Le buste-paga dei tranvieri di Arturo Barone

Le buste-paga dei tranvieri I nostri soldi Le buste-paga dei tranvieri H ministro del Lavoro Donat-Cattin ha convocato per venerdì le parti interessate alla vertenza degli autoferrotranvieri. Tutti si augurano che il suo tentativo di mediazione vada a buon line, ma lutti debbono sapere che si tratta di una vertenza particolarmente difficile. La categoria degli autoferrotranvieri, sebbene non numerosissima (circa 85 mila lavoratori), dispone di un notevole potere contrattuale per il fatto che vi appartengono i 65 mila dipendenti delle aziende municipalizzate di trasporto. I loro scioperi, così frequenti negli ultimi mesi, paralizzando i servizi pubblici, rendono di riflesso ancora più caotico il traffico nelle grandi città. Stipendi «favolosi»? La agitazioni in corso hanno per principale obiettivo il rinnovo del contratto di lavoro, ma mirano anche a potenziare il fondo speciale di previdenza della categoria e ad impostare come problema d'interesse generale il dibattito sulla funzione del trasporto pubblico nei centri urbani. Le rivendicazioni economiche o con riflessi economici sono piuttosto pesanti, comportando aumenti del costo del lavoro dell'ordine del 25 per cento. Le aziende municipalizzate, che sono tutte in perdita per un ammontare complessivo (1969) di almeno 150 miliardi, si sono limitate ad offrire il 5 per cento; i sindacati dei dipendenti, giudicando l'offerta irrisoria, hanno interrotto le trattative a fine novembre e programmato una lunga serie di scioperi articolati. Il disagio delle popolazioni è certo grave, specie dei lavoratori che non dispongono di un proprio mezzo di trasporto, ma ciò non giustifica la fioritura di polemiche scarsamente rispettose dell'obiettività dell'informazione. Si è scritto che il disavanzo delle aziende municipalizzate è dovuto alla cattiva amministrazione: ìl^ personale sarebbe largamente esuberante e troppo ben pagato. Qualche commentatore ha osservato che il salario medio per dipendente — dal direttore generale all'ultimo manovale — supera i tre milioni l'anno; ci si è però dimenticati di aggiungere che si tratta di un salario lordo, comprensivo di tutte le trattenute (pari a circa un terzo del totale) e degli straordinari. 11 grosso del personale viaggiante, invece delle 40 ore settimanali stabilite in contratto, ne lavora in genere una dozzina di più, saltando spesso anche il riposo festivo. E' questo il modo più economico per le aziende per fronteggiare le « punte » di traffico giornaliere senza assumere altri dipendenti. Così si spiegano le bustepa^a di certi tranvieri (intorno alle 150 mila lire nette mensili), che sono giudicate «favolose » da altri lavoratori che non ne conoscono il prezzo in fatica fisica e nervosa. Gli uomini di retrovia Assai meglio pagati, relativamente, sono gli addetti ai depositi che non debbono districarsi nel traffico delle città o far fronte al pubblico delle ore di punta e che tendono invece ad essere in soprannumero piuttosto che a scarseggiare. Ma di questa situazione i primi responsabili sono i parlamentari che, nel 1954, vararono una legge per l'inquadramento del personale di guida e di deposito, che assegnò coefficienti retributivi quasi eguali ad entrambe le qualifiche. Dopo il boom della motorizzazione privata, la fatica del personale di guida è enormemente cresciuta e andrebbe perciò meglio compensata di quella degli uomini delle « retrovie ». E' vero che il personale di guida fruisce di molte ore di straordinario, ma è anche vero che ciò ne aggrava il logorio psicofisico e ne accelera il passaggio a mansioni meno impegnative, quelle appunto svolte nei depositi. D'altra parte, gli autoferrotranvieri godono da lungo tempo — al pari della grande maggioranza dei dipendenti da imprese fornitrici di servizi pubblici — di contratti che subordinano il licenziamento a condizioni ben precise e piuttosto severe. La sola strada per ridurre il personale all'osso è, in pratica, il blocco delle assunzioni, blocco che è stato infatti attuato negli ultimi anni con una certa severità da alcune aziende municipalizzate importanti (Roma, Milano, ecc.). Ma anche questa politica incontra un limite insuperabile nella continua espansione delle arce metropolitane ' che impone l'apertura di nuove linee e la progressiva intensificazione delle frequenze per le linee più trafficate. Per ,coneludere, si può senz'altro ammettere che quella delle aziende municipalizzate non sia un'amministrazione perfetta; che, soprattutto le più politicizzate, tollerino sprechi e indulgano demagogicamente a livelli di tariffe troppo basse. E' tuttavia un fatto che anche le aziende con tradizioni amministrative più solide (come quella di Torino) sono un po' alla volta finite in passivo e che il passivo tende a crescere col crescere della popolazione. E poiché questa tendenza è comune a tutti i Paesi del mondo ad alta intensità automobilistice, occorre onestamente riconoscere che il fenomeno può essere contenuto solo con una maggiore e migliore utilizzazione dei servizi pubblici. Arturo Barone

Persone citate: Donat-cattin

Luoghi citati: Milano, Roma, Torino