Ridotta dall'ergastolo a 30 anni la condanna all'omicida di Arona

Ridotta dall'ergastolo a 30 anni la condanna all'omicida di Arona Il processo in Assise d'Appello a Torino Ridotta dall'ergastolo a 30 anni la condanna all'omicida di Arona Confermata la pena (24 anni e mezzo) al complice - Il delitto la notte del 5 ottobre 1966 Il gestore di un bar fu trovato ucciso a colpi di pistola - Poco dopo i due vennero arrestati La Corte d'Assise di Appello di Torino, ieri sera alle 20,30, modificando parzialmente la sentenza dei giudici popolari novaresi del 3 maggio 1968, ha ridotto a 30 anni di reclusione la pena dell'ergastolo inflitta a Fortunato Cirianni, di 32 anni, già abitante a Novara, ritenuto responsabile di omicidio pluriaggravato e di rapina. La decisione della Corte di primo grado è stata, nel resto, pienamente confermata. Al complice del Cirianni, Giuseppe Di Costa, pure di 32 anni, nato e residente a Ricadi (Catanzaro) sono quindi rimasti i 24 anni e 6 mesi. La medesima sorte è toccata agli imputati minori, che dovevano rispondere di favoreggiamento personale: Giovanna Genoni Chiarion 1 anno; Leonardo Caserta 2 anni e 1 mese; Francesco Aquilano 10 mesi; Ottavio Ruffin 1 mese. Lo stesso p. g.'dott. Benedicti, proponendo la concessione delle attenuanti generiche, aveva chiesto che la pena del Cirianni fosse ridotta a 30 anni. - Il gravissimo episodio di banditismo è stato rievocato in apertura d'udienza, presenti il Cirianni, il Di Costa e, a piede libero, il Caserta. Verso la mezzanotte del 5 ottobre 1966, alla periferia di Busto Arsizio, un giovane entrò nel circolo « San Giuseppe » e consumò due bicchieri di birra e dei biscotti. Alle 0,30, rimasto solo con il gestore, Giuseppe Brazzale, lo sconosciuto si avvicinò alla cassa come per pagare il suo debito. Improvvisamente trasse di tasca una pistola e, puntandola, contro il barista, gli intimò:-» Sono il bandito Giuliano, fuori i soldi»; Il Brazzale, spaventato, uscì sulla strada e il rapinatore ne approfittò per arraffare, dalla cassa, circa 170 mila lire. Poi, di corsa, si avviò verso le vicine scuole, dove un complice lo stava attendendo a bordo di un'auto con il motore acceso. E poiché il barista gli scagliò un bicchiere, il rapinatore gli rispose con un colpo di pistola, probabilmente sparato in aria. Prima di fuggire, il bandito, vinto dalla gola, commise un'ingenuità. Strappò, infatti, da due supporti metanici che stavano sul banco, uria rilanciata di'«boeri », cioccolatini al liquore assai tipici. E furono proprio i « boeri » che consentirono di stabilire un collegamento tra la rapina di Busto Arsizio e il sanguinoso episodio accaduto quella stessa notte ad Arona. Alle 2,15, sul lungolago, in viale della Repubblica 120, la guardia notturna Natale Tavormina notò che una'delle serrande del bar « Trento e Trieste », gestito da Giuseppe Porta e da sua moglie Lidia Agnesina, era parzialmente sollevata. Entrato nel locale, trovò il cadavere del Porta: giaceva supino, ucciso da due colpi di pistola al torace. Su un tavolo, accanto ai resti di alcune consumazioni, c'erano anche due « boeri », della marca e del tipo di quelli sottratti a Busto Arsizio. Ma i sospetti caddero ben presto sul Cirianni e sul suo amico Di Costa anche perché, quella notte, una 1500 color rosso vino, guidata appunto dal maggior imputato, fu vista sia a Busto Arsizio, sia ad Arona. Anzi, verso le 2,15, all'ingresso di Stresa, il Cirianni, a bordo di quell'auto quanto mai riconoscibile, fu multato dalla polizia della strada per eccesso di velocità. L'uccisione del Porta, secondo i testimoni che udirono i colpi di pistola, avvenne verso le 1,30. Anche il comportamento del Cirianni e del Di Costa, nei giorni successivi al fatto, fu assai sintomatico. I due, infatti, si preoccuparono di nascondersi presso compiacenti amici, chiusero la 1500 rossa in un'autorimessa e, in treno, partirono per la Calabria, loro regione di origine. Arrestati, negarono tutto. E ieri, difesi dagli avvocati prof. De Marsico, Murdolo, Dal Piaz e Bedarida, non hanno cambiato idea. Il.p.g. dott. Benedicti, nel sostenere l'accusa, ha tra l'altro sottolineato: « Se questo fosse un film giallo, avrebbe i personaggi giusti.. Non siamo di fronte adonesti cittadini che, per caso, si sono trovati coinvoltì-in un "caso" giudiziario. Cirianni ha un certificato penale che spazia dal furto alle minacce, allo sfruttamento di prostituzione, e Di Costa vanta un tentato omicidio, un'estorsione ed è appellante contro una sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro, che l'ha condannato a 30 anni per omicidio e rapina». Il prof. De Marsico ha insistito sull'insufficienza di prove. « Anche il delitto — ha detto il penalista — deve avere una sua logica. E' assurdo pensare che, un'ora dopo la rapina di Busto Àrsizio, le stesse persone, che hanno da dividersi 170 mila lire, tentino un altro "colpo" ad Arona. a 30 chilometri di distanza. Altrettanto inspiegabile l'atteggiamento del Cirianni che, a bordo di una macchina rossa, con una rapina sulla coscienza, non solo si fa notare da molti, ma riesce persino a richiamare l'attenzione della polizia per eccesso di velocità ». Gli imputati ricorreranno in Cassazione. g. a. Fortunato Cirianni, a sinistra, e Giuseppe Di Costa ieri al processo d'appello (f. Moisio)