Che cosa ha detto Roger Garaudy di Arrigo Levi

Che cosa ha detto Roger Garaudy La crisi comunista in Francia Che cosa ha detto Roger Garaudy (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 20 gennaio. La Pravda ha accusato Roger Garaudy di «opportunismo di destra », « feticismo », « grossolane menzogne »; e non lo ha più chiamato « favoristi». E' il meno che ci si potesse attendere, dopo che Garaudy, cinquantacinquenne professore di filosofìa, membro da 25 anni del Comitato centrale del pcf e da 14 anni del suo Politburo, aveva pubblicato Le grand tournant du socialisme. Il libro incomincia e finisce con le parole: « Non è più possibile tacere ». Garaudy ha deciso di parlare pubblicamente perché alle sue idee, dopo che per tanto tempo era stato maestro di ortodossia nel pcf, non si dava più spazio all'interno di un partito « che considera la sua base come dei minorenni ». La «grande "volta» del socialismo dovrebbe consistere nel rifiuto della politica degli attuali dirigenti sovietici. Costoro, dice Garaudy, «ostacolano non soltanto i cambiamenti divenuti necessari nell'Unione Sovietica, ma qualsiasi tentativo dei partiti comunisti di costruirsi modelli di socialismo corrispondenti alla loro struttura sociale e alla loro storia nazionale... Noi diciamo in modo chiaro ai dirigenti sovietici: il socialismo che vogliamo costruire in Francia non è quello che imponete alla Cecoslovacchia ». Garaudy non si limita a condannare l'invasione, ma dice di volerne «smascherare e combattere senza debolezza i principi teorici'e politici», ossia «le concezioni degli attuali dirigenti sovietici, che voltano le spalle alle esigenze democratiche fondamentali del socialismo nei paesi di alto sviluppo». Questi dirigenti, scrive Garaudy (che pure è stato, come dice lui stesso, « uno staliniano dalla testa ai piedi »), « sono stati formati dallo stalinismo e scelti ai tempi di Stalin secondo i criteri dell'epoca: accettazione dei dogmi ufficiali, esecuzione dall'alto, funzionamento centralizzato, burocratico e autoritario di tutte le istituzioni ». Per lui, anzi, «Breznev è andato di là dallo stalinismo, perché ha invaso la Cecoslovacchia, mentre Stalin almeno non aveva invaso la Jugoslavia; e perché ha applicato a un popolo intero e al suo partito (comunista) i metodi impiegati ai processi di Mosca ». L'analisi di Garaudy è sistematica, i suoi giudizi sono categorici e intessuti di citazioni leniniane; egli sal" va totalmente Lenin, ma condanna totalmente ciò che è venuto dopo. Per il filosofo comunista francese, nell'Unione Sovietica d'oggi « la concezione burocratica, centralizzata e autoritaria rimane il principale ostacolo alla riforma economica, alla democratizzazione politica, alla libertà della cultura». Quanto al futuro, anche se «il male è profondo» egli conserva qualche speranza, ma non eccessiva: « La struttura stessa del regime — scrive — non permette alcuna correzione, alcun cambiamento dell'orientamento politico per una via normale e democratica, ma solo mediante un'esplosione o una rivoluzione di palazzo, come con Kruscev. Non è dunque impossibile che, allo stesso modo, il gruppo dirigente attuale sia un giorno spazzato via e che cominci un rinnovamento... Il contrasto è sempre forte fra le nuove strutture dell'economia e la logica interna della riforma economica, che richiede una vera democrazia socialista, e le strutture politiche e idee logiche che impediscono lo sviluppo. Quale potrà essere l'esito? O il mantenimento del complesso burocratico-militare, sfociante in un neo - bonapartismo reazionario e nella dittatura dell'esercito; ovvero un rinnova¬ mento democratico profondo, che renda al socialismo il suo vero volto ». Al di fuori dell'Urss, secondo Garaudy, «un nuovo socialismo dev'essere inventato ». Il modello comunista alla francese, al quale egli aveva già dedicato un libro due anni fa, somiglierebbe in parte a quelli titoista e dubeekiano; e dovrebbe tenere conto anche dell'esperienza maoista, benché egli giudichi quella cinese «una rivoluzione pervertita ». Ma in gran parte il modello è soltanto abbozzato. Per realizzarlo, Garaudy immagina una grande alleanza pluralistica di partiti e di forze politiche, guidata dal pc e basata sull'incontro storico fra gli operai e la nuova classe rivoluzionaria dei tecnici ed intellettuali. Il mezzo principale per la conquista del potere, più che la « via parlamentare », dovrebbe essere lo «sciopero nazionale», versione aggiornata all'età della cibernetica del tradizionale sciopero generale: il maggio francese ne sarebbe stato il primo, imperfetto esempio. Come quasi tutti gli attuali dissidenti comunisti, Garaudy oscilla fra tentazioni di destra e di sinistra; e chiede, per prima cosa, la democratizzazione interna del partito comunista. Il pcf lo ha condannato ufficialmente, non soltanto per avere « violato i principi dell'internazionalismo proletario », ossia per avere attaccato Mosca; ma anche perché le sue idee « rappresentano una revisione fondamentale del materialismo storico » e conducono «al rifiuto dichiarato dei principi leninisti del partito comunista». Arrigo Levi