Il patrizio e l'ex amico decisero di accidere il filatelico di Brescia di Giuliano Marchesini
Il patrizio e l'ex amico decisero di accidere il filatelico di Brescia La parte civile chiede giustizia per la vittima Il patrizio e l'ex amico decisero di accidere il filatelico di Brescia Così sostengono i patroni dei familiari del commerciante assassinato - « I due complici concertarono il progetto, ma non per un raggiro: era, invece, il piano di un omicidio. Siano quindi condannati alla pena che la Corte riterrà più opportuna» (Dal nostro inviato speciale) Brescia, 9 febbraio. La morte di Battista Zani: un uomo di 62 anni, meticoloso commerciante di francobolli, attirato con la sua cartella di merce preziosa in una villetta immersa nel silenzio, aggredito selvaggiamente e soffocato, poi gettato nel lago con una pietra ai piedi. Al processo in Corte d'Assise contro il conte Tebaldo Martìnengo Cesaresco e Giuseppe Piccini, accusati di omicidio premeditato a scopo di rapina, oggi si parla di questa fine atroce, cui andò incontro il tranquillo filatelico bresciano. La lunga sfilata dei testimoni si è conclusa. Adesso tocca ai rappresentanti di parte civile aprire la discussione, rievocare il sinistro viaggio di Battista Zani, partito con la prospettiva di concludere un buon affare. Il primo intervento è dell'avv. Renato Bianchi. Innanzi tutto il legale consegna al cancelliere l'atto formale di accusa della parte civile nei confronti del giovane patrizio e del suo compagno: siano condannati, è scritto sul foglio, alla pena che i giudici della Corte riterranno più opportuna. Lo chiedono la moglie e i due figli della vittima. I familiari del commerciante non pretendono denaro, vogliono soltanto un risarcimento morale. «Anche se è molto doloroso — esordisce l'avv. Bianchi — è necessario riportare in mezzo a noi tutta l'impressione che questa storia ha suscitato. Un orrore che, necessariamente, è stato smembrato attraverso il rigore delle deposizioni e dei verbali. Ma ora occorre che riaffiori la figura di Battista Zani, un uomo dai capelli grigi che se ne andava in giro con una borsa piena di speranza ». Il 14 marzo 1967. dopo un colloquio con Tebaldo Martinengo, il filatelico acconsentì a farst condurre dal conte in una villetta isolata a Manerba del Garda, dove era in attesa Giuseppe Piccini, che doveva assumere le funzioni di falso acquirente. Battista Zani teneva sotto braccio la sua cartella coti dentro una collezione di rari francobolli del Lombardo-Veneto: un affare piuttosto considerevole. Pochi minuti dopo essere entrato nel salotto, il commerciante crollò sotto un violento colpo al capo, poi l'aggressore gli piombò sopra e gli mozzò il respiro. Con caparbietà e rancore, Tebaldo Martinengo e Giuseppe Piccini si scambiano la responsabilità diretta del crimine. Ma per l'accusa è uno sforzo inutile, perché sostiene che sono egualmente colpevoli. L'avv. Bianchi affronta quindi l'argomento che certamente sarà il più dibattuto in questo processo: quello della premeditazione. Il patrizio e Giuseppe Piccini affermano che il proposito non era quello di uccidere il filatelico, ma soltanto di truffarlo acquistando i francobolli con un assegno a vuoto. Il legale sostiene invece che si trattava di una insidia da tempo preparata con scrupolosa freddezza. « Per un certo periodo — dice — Tebaldo Martinengo "corteggiò" Battista Zani, lo conosceva da molti anni e si mostrò un amico fedele. Poi concertò con Piccini il progetto, ma non per un raggiro: era, invece, il piano di un omicidio ». Anche la soppressione del cadavere, secondo la parte .civile, era minuziosamente preordinata. Il secondo rappresentante della parte civile è l'avv. Tebaldo Sinistri. « Siamo in questo processo — dice — non per uno sterile sentimento di vendetta, ma per difendere tutti coloro che po¬ trebbero subire la stessa orribile sorte toccata a Battista Zani ». Il legale si sofferma quindi a tracciare le figure dei due imputati. Martinengo esce da una delle più vecchie e nobili famiglie bresciane. Ricordando i risultati della perizia psichiatrica compiuta sul patrizio, l'avv. Sinistri lo definisce taciturno, altezzoso, egocentrico. « Dicono che si senta un nobile decaduto e che per questo sia vittima di un complesso. Non è la verità: la sua è sempre stata una vita fatta di ozio: non quella di un "vitellone" intriso di amarezza, ma quella di un personaggio assetato di denaro, facile da trovare e da spendere. Un uomo che è giunto a tradire ferocemente l'amico di famiglia ». Anche Giuseppe Piccini, sostiene il rappresentante di parte civile, non sfugge alle sue responsabilità, sia pure con un giudizio che riconosce in lui « ancora un barlume d'uomo». Giuliano Marchesini Brescia. Tebaldo Martinengo scortato dai carabinieri iiiiiniiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiD
Luoghi citati: Brescia, Manerba Del Garda, Veneto
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