Un modello italiano di commedia psicologica

Un modello italiano di commedia psicologica Un modello italiano di commedia psicologica « Con quale amore, con quanto amore » di Festa Campanile è (Cristallo) - Dopo aver pagato tributi al cinema afrodisiaco (e qui sarebbe difficile perdonargli La matrìarca). Pasquale Festa Campanile se n'è lodevolmente stornato, poco fa con un film « difficile » (Scacco alla regina), e ora con un film intelligentemente piacevole come Con quale amore, con quanto amore, desunto da un'idea dello stesso regista e dello sceneggiatore Ottavio Jemma. Idea che non sarà nuova in senso assoluto (basta pensare al Divorcons di Sardou), ma è piuttosto insolita nella casistica del cinema contemporaneo, dove la figura, del marito, in quanto marito, è o saltata o depressa. Perché appunto di questo si tratta: un marito, prima ingannato e poi lasciato dalla moglie, riprende quota nel cuore di lei e vi trionfa dell'amante, relegandolo in quella seconda luce ch'era già stata la sua. S'intende che Festa Campanile non ha fatto le cose così semplici; come anche che non ha abboccato all'amo né della commediola brillante (o peggio della pochade) né della commedia d'anime o intimistica: egli ha celebrato il suo epitalamio tenendolo fermo alla data d'oggi e ritraendovi la psicologia i costumi e i mestieri di oggi, e in tanto Mosciume facendo meglio risaltare il contrappunto dell'osservazione sociologica. Soltanto richiamandoci all'ambiente d'una dolce vita romana, stordita sulle cose essenziali, è infatti ammissibile che Andrea e Caterina, pur coniugati da sei anni, risultino perfettamente estranei l'uno all'altra, e che quei sei anni, a quel modo che non vengono fuori nel film, così non siano mai effettivamente passati nella loro vita. Sono tanto estranei che quando la Caterina fa sapere al marito di averlo ingannato col suo miglior amico Ernesto (e glielo fa sapere icasticamente, mediante una diapositiva), non solo Andrea non fa drammi, ma di buon grado si accinge a restituirle la libertà; e soltanto perché l'amicp, in un certo senso piccato da tanta indifferenza, ve lo tira per i capelli, egli ha con lui una freddissima cazzottatura. Ma quando i coniugi, oramai separati e tuttavia « buoni amici », secondo prassi, si rivedono in società (quella società che il regista ha fatto benissimo a rappresentare con parsimonia, toccandola appena nei gangli più idioti), allora Andrea, guidato dalle reminiscenze e da un certo pudore che la moglie gli aveva dimostrato dopo consumato l'adulterio, a poco a poco riscopre Caterina, se ne invaghisce dalle fondamenta, la contende con mezzi e mezzucci all'invidiato rivale, entra insomma nella calda pelle dell'amante. E' una finezza del film che l'amante vero, Ernesto, non faccia figura di allocco, ma chiaramente si I accorga di diventare un impaccio e se ne dolga. Se ne duole non solo per l'amore 1 che porta a Caterina, ma per la stessa amicizia che ha per Andrea, amicizia fatta di affinità di mestiere (Andrea architetto, lui designer) e di medesimezza in fatto di gusto femminile (Caterina). Lambita cosi la problematica dell'amore di gruppo, il film sanamente se ne ritrae riprendendo il filo d'una commedia spiritosa, che infoscandosi a un certo punto di « giallo » (il marito è quasi tentato di togliere dal mondo quel terzo incomodo di Ernesto) si rischiara poi coll'intelligente rinuncia di quest'ultimo a lottare e conseguente sparizione dalla scena. Nel sunto non abbiamo fatto troppo posto a Caterina, perché è ovvio ch'ella segue punto per punto il processo del marito, scoprendo a sua volta il fascino di lui e al tempo stesso la propria natura di donna dabbene. Piace rilevare che Con qua¬ lossdTddsmccACiclCsrim«tssarLU le amore, con quanto amore, ottimamente rifinito come spettacolo, chiama in causa i sentimenti senza niente perdere di malizia moderna. Tanto che gli auguriamo di diventare un capofila, cioè d'insegnare a portare nel nostro cinema, e a trattarla con modi nostri, l'eleganza della commedia psicologica francese e dello stesso feuilleton. A quella pensosità che Festa Campanile s'è dato cura di imprimere nella sua favola coniugale, molto conferisce l'eccellente interpretazione di Claude Rieri, superiore, non soltanto nel « ruolo », al corretto ma non profondamente interessato Lou Castel. Sfumata e saldissima è poi la « Caterina » della Spaak, nitido ritratto di giovane signora romana a fiore di sé stessa, con in più quel solito non so che. che potrebb'essere, agli angoli della bocca, lo spirito senza tempo di Monna Lisa. 1. p.

Persone citate: Claude Rieri, Cristallo, Festa Campanile, Lou Castel, Ottavio Jemma, Pasquale Festa Campanile, Spaak