Straziante racconto della madre della studentessa uccisa a Roma di Guido Guidi

Straziante racconto della madre della studentessa uccisa a Roma Il processo per il delitto commesso "in stato d'ipnosi,, Straziante racconto della madre della studentessa uccisa a Roma « Mia figlia mi telefonò: "Mamma vieni, mi ammazza". Mi precipitai a casa sua. Li trovai già rappacificati, ma lei aveva un cerotto sul sopracciglio » - La donna non si è costituita parte civile ma ha dichiarato: « Quest'uomo appena uscito dal carcere si è unito con un'altra. Non capisco come possa avere avuto tanto coraggio. Tutto questo è disumano » (Nostro servizio particolare) Roma, 12 febbraio. Carla Torti, la vittima: aveva 24 anni quando fu uccìsa da Marino Vulcano con il quale era andata a vivere da circa due anni; era madre di un bambino e di lì ad un mese ne avrebbe avuto un secondo. Chi fosse e quale sia stato il suo dramma vicino ad un uomo tormentato dalla nevrosi lo hanno spiegato oggi ai giudici della Corte di Assise i suoi genitori: Bruno e Lina Torti. Non si sono costituiti parte civile limitandosi ad intervenire nel processo soltanto in veste di testimoni. Ma si sono pentiti dì essere stati così generosi: ore se fosse possibile si comporterebbero in modo diverso. Una notizia li ha sconvolti e li ha angosciati: che Marino Vulcano non appena liberato dal carcere dopo due anni di detenzione si sia dimenticato rapidamente di Carla Torli per unirsi con un'altra donna ed avere da lei altri due figli. « Ho sempre sperato — ha detto oggi ai giudici la madre di Carla Torti — che mia figlia fosse morta per disgrazia e questo ci ha indotto a non costituirci parte civile. Ma quando ho saputo che quest'uomo, appena uscito dal carcere con quel fardello sulle spalle, ha -dimenticato tutto quello che è accaduto, anche che aveva un figlio al quale non poteva dare un nome e si è unito con un'altra donna... non capisco, davvero, come quest'uomo possa avere avuto tanto coraggio. Tutto questo è disumano ». Bruno e Lina Torti (lui è un funzionario della Federconsorzi, Iva 61 anni; lei ne ha dieci di meno) cercarono con tutte le forze dì impedire che Carla seguisse Marino Vulcano. Ma ogni tentativo fu inutile. La ragazza era innamorata ed un giorno disse loro bruscamente che sarebbe uscita di casa. La convinsero a trasferirsi in Inghilterra nella speranza che la lontananza servisse a qualcosa. Dopo qualche mese, Carla rientrò in Italia e non passò neanche a salutare i genitori: era andata a vivere con Marino Vulcano. «Io — ha raccontato oggi Bruno Torti ai giudici — rimasi senza fiato e francamente non seppi che rispondere in un primo momento. Poi, consigliai alla signora Vulcano di presentare una denuncia. La sera parlai con mia figlia la quale mi rispose che da quel momento non sarebbe più tornata a casa e se le avessi impedito di uscire si sarebbe uccisa». « Ho rivisto mia figlia soltanto dopo qualche mese — ha aggiunto — quando telefonò per avvertirci che Marino Vulcano aveva avuto un gravissimo incidente automobilistico a Montefiascone. Confesso che egoisticamente, mi sono augurato che Vulcano morisse pur di riavere mia figlia. Comunque, finimmo per accettare la situazione: mia moglie ed io non potevamo fare altrimenti. Ma non posso dire che i rapporti fra mia figlia e Vulcano siano stati sempre felici: ho saputo che spesso scoppiavano dei litigi fra loro ». Presidente — E' vero che Vulcano le scrisse una lettera dal carcere? « E' vero — ha spiegato Bruno Torti — ma l'ho gettata via. Mi chiedeva perdono, mi diceva che avrebbe vissuto sempre per suo figlio, mio nipote: ed è per questo che non mi sono costituito parte civile. Era una lettera strana, però... parlava di tre lumi lasciati nella sua casa in via Valdagno a Roma... non l'ho capita e l'ho distrutta ». Lina Torti sa qualcosa più del marito. Ha vissuto il dramma di sua figlia più da vicino. Cercò disperatamente di indurla a non prendere una decisione affrettata. « Ma Carla — ha spiegato la signora — fu irremovibile. Disse che era innamorata ». Presidente — Quali erano le condizioni economiche di Vulcano? « Pessime — ha replicato la signora — Vulcano non aveva un quattrino e mia figlia, soprattutto all'inizio, fu costretta a vendere i suoi oggetti d'oro ». Presidente — E i rapporti fra i due quali erano? « Non posso dire che fossero cattivi — ha precisato la signora — ma un pomeriggio ricevetti una telefonata a Milano. "Mamma, vieni — mi disse — perché Marino mi ammazza". Presi il primo aereo, arrivai a Roma, mi precipitai a casa di mia figlia. Si era rappacificata con l'imputato (la signora non ha mai chiamato Vulcano per nome ma ogni qua! volta ha fatto riferimento a lui lo ha indicato come "l'imputato") ma aveva un cerotto sul soprac¬ ccsplcq ciglio. In un primo momento cercò di farmi credere che si trattava di un foruncolo; poi ammise che l'imputato le aveva fatto battere il capo contro il lavabo del bagno ». « Ma non c'è stato soltanto questo episodio di violenza — ha ricordato il presidente — lei in istruttoria ha detto anche di avere notato che-sua figlia in un'altra occasione aveva un labbro gonfio ». « E' vero — ha ammesso la signora — ed è anche vero che l'imputato con uno schiaf- fo le aveva fatto saltare la capsula di un dente. Io cercai di convincere mia figlia a lasciare l'imputato, ma tutto è stato inutile ». Presidente — Lei ha avuto modo di constatare quali fossero gli effetti del sonnifero su Marino Vulcano. Vuole spiegarceli? « Erano effetti terribili, disgustosi — ha ricordato la signora — l'uomo diventava come un ebete... Una cosa terrificante... Non si reggeva in piedi, era privo di volontà, faceva' pena... Mia figlia era costretta a trascinarlo a letto e a spogliarlo ». « Vulcano — ha voluto sapere il giudice a latere dott. Volpari, molto interessalo all'atteggiamento dell'imputato sotto l'effetto del sonnifero — mostrava di essere un automa o era assolutamente privo di forze? ». « Era assolutamente privo di forze — ha precisato la signora mentre il p.m. dott. Pianura annotava la circostanza che avalla la tesi dell'accusa per cui Vulcano prima ha sparato e poi ha preso i sonniferi per crearsi una giustificazione ed un alibi — mia figlia doveva trascinarlo nella stanza da letto ». « Senta Vulcano — ha voluto sapere a questo punto il presidente come se l'idea gli fosse balenata all'improvviso non appena è uscita dall'aula la signora Torti — lei ha sempre sostenuto che prendeva sonniferi perché aveva bisogno di dormire e di essere quindi fresco di energie per il suo lavoro. Lei dopo essere uscito dal carcere nel dicembre 1966 perché assolto dal giudice istruttore è tornato alla sua attività, è tornato quindi a lavorare sodo. Ha continuato a prendere sonniferi? ». « Ma... veramente... », ha cominciato Vulcano dando l'impressione di non saper rispondere. ii Dica: sì o no », lo ha richiamato bruscamente il presidente. Vulcano — Ma veramente... io... « Che cosa aspetta: il suggerimento di qualcuno? — ha incalzato il presidente. — Risponda: sì o no ». « No », si è deciso ad ammettere Vulcano. Domani, intanto, sarà il turno di Sebastiana Papi, la moglie di Marino Vulcano. Guido Guidi Roma. Al processo contro Marino Vulcano, depone Bruno Torti, il padre della giovane uccisa (Tclefoto Ansa)

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Milano, Montefiascone, Roma