La Lombardia "coccola" i giovani agricoltori
La Lombardia "coccola" i giovani agricoltori La Lombardia "coccola" i giovani agricoltori (Dal nostro inviato speciale) Milano, 17 gennaio. In Lombardia è facile, parlando di agricoltura degli Anni Settanta, scivolare nel futuribile. Si sente, nei campi, il passo veloce della metropoli, l'inquietudine del rinnovamento. « Da noi, mi dice un sindacalista, gli agricoltori hanno imparato, per primi in Italia, che i contadini sono preziosi. Vedesse come li trattano ». I vecchi, ormai, sono quelli che sono. Non scappano più. Ma se si vuol mandare avanti l'azienda con un minimo di prospettiva, è necessario reclutare anche i giovani. Quando se ne trova uno, viene coccolato. Che il problema dei rincalzi sia, nell'agricoltura lombarda, un problema serio, l'ha dimostrato recentemente il professor Carlo De Carolis, dando alle stampe un documentato studio dal titolo: « Età dei salariati fissi in provincia di Milano ». Da questa indagine e possibile desumere che, in provincia di Milano, l'età media dei trattoristi è di 38 anni, quella dei mungitori di 45 e quella dei contadini 50. Mentre i trattoristi al di sotto dei 20 anni costituiscono l'8,40'o del totale, i mungitori al di sotto di quell'età sono pari solo all'I,60a ed i contadini al 2,60a. Ciò dimostra ampiamente che il lavoro in stalla o quello generico in campagna sono poco apprezzati dai giovani. « Se le mostrassi il mio personale d'azienda — mi ha detto confidenzialmente il dott. Francesco Groppelli, affittuario sulla cinquantina, inventore del moderno sistema di allevamento delle bovine all'aperto e proprietario di una mandria di 500 capi di razza frisona, a Trucazzano — le parrebbe di essere capitato o in un ricovero o in un ospizio. Sa, si prende la manodopera che c'è. Non si può mica sottilizzare. O mangia 'sta minestra o salta la finestra». L'agricoltura lombarda è trafitta da due lusinghe: gli alti salari dell'industria e il fascino della metropoli, che è lì a due passi. Come si fa a tenere la gente in cascina? Secondo una pubblicazione dell'Istat del 1968, Ut I conti nazionali e territoriali dell'Italia 1965-67»), gli addetti all'agricoltura in Lombardia sono pari solo all'8 O'o della popolazione attiva. Siamo su livelli d'avanguardia, di tipo nord-americano. Nelle altre regioni settentrionali, infatti, questa percentuale è più eie vata: Piemonte 19,2 "a; Emilia Romagna 28,5 "a; FriuliVenezia Giulia 19,4 0a; Trentino-Alto Adige 23,8 "/o. Negli Anni Settanta in Lombardia si produrrà più o meno ciò che si produce oggi, ma con molto meno manodopera. Data la prevalente specializzazione zootecnica, le grandi riconvertite del prossimo decennio, saranno le stalle. L'obiettivo è quello di passare dalle 16 vacche pei mungitore, alle 45-50 vacche. La stalla aperta e la sala di mungitura lo consentono. Il prof. Gian Maria Curto, ordinario di zootecnia presso l'Università di Milano, sta già lavorando per il futuro: consiglia — con metodologie nuove e attrezzature d'avanguardia — di selezionare le bovine non solo in funzione dell'alta produzione di latte, ma anche in funzione della velocità di mungitura, che è un carattere ereditario e quindi dominabile geneticamente. In un futuro non molto lontano, quindi, avremo in Lombardia, delle vacche svelte a farsi mungere. Il problema non è da poco per la Lombardia: in questa regione si produce un terzo del latte italiano e se ne lavorano circa 19 milioni di quintali l'anno. Gli esperti sostengono che negli Anni Settanta, in Lombardia, si assisterà all'esplosione dell' imprenditorialità agricola. Pierluigi Magnasela
Persone citate: Carlo De Carolis, Francesco Groppelli, Gian Maria Curto, Pierluigi Magnasela, Trentino-alto Adige
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