Nevrosi di Leonardo

Nevrosi di Leonardo Tutti gli scritti di Freud sull'arte Nevrosi di Leonardo Viaggiatore, bibliofilo, collezionista appassionato, Sigmund Freud fu un cultore tra i più sottili delle letterature classiche. Il grande clinico, con letture e viaggi, si prendeva vacanze ristoratrici dalle fatiche della ricerca scientifica. Particolarmente durante l'ostile isolamento in cui si trovò durante gli anni che precedettero il primo conflitto mondiale, l'arte e la letteratura furono i campi dove più amò indugiare col pensiero. Fino a maturare la convinzione che proprio l'arte e la letteratura avrebbero potuto soccorrerlo nel diffondere presso il pubblico più vasto i risultati della psicoana lisi. La cultura di Freud è quella di un uomo dell'Ottocento: Sofocle, Shakespeare, Goethe i suoi numi, cui tra i moderni vanno a unirsi, non senza dispetto, Ibsen e Dostoevskij. Per la pittura: Leonardo, Raffaello. Michelangelo. A questi artisti, nei suoi scritti sull'arte (oggi raccolti con vera cura dall'editore Boringhieri in due volumi, Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio), fa ricorso continuo. A Leonardo, a Michelangelo, a Shakespeare ha dedicato pagine tra le sue più limpide e sottili. Per converso sappiamo, dalle sue lettere, che nei confronti dell'arte contemporanea ebbe un atteggiamento di raccapricciata ripulsa. A Karl Abraham, che gli aveva mandato un disegno di un pittore espressionista, scrisse: « Caro amico, ho ricevuto il disegno che presumibilmente dovrebbe rappresentare la sua testa. E' spaventoso. So quale brava persona lei sia e sono tanto più profondamente urtato che una piccola lacuna nella sua personalità come la sua tolleranza o simpatia per /'arte moderna debba essere stata punita così crudelmente ». * * Dei surrealisti, che l'avevano scelto come « santo patrono » (sono parole sue), diceva fossero « puri folli ». Lo convinse solo Salvador Dali che conobbe per insistenza di Stefan Zweig a Londra nel '38: « Il giovane spagnolo con i suoi occhi evidentemente sinceri e fanatici e la sua innegabile maestria mi ha suggerito una diversa valutazione... ». A Freud interessavano i « contenuti spirituali » dell'arte, non i valori formali, e in questo — come anche nei suoi viaggi in Italia e nel coltivare il mito dell'Eliade — fu degno seguace dei Lessing, dei Winckelmann, dei Goethe, cui tanto si deve il consolidarsi di quella linea estetica di stampo liberale e umanistico che ha caratterizzato e informato di sé tutto il secolo XIX. «E' un'ironia della sorte — ha scritto Ernst H. Gombrich — il fatto che l'insegnamento di Freud abbia avuto una funzione determinante nel minare e distruggere questa tradizione ». Freud, nella cultura occidentale, realizza uno scarto di imprevedibili proporzioni dall'umanesimo tradizionale. Pur con tutta la sua cultura ottocentesca, lo scienziato scardinò il presupposto intangibile di quella concezione: che l'uomo fosse tutto svelato a sé stesso. Naturalmente anche nell'evolversi dell'idea dell'arte il suo con tributo non è stato di poco conto, un tale contributo lo si può valutare solo parzialmente in questi scritti. Si tratta, è meglio dire, di un contributo indiretto, verificabile proprio nella misura in cui la psicoanalisi ha rivoluzionato l'immagine totale che l'uomo ha di sé. * * Tra questi saggi, i più giustamente noti — particolarmente Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci — ci paiono proiezioni fantastiche, invenzioni prestigiose, racconti alla Borges, degne tessere di una mai completata Biblioteca di Babele. Freud, ad esempio, si avventura nell'animo di Leonardo, cerca tracce di un presupposto dissesto emotivo, offre la chiave di una nevrosi. Strappato a una madre fin troppo affettuosa in giovanissima età, il pittore della Cena, avrebbe per tutta la vita tentato di soddisfare e sublimare in una divorante ricerca espressiva la carenza dell'affetto. Avrebbe a volta a volta rappresentato negli enigmatici sorrisi delle donne che ritrasse il perduto sorriso della madre. Ha detto Paul Ricoeur, nel suo recentissimo Le conjìict des interprétations, che Freud, * con questo saggio ampio e brillante, sembrerebbe incoraggiare la cattiva psicoanalisi dell'arte, la psicoanalisi biografica ». Fd ha ragione. Alla fine dei conti quel ricordo infantile di Leonardo è affatto aleatorio e, tirato in causa a proposito del mistero del pspspSmishstrcsdsslgFErlsuclltccmapmtispentèbcnfsmspundulssorriso della Gioconda, invece ; ohe chiarirlo lo infittisce. Il det- taglie biografico ci nasconde la | poesia, proprio perché- la poesia nasce dove la vita viene portata a completa combustione. Diciamo questo spinti dallo stesso Freud, quando arriva a parlarci del motto di spirito. Si chiede Freud: quali sono i meccanismi che l'uomo mette in atto se fa dell'umorismo? La sua risposta è che l'umorismo ha in sé qualcosa di « grandioso e nobilitante ». « L'Io rifiuta di lasciarsi affliggere dalle ragioni della realtà, di lasciarsi costringere alla sofferenza, insiste nel pretendere che i traumi del mondo esterno non possono sfiorarlo, anzi dimostra che questi traumi non sono altro per lui che occasioni per ottenere piacere... Respingendo la possibilità di soffrire, l'umorismo s'inserisce nella grande schiera dei metodi costruiti dalla mente umana per sottrarsi alla costrizione della sofferenza... ». L'arte — diciamo per via analogica — è uno di questi metodi: certamente - delicatissimo, e il cui fine è di ridurre a puro piacere, a contemplazione, la contingenza vitale. Così l'opera finisce con l'avere sui disagi esistenziali dell'artista un curioso vantaggio: è contemporaneamente sintomo e cura. Non è la semplice proiezione dei conflitti del suo creatore, come' può esserlo un sogno: è anche il progetto di una possibile com¬ posizione di quelli, e la loro I soluzione in immagine. In tal modo il contenutista Freud ha portato più che un I aiuto all'intendimento stilistico dell'opera d'arte. E' lo stratagemma della forma, la qualità della metafora, l'accoppiamento poco giudizioso di eterocliti materiali espressivi a darci notizie della poesia, non altro. E per aver la riprova, basta leggere il saggio sul Mose di Michelangelo: si scopre come, partendo da un dettaglio, il clinico e critico d'arte arrivi a sciogliere l'enigma di quel marmo. Ci sembrerà allora che Freud vada a congiungersi con lo scultore di cui ci ha parlato: anche lui volto a * soggiogare la propria passione a vantaggio e in nome di una causa alla quale si è votato ». Enzo Siciliano Sigmund Freud: « Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio », Ed. Boringhieri, due voi. pag. 645, lire 6000.

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