Nasser ha i Mig, non i piloti di Igor Man

Nasser ha i Mig, non i piloti L'EGITTO VUOLE OTTENERE LA "COPERTURA AEREA,, SOVIETICA Nasser ha i Mig, non i piloti Le incursioni israeliane hanno confermato la debolezza dell'aviazione egiziana, malgrado il gran numero d'apparecchi - In un viaggio-lampo a Odessa, il presidente ha chiesto ai russi di mandargli missili antiaerei e almeno 200 piloti - Ma pare improbabile che l'Urss accetti un rischioso intervento diretto nella guerra (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, febbraio. « Un'amicizia più grande e alta della diga di Assuan, più solida delle Piramidi »: così vengono esaltati i rapporti fra Mosca e II Cairo. Ma la celebrata amicizia è in crisi; sono stati gli israeliani a guastarla rispondendo, da un mese a questa parte, con la « strategia della penetrazione » alla « guerra d'usura » lanciata da Nasser nell'aprile del 1969: raids aerei e di commandos nel cuore dell'Egitto, «furto» di radar, ecc. Nasser, nel suo viaggiolampo a Odessa (fatto, pare, subito dopo il bombardamento di Meadi, sobborgo del Cairo) ha chiesto ai russi « di uscire dall'ambiguità ». Il rais ha sollecitato l'invio in Egitto di almeno duecento fra piloti e specialisti sovietici, nonché missili terra-aria per contrastare le Incursioni israeliane. Invero il morale della popolazione (33 milioni secondo gli ultimi dati) non è stato scalfito dall'escalation israeliana, ma preoccupa quello delle forze armate. I soldati, al contrario dell'uomo della strada, sanno esattamente come vanno le cose; frustrazione e sgomentò travagliano i giovani ufficiali. E un regime che, come il nasseriano, poggia sui militari, non può non tenerne conto. I «sub» a Eilat Risultato della visita-lampo a Odessa fu la nota di Kossighin agli occidentali. Ferma, persino aggressiva, non sembra tuttavia aver raggiunto l'effetto sperato, visto che Nixon ha risposto con altrettanta fermezza: Per 48 ore o poco più gli israeliani si sono astenuti dal bombardare il territorio egiziano, la Rau ha compiuto una riuscita azione di sabotaggio nel porto di Eilat, colando a picco una nave appoggio e danneggiandone un'altra. Ma l'euforia della stampa egiziana e le speranze di Nasser si sono dissolte quando i cacciabombardieri israeliani hanno ripreso le operazioni. Bombardamento di Manqabad e a nord del delta il 2 febbraio; attacco su Tel el Kebir il giorno 6; trenta raids in due ore ad Asyut; il 7 febbraio, centrando in pieno una polveriera ed affondando un dragamine di 800 tonnellate, con 80 uomini, a Ghardaka; bombardamento l'8 febbraio su Insass, dove nell'ex riserva di Faruk è il centro egiziano di ricerche nucleari, e incursione a bassa quota su Heluan, il grande complesso siderurgico alla periferia del Cairo, con danni alla fabbrica d'automobili Nasr. Morti, feriti, incendi, le ambulanze che non bastano, il plasma insufficiente. La replica di Gerusalemme all'azione di Eilat è più dura del previsto. Mentre gli israeliani picchiano su Heluan, Nasser è riunito intorno al tavolo con gli altri partecipanti al « piccolo vertice » dei paesi arabi più direttamente impegnati nel conflitto: il sudanese Numeiri, il siriano Atassi, re Hussein di Giordania, il vicepresidente iracheno Ammache. Le bombe da 500 chili esplodendo fanno tremare i vetri del palazzo presidenziale di Heliopolis, a quel che si dice, proprio mentre Nasser sta illustrando « l'unica soluzione valida » (gli aiuti russi) per sopperire alla terribile inferiorità aerea. E il « piccolo vertice » concorda sulla necessità di riproporre all'Urss l'urgenza d'un suo intervento diretto nella « lotta comune contro l'imperialismo»: duecento fra piloti e tecnici russi e batterie di missili terra-aria, così da garantire almeno la copertura aerea del « fronte interno ». Un mini-intervento, è ovvio, che tuttavia significherebbe per i sovietici prendere direttamente in mano la difesa della Rau. L'indomani, 9 febbraio, i giornali pubblicano il testo integrale dell'intervista di Nasser a una stazione televisiva americana. E non a caso, considerando certe parole del presidente: « Se l'America continua ad armare Israele, è normale che l'Urss ci fornisca i mezzi di difesa più perfetti. Noi abbiamo più aerei che piloti, gli israeliani dispongono di due piloti per aereo poiché possono valersi di piloti provenienti dagli S. U., dalla Francia, dal Sud Africa facendoli venire come immigrati o soltanto perché ebrei. Noi non abbiamo possibilità del genere ». (Anche nel comunicato finale del « piccolo vertice » si tornerà su questo tema). Quasi un ricatto La dichiarazione di Nasser vuole esercitare una nuova pressione sull'Urss e far riflettere Nixon (alla fine di febbraio dovrà decidere sull'invio dei «Phantom» a Israele), oppure intende preparare l'opinione pubblica all'arrivo dei piloti sovietici? Come sempre, i pareri degli esperti sono discordi. C'è chi crede di poter affermare che la Russia stia per decidersi al gran passo, sostenendo che la Rau è per Mosca importante quanto la Cecoslovacchia: l'Egitto è il «ventre molle» del Medio Oriente, e quindi la sua perdita pregiudicherebbe la strategia mediterranea dei sovietici, la lenta e fruttuosa opera di infiltrazione ideologica nella regione. Altri dubitano, invece, che i russi vogliano imbarcarsi in quest'avventura con il rischio di un conflitto internazionale. Tutt'al più l'Urss si deciderebbe a uscire dall'ambiguità che sta guastando i rapporti con l'Egitto, decidendosi a fornire armi più sofisticate di difesa (radar, missili, antiaerea) e soprattutto a impartire un addestramento più efficace ai pi¬ loti egiziani, dotandoli dei nuovissimi equipaggiamenti senza dei quali i « Mig 23 » perdono metà della loro efficacia. Nasser lamenta di avere più aerei che piloti. In realtà i piloti li ha, ma non sono allenati al combattimento. Allo scoppio della guerra del '67 l'Egitto poteva contare su sei, settecento piloti in grado di levarsi in volo: se l'Urss, durante questi tre anni, avesse voluto addestrarli a regola d'arte, oggi ì migliori fra essi sarebbero capaci di contrastare dignitosamente gli israeliani. Per fare un pilota « completo » bastano in media due anni, ma di addestramento duro e serio, continuo. Su cento allievi egiziani, 98 sono usciti dalle varie accademie russe col brevetto di pilota dopo un solo anno di corso: dunque i russi non gli hanno fornito una preparazione compiuta. 500 mila uomini Dopo la guerra dei sei giorni, l'Urss ha intrapreso una paziente trama d'investimenti politico-militari nel Medio Oriente. Solo per riarmare l'Egitto ha speso due miliardi e mezzo di dollari, il doppio del materiale perduto dagli egiziani. Mosca ha dato molto a Nasser: quattromila « consiglieri » (un vero e proprio stato maggiore « parallelo ») di cui dieci morti nel 1969, aerei, radar, sottomarini, vedette Komar, missili. Ma non ha dato tutto quello che la Rau chiedeva e seguita a richiedere: niente «Mig 23» (peraltro sembra non ancora « operativi » neanche in Russia), né missili terra-terra a media e lunga gittata. Soprattutto è chiaro che l'Urss ha evitato di mettere le forze armate egiziane in grado d'assumere l'iniziativa. Lo stesso addestramento alla difesa è stato volutamente mediocre, come i rovesci fin qui subiti dimostrano. L'Egitto ha 500 mila uomini sotto le armi (fra reparti di prima linea, riserve e servizi), duecento carri armati pesanti, 650 medi e 50 leggeri, 150 cannoni semoventi, 400 aerei di vario tipo, 12 sommergibili, 6 cacciatorpediniere, una ventina di motovedette lanciamissili. Le forze d'Israele includono 268 mila uomini in caso di mobilitazione totale, mille carri di vario tipo, 300 cannoni semoventi, 325 aerei da combattimento, circa un centinaio di rampe di lancio per missili « Hawk »; la marina è ancora in formazione. Lungo il Canale, l'Egitto schiera almeno centomila uomini, 75 mila sono raccolti intorno al Cairo, altrettanti sono dislocati nel resto del paese. Israele fronteggia questo schieramento con due sole brigate; non più di cinquemila uomini stanno sulla linea fortificata Baar-Lev, che non è di sbarramento bensì d'avvistamento, penetrabilissima. Circa ventimila uomini sono distribuiti sugli altri fronti. In teoria gli egiziani potrebbero attraversare il Canale in qualsiasi momento, ma sarebbe un suicidio, perché mancano di copertura aerea. Gli israeliani mobilitati sono pochi, ma di alto livello e l'esercito è pressoché autosufficiente. Israele produce armi; e se ogni soldato israeliano è un'« ottima macchina bellica », sono bravi soprattutto i piloti. Solo i piloti sovietici potrebbero salvare l'Egitto. Ma, a parte ogni considerazione politica, vorrebbero i russi scontrarsi con i piloti d'Israele? Certo una decisione è urgente: la crisi in Egitto potrebbe precipitare prima di quanto non s'immagini e Nasser, una volta messo con le spalle al muro, potrebbe giocare il tutto per tutto. Igor Man Canale di Suez. Un soldato israeliano nella prima linea fortificata (Foto Grazia Neri)