Terroristi e bel mondo di Gianfranco Piazzesi

Terroristi e bel mondo Terroristi e bel mondo ("Cocktail con Pantera,, in Usa) David Hilliard, il capo delle « Pantere nere », è un giovane di ventotto anni che da qual che mese vive clandestinamente negli Stati Uniti. La polizia 10 ricerca perché Hilliard, nel novembre scorso, durante un comizio a Sai, Francisco esclamò: « Noi uccideremo Richard Nixon e ogni altro uomo politico che incontreremo lungo la strada della nostra libertà ». Visti i precedenti in materia di assassini politici, la polizia non aveva tutti i torti a prendere sul serio certe minacce. Annunciando, senza ipocrisia, la loro intenzione di distruggere la società americana e confermando in ogni occasione le parole con i fatti, le « Pantere » hanno lasciato a tutti gli altri americani un margine davvero esiguo fra la resa e la repressione. Ma di questo spazio ha fatto tesoro Léonard Bernstcin, il celebre direttore di orchestra, che ha offerto agli scrittori, ai musicisti e ai cineasti convenuti a un suo party, nientemeno che Donald Cox, il «maresciallo» delle « Pantere », il numero due del partito. Dinanzi agli ospiti di Bernstcin, Cox ha difeso la causa di ventuno amici che sono in attesa di processo perché volevano far saltare in aria, a quanto sembra, un'intera stazione di polizia. Cox ha lamentato che da dieci suoi amici, che avevano richiesto la libertà provvisoria, i giudici pretendessero una cauzione di centomila dollari ciascuno, ritenuta eccessiva e soprattutto « discriminatoria ». Gli ospiti di Bernstein hanno subito aperto una sottoscrizione e il direttore d'orchestra ha offerto alle « Pantere » arrestate i proventi del suo ultimo concerto. Il New Yorf^ Times si è indignato di questo connubio fra 11 « bel mondo » e i terroristi e ha lasciato capire che la smania di novità e il gusto del troppo facile anticonformismo rischiano di condurre la jet society su una china pericolosa. Bernstein ha replicato sostenendo che tanto lui quanto i suoi ospiti erano ben lontani da provare simpatie o comprensione verso le « Pantere »; la loro sola preoccupazione era di assicurarsi che la giustizia americana offrisse anche a loro tutti i diritti che spettano a qualunque imputato. Chi ha ragione? Dove finisce la mondanità e dove comincia la moralità? E' arduo stabilire una precisa linea di demarcazione. Il « party con "Pantera" » ormai dilaga; a New York ne sono già stati organizzati o annunciati una dozzina. Tra un cocktail e l'altro, tra una bomba e l'altra, speriamo che diminuisca la tensione razziale. Ma non tutti i frequentatori di queste riunioni di nuovo tipo appaiono personaggi frivoli o incoscienti. Il regista Otto Preminger ha detto:. «Io credo in questo paese, e se le "Pantere" cercheranno di distruggerlo lotterò contro di loro. Ma se le cauzioni per gli imputati sono state stabilite con criteri di discriminazione, è stretto dovere proprio di chi crede in questo paese correggere l'ingiustizia ». Un giovane che aveva promesso di regalare ai poveri alcuni milioni di dollari appena ereditati e che il giorno dopo aveva cambiato idea, per giustificare la sua brusca inversione di rotta non ha trovato di meglio che esclamare: « Ieri sera mi ero drogato troppo ». E queste parole sono state accolte con la stessa indifferenza con cui qualche anno fa si sarebbe ascoltato chi riconosceva di avere alzato un po' il gomito. Negli Stati Uniti gli individui ormai intossicati dall'eroina sono infatti duecentocinquantamila, e si ritiene che dodici milioni di americani abbiano fumato almeno una volta una sigaretta alla marijuana. II progetto di legge che in questi giorni viene discusso al Senato prevede, appunto, pene più lievi per i drogati, come è inevitabile appena una piaga sociale, per dolorosa che sia, rischia di diventare un fenomeno di massa. Quando i drogati sono ormai un esercito, più che reprimere occorre prevenire, e perciò il bill sottoposto al Senato con l'ap¬ provazione di Nixon accorda speciali privilegi agli agenti della squadra narcotici. E' difficile cogliere sul fatto chi spaccia stupefacenti; il corpo del reato può essere fatto sparire in pochi secondi. Per questo motivo gli agenti, una volta provvisti del regolare mandato di perquisizione, avrebbero la facoltà di entrare nelle case sospette « senza bussare alla porta ». « Ma in questo modo — ha esclamato un senatore — un poliziotto può violare l'altrui domicilio senza chiedere permesso, senza annunciale che ha un mandato di perquisizione, e senza nemmeno notificare che è un agente. E' inconcepibile! ». .* * Anche in un paese libero, la difesa della libertà resta un duro impegno quotidiano. Il governo degli Stati Uniti aveva forse cercato di barare al gioco affidando il servizio di reclutamento al generale Lewis Hershey, abilissimo a selezionare per il Vietnam soprattutto quei giovani che si erano distinti nelle « marce della pace » o nella contestazione universitaria. A furor di popolo Nixon fu costretto a inviare Hershey in pensione, ma intanto le reclute da lui selezionate erano già sbarcate a Saigon. « Non ci capisco più niente — ha raccontato un sergente all'inviato di « Newsweek » — fino a ieri i miei ragazzi portavano al collo una croce o l'immagine di San Cristoforo, oggi sono carichi di distintivi hippic. Quando mi salutavano con due dita della mano alzate credevo che volessero vincere; c invece volevano la pace ». Ma il sergente non se la prende, e almeno per il momento anche i suoi superiori sembrano dello stesso parere. « Ogni forma di dissenso cessa sulla linea del fuoco » ha detto un portavoce dell'esercito. Per ora non sono previste repressioni, né « lavaggi del cervello ». E sarebbe davvero consolante il pensiero che perfino in un esercito in guerra si lasci il soldato padrone di pensare come crede. Almeno quando in libera uscita. Gianfranco Piazzesi

Luoghi citati: New York, Saigon, San Cristoforo, Stati Uniti, Usa, Vietnam