Regione, che cosa potrà fare

Regione, che cosa potrà fare Continua il dibattito dopo la tavola rotonda de «La Stampa» Regione, che cosa potrà fare L'avvocato Gianni Oberto: «Essa non deve essere una semplice sommatoria delle province, ma l'organo programmatore dello sviluppo socio-economico dell'intero territorio, in collaborazione con le regioni confinanti » - Il prof. Nello Renacco: « Il compito principale è quello della pianificazione territoriale » Per conoscere che cosa la Regione piemontese potrà fare con i 60 miliardi che le sono stati assegnati con la legge finanziaria regionale e quali sono i problemi che dovranno essere affrontati con priorità, La Stampa ha organizzato una « tavola rotonda » (pubblicata sabato scorso) alla quale hanno partecipato economisti, studiosi e sindacalisti. Nella discussione intervengono ora il presidente dell'Unione delle province piemontesi, avv. Gianni Oberto, e il presidente del Comitato per la programmazione regionale, prof. Nello Renacco. Oberto ritiene che la nascita della Regione non renda necessaria la soppressione delle province « che hanno 110 anni di vita e -un patrimonio di esperienza che sarebbe stolto " bruciare " ». Circa i compiti egli afferma: « La Regione, per nascere viva e vitale, non deve essere una semplice sommatoria delle province e non deve prefigurarsi come uno Stato, con la sua capitale, ma come un complesso di aree il cui sviluppo deve essere armonico ed uniforme. Perciò la Regione deve essere soprattutto l'organo programmatore dello sviluppo socioeconomico dell'intero territorio, in collaborazione con le regioni confinanti ». L'avv. Oberto afferma che i 60 miliardi « sono inadeguati, anzi insufficienti». «Si pensi — prosegue — che la somma dei bilanci delle sei province piemontesi ammonta, come entrate tributarie, prestiti, alienazioni ecc. ad oltre 80 miliardi. Per un vero decentramento ed una reale autonomia della Regione il discorso finanziario è fondamentale e va ulteriormente approfondito ». Il presidente dell'Unione province piemontesi avanza un'altra critica: « Sembra che le Regioni, dopo essersi date lo Statuto, debbano attendere un paio di anni prima di poter concretamente emanare leggi e regolamenti nelle materie di competenza. Attendere due. annj è. deludere le aspettative delle popolazioni, anche se è doveroso frenare alcune attese miracolistiche, e può dare una perniciosa sensazione d'inerzia». Sul problema del personale della futura Regione l'avv'. Oberto dichiara: « La Regione non dovrà essere la raccolta pletorica di un'altra burocrazia ma, per la fase di esecuzione operativa, dovrà servirsi delle province, nella rinnovata struttura che esse assumeranno in relazione alla creazione della nuova realtà regionale. Saranno proprio gli attuali funzionari delle province ad essere chiamati ad operare in tale direzione. E' importante che la burocrazia d'impianto della Regione creda nella realtà regionalistica e collabori con entusiasmo e intelligenza a porre le basi del nuovo ente, senza frenanti resistenze». Il presidente del Comitato per la programmazione piemontese prof. Renacco afferma: « La Regione non nasce come " centro studi " di astratti impegni ideologici, né come semplice organo esecutivo delle responsabilità che lo Stato ha avuto finalmente la generosità di delegarle. Nasce, invece, come ente che deve assumersi precise responsabilità nei problemi del coordinamento del territorio e delle priorità ». Tra i « compiti nuovi » il prof. Renacco indica « l'adeguamento della struttura pubblica alle esigenze sociali e il coordinamento degli interventi pubblici con quelli privati, oltre alle "grandi scelte" che devono essere fatte per la casa, la scuola e il servizio sanitario per la popolazione ». Che cosa significa coordinare le iniziative pubbliche con quelle private? Alla domanda il prof. Renacco risponde: « Significa prendere decisioni razionali, cioè capaci di rispettare l'interesse dominante delle popolazioni servite. Significa non correre più — con strade e fogna-' ture, illuminazione e telefono — dietro alla logica del puro "profitto" facendo pagare ai contribuenti il costo di queste speculazioni sbagliate. Significa avere il coraggio delle scelte prioritarie, non per rinunciare a forare le montagne, ma per costruire case prima che autostrade o superstrade ». Il presidente della programmazione prosegue: « In una regione come la nostra, nella quale ^sussistono ancora profondi squilibri territoriali, è chiaro che il compito principale è quello della pianificazione territoriale. Sinora infatti gli insediamenti industriali hanno praticamente condizionato lo sviluppo del Piemonte, ed i essenziale che le nuove localizzazioni e l'ampliamento degli stabilimenti esistenti — con i quali sono in diretta relazione gli insediamenti residenziali — osservino una più razionale programmazione del territorio ». Il prof. Renacco conclude: « Per industrie che operano sulla scacchiera internazionale, come quelle che abbiamo in Piemonte, non credo che il problema di "risparmiare sul territorio " possa ancora essere considerato essenziale. Senza contare che le economie di scala non sono soltanto quelle che si possono realizzare sul piano industriale: esistono economie di scàia la cui misura è l'uomo, ed è la fatica di quest'uomo che dobbiamo risparmiare ». Sergio Devecchi

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