo delle fabbriche, ed il costo di questo cambiamento può essere molto alto. « II primo problema — mi dice Giuseppe Capobiancotornato qualche mese fa dal- la Germania e che si prepara a ripartire per Torino, — sta nel decidere dove andare ». All'estero o nell'Italia del Nord? Paradossalmente la se conda è la più dolorosa. Chi va all'estero non si stacca del tutto dal paese. Capobian co per tre anni si è adattato a vivere a Volksburg, dove lavorava agli stabilimenti det la Volkswagen. Abitava in una baracca, d'ove — dice — non si stava male. Era ben scaldata e pulita, c'era l'acqua calda per la doccia, lusso sconosciuto a Montescaglioso; ma gli ricordava la prigionia in Inghilterra. Tre anni di solitudine quasi totale: non aveva amici, aveva lasciato a Montescaglioso la famiglia, la moglie e sei figli: badava solo a guadagnare, a spendere il meno possibile, a fare quante più ore di straordinario. 1 risparmi gli sono serviti a mantenere la famiglia e poi a comprare e rifare la casa: un blocco di ufo nel presepe ai Montescaglioso coni acqua calcia, i mobili moderni ai leggio compensato, la tclevi- sione e il frigo Perche oli SSnJStSr 'andar* fK avrà una cinquantina d anni A guest ultima domanda st anima: In si sente teso, Qua-si rabbioso. il vecchio mestiere E' tornato dalla Germania in agosto. Possiede in pianura due tomoli di terreno (un po' meno di un ettaro), dai quali ricava il grano per il pane, il vino, l'olio. Pur di restare a Montescaglioso si ' accontenterebbe di un lavoro qualsiasi anche pagato poco. ' Ha ripreso il vecchio mestie- re di bracciante agricolo: m sette mesi ha guadagnato in tutto centoventimila lire. Ha trovato occupazione soltanto al momento della raccolta niiiiiniiniinininnimnmnmmininiimnini delle olive. Con centoventimi-1 la lire in sette ?nesi noti ce lo vuò fare. i Si arriva così alla seconda | alternativa del dilemma. Ben-1 che le possibilità di guadagno j per manovali non specializ- ! zati siatio tutto sommato j maggiori all'estero, la prefe- \ renza per l'Italia del Nord \ ita motivi precisi: chi va a j Torino o a Milano, non crede | più alla possibilità di avere j una vita decente in paese ed iespatria quindi definitivamen- te. Tornerà solo una volta 1 l'anno per le vacanze di ferragosto, che coincidono con la festa de! patrono del paese San Rocco, ancora venerato con un culto fra eristiano e pagano. Nel 1946 d'estate ci fu in !Lucania un periodo di siccità spaventosa. Il parroco d'alio- ra a Montescaglioso rifiutò Santi e stregonerie \ (ii compiere il rito tradiziona- te) portare cioè la statua del \ sant0 in giro secondo un ili- nerario preciso che si condii- \ deva con Vimmersione in un\ ! {2*3? tSSSST S t u erano destinati a duraret \rono su Montescaglioso mi- -\glìaia di contadini ' i i il parroco rispettare la evitare via- fu costretto a tradizione, per lenze. Qual è la distanza che divide il villaggio hicano del 1946 da Torino o da Volksburg? Cento anni? Mille anni? E' un viaggio comunque difficile da compiere in pochi anni. Non stupisce che ci siano dif- o I ficoltà d'adattamento per gli I emigranti; sorprende invece I che siano in tanti a riuscire 1 a inserirsi e a far bene maln I grado le enormi difficoltà, di i lavoro, di psicologia, di amo j biente. \ Sono problemi di cui ci i l r i n i a a , , n a o occuperemo in un altro articolo: oggi ci preme vedere la vita di Montescaglioso negli ultimi anni. Ho ripetuto agli emigranti la slessa domanda decine di volle: la risposta è sempre identica. Vanno via perché costretti: potendo, preferirebbero restare qui. Soprattutto per i vecchi il distacco è difficile. Certuni per esprimersi usano, senza rendersene conto, le immagini fisse della poesia contadina: «Avrei voluto essere un uccello per tornare a casa» m'ha rifilo una vecchietta che non è riuscita ad adattarsi a vivere n Torino con tutti i suoi figli. Il segretario della Cgil di Montescaglioso ha ricevuto una lettera da mi emigrato an ziano sempre a Tonno che co minciava cosi: « Quando pen so agli amici gli occhi mi si riempiono di lacrime. Sono come una pecora smarrita dal gregge ». Un altro vecchio contadino invece ha riecheggiato in perfetta innocenza il tema di fondo di un classico della sociologia moderna. La folla solitaria di Riesemann. Pure lui era andato a Torino per seguire i figli e ne è tor nato dopo pochi mesi. « Mi mancava (ha spiegato) il riconoscimento ». In paese co nosce tutti ed è conosciuto da tutti, a Torino aveva rapporti solo con i figli; a casa s'annoiava, uscire e vedersi di fronte migliaia di facce sconosciute lo riempiva Ulve ce d'angoscia, e del resto dell'attaccamento dei « monlesi » (così si chiamano gli abitami di Mon tescaglioso) per il loro paese ci sono segni innumerevoli. Il caso di Giuseppe Capobiin co non è unico: i risparmi degli emigrati all'estero servono principalmente a comprare o a risistemare la casa. Gli assegnatari della riforma agraria in pianura si sono rifiutati in blocco, coti vari pretesti. di vivere nelle case che l'Ente gli ha costruito. Alla sera for nano tutti in paese, soprattut lo perché, il senso della vita in comune si traduce in un costume di vera e propria so lidarietà sociale, n bracciante disoccupato ^ T'T ^ Un complicatissimo sistema è tenuta ad aiutarsi rectvroconiente, e difatti a Montescaglioso non si vedono mendicanti. Tra i contadini c'è l'uso — detto it a retenna » — di scambiarsi giornate di lavoro. Ci sono inoltre altre cose che contribuiscono a questo senso di vita associa la: i bambini che giocano per strada protetti e amici di tutti, le chiacchierate da finestra a finestra: e le interminabili discussioni la sera degli uomini sulla piazza e sul corso del paese. Un paese tranquillo Sono cose importanti: i carabinieri mi dicono che Montescaglioso ha uno degli indici di criminalità più bassi d'Italia. Noti si registra un fatto di sangue dalla fine del la guerra, praticamente sono sconosciuti i furti, non esistono alcoolizzati. pochissimi ì suicidi. Eppure dietro questa situazione tranquilla c'è una storia tragica. Il paese (che si affaccia sulla Piana di Metaponto) per secoli — forse millenni — è stato oppresso dalla malaria, scomparsa solo con la fine della guerra, fame e miseria, un po' alle viatc adesso ìall'emigrazione, hanno fatto prole del destino collettivo dei montcsi. Ciò non toglie che siano riusciti a costruii'e — forse perche obbligati a farlo dalle stesse difficoltà delle loro condizio ni — una comunità integrata e umana « F. «?li uomini. — ha scritto uno dei maggior: urbanisti viventi. Lewis Munì lord — possono costruire quanti agglomerati urbani vo gliono. Ma non sanno come costruire artificialmente delle comunità vive ». Nicola Caracciolo

Persone citate: Giuseppe Capo, Giuseppe Capobiancotornato, Giuseppe Capobiin, Luigi Bianchi