Sempre di moda il Basso Impero

Sempre di moda il Basso Impero IL MITO DI ELIOGABALO Sempre di moda il Basso Impero Una fila di colonne ad emiciclo che racchiude uno spazio assai simile a una vasca. Nella vasca una quantità incredibile di petali di rose, fitti e vorticanti come piume d'oca sfuggiti a chissà quanti cuscini. Sono petali dalle tinte violente e incise con una foga espressiva che contrasta col freddo colonnato dello sfondo. Tra i petali s'intravedono giovani corpi, non sai se di efebi o ragazze, assottigliati da una passione che non si spegne neppure alla gran luce del giorno. In questa tela di Lawrence Ahna-Tadema, famoso pittore di immagini dell'antichità negli Anni Novanta, naufragava uno dei miti dei primi simbolisti, dei parnassiani della metà del secolo. 11 titolo del dipinto è Le rose d'Elwgabalo: ed Eliogabalo, l'imperatore adolescente, col suo corteggio di mamme politicanti, di scultorei schiavi negri, di bambini lussuriosi, aveva turbato la fantasia di un Flaubert, di un Gautier o di un Borei, sempre pronti a segnalare il' morbido, il barbarico, l'isterico e il sanguinario laddove l'avessero sfiorato. L'artista decadente, prima di abbracciare il bizantinismo più incontrollato, come nella pittura di Moreau, 0 nei versi languidissimi di Swinburne, aveva scavato nelle pagine baluginanti d'oro matto e porpora degli storici latini motivi di nostalgia per sovrumane e mostruose figure. Tiberio, Nerone, Caracalla, Eliogabalo vennero additati, o presi a modello, con un'ottica in cui i libri e le idee del marchese de Sade vi avevano molta parte. Eliogabalo in particolare, per quel suo essere sacerdote di cruenti riti solari e capo d'eserciti, ma anche clamorosamente androgino, divenne il simbolo di una inquietante idealità estetica, dove il sesso, la crudeltà e la magia andavano a confondersi in maniera inestricabile. Poi, sul finire del secolo, quando a quella idealità non bastò più la figura di un tale imperatore e altre orge di sensazioni si profilarono all'orizzonte dell'arte, un pittore come Alma-Tadema, col suo pennello classicheggiante e floreale, pensò bene di arredarne la morte sotto quella coltre di rose. Ma, ad occhi più attenti, l'immagine del figlio del Sole avrebbe potuto risorgere sotto auspici culturali affatto differenti. Ha detto Santo Mazzarino che « pareva, questo di Eliogabalo, l'impero del femminismo di alta classe. Le spregiudicate senatrici portavano su 1 loro amanti, talora liberti o schiavi, e la classe dei liberti, nel gran rimescolio, conquistava un predominio già ambito da secoli ». I quattro anni del regno di Eliogabalo (218-222) costituirono l'avvio di una irreversibile metamorfosi politica per Roma. E dunque, estraendo da quel « femminismo » una concezione metafisica, nel 1934 Antonin Artaud proiettò in Eliogabalo i segni della sua utopia. UEliogabalo di Artaud, che l'editore Adclphi ha pubblicato qualche mese fa, è a suo modo un saggio di dottrina politica, in cui viene prospettata una soluzione anarchica ai problemi dello Stato. Ma si tratta di un anarchismo particolare, fondato sull'esplosione che si verificherebbe in una compagine sociale nel momento in cui il tabù del sesso e della morte fosse fatto del tutto crollare. Artaud, attraverso la evocazione di un personaggio storico, ha voluto aggredire la storicità delle convenzioni del vivere civile: ha voluto dimostrare che nel corso del tempo l'uomo può desiderare un tragico superamento di sé stesso tuffandosi nel delirio del sangue e dell'Eros. " Giocando sul pedale della parodia, ma insinuando sospetti che questa parodia ha un risvolto di immediata verità e serietà, Alberto Arbasino col suo recente Super-Eliogabalo (Feltrinelli ed.) ha cercato una riesumazione del mito. Paolo Milano ha scritto che quest'ultimo Eliogabalo è « un balletto raccontato, un musical senza musica, una recita di filastrocche, una " rivista ". pop, e tre o quattro cose di questa vena ». Notazioni tutte esatte: solo che al di sotto del balletto corre un'intenzione anche qui, come nel caso di Artaud, speculativa. Se il mito dell'imperatore ragazzo, per il suo allarmante femminismo, ha attratto Arbasino perché attraverso esso poteva ancora una vòlta rappresentare quella sua idea per cui il reale è sempre parossisticamente mescolato e livellato («Eliogabalo I sei tu la metropolitana j sei tu la Marucelliana I e la Laurenziana I e l'estetica crociana j e la Cavallerìa Rusticana»): gli è servito poi per condurre una sua propria aggressione alla nozione di « storia » in tutte maiuscole («E poi, la stona degli uomini è una storia innaturale... molto inautentica... e scritta malissimo! ... Preferisco le testimonianze non scritte del .rosmarino, della camomilla, del basilico »). Eliogabalo è per Arbasino il veicolo per ridurre la storia all'indistinto naturale: è la lente per osservare la natura come un confusissimo presente. II suo è un Eliogabalo che vive oggi, che è vissuto al tempo suo c nella mente di tutti coloro che hanno voluto ricrearlo: va in wee\-end a Castelfusano come un qualunque giovin signore d'oggigiorno, e riceve ambasciatori dagli angoli più sperduti dei suoi domini. Si dirà che anche i simbolisti e i parnassiani mitizzarono la dècadence latine per specchiare in essa la propria nevrosi e sublimarla. Il caso di Arbasino è diverso: la sua è un'utilizzazione che non si trattiene nei limiti del lirismo e dell'ambiguo. Nel suo libropamphlei i temi del decadentismo diventano bric - à - brac esposti sui banconi di una coloratissima rinascente culturale. Lì Eliogabalo fa naufragio invece che tra i petali di rose di Alma-Tadema, tra flaconi spray e mollette di plastica: e al punto dell'ultimo respiro ci vien detto che tanta torbida insensatezza un suo senso lo hai « Si tratta di una dimensione costante umana,... presente in ogni situazione, negatrice insistente di qualunque illusione circa una storia organizzata come " successione di fasi a una dimensione ", ridicola come il vezzo dell'uomo " tutto d'un pezzo ». Enzo Siciliano

Luoghi citati: Castelfusano, Roma