Interrogate 7 colleghe di Martine e 2 amici di Campagna per trovare prove sul delitto

Interrogate 7 colleghe di Martine e 2 amici di Campagna per trovare prove sul delitto Alla stretta finale le indagini sulla giovane trovata cadavere a Vinovo Interrogate 7 colleghe di Martine e 2 amici di Campagna per trovare prove sul delitto Gli amici del « play boy » avevano affittato la « garsonnière » di via Bona - « Ma il Campagna ci andò una volta sola, con noi e senza Martine » - Indagini su una serratura scardinata e pagata mezzo milione: il fatto avvenne due mesi dopo la tragedia - Il punto sull'inchiesta: un'accusa vacillante, tre indizi incerti, un alibi incompleto - Dichiarazioni del testimone a Johannesburg e di una bagnante di Sanremo Giornata di interrogatori, nell'inchiesta sul «caso Campagna». La polizia ha ascoltato sette amiche di Martine e due travestiti. Le donne hanno chiesto che non venga data pubblicità al loro nome, e il capo della Mobile dott. Montesano, come ha sempre fatto in questi'casi, ha rispettato il loro desiderio. I due « travestiti », invece, non sembrano temere le luci della ribalta. Sono Carlo Cardia, 22 anni, detto « Arianna » e Carlo Catacchlo, 23 anni, detto « Laura ». Quest'ultimo ha testimoniato sul primo incontro di Campagna con Luigi Cimlnlello, trasformatosi in una sofisticata « Silvia », reginetta dello « strip tease », dopo un'operazione a Casablanca. Interrogatori anche davanti al magistrati. Sono comparsi il proprietario della « garsonnière ». di via Bona 47 e i due giovani che l'avevano in affitto. Ecco la storia di questo alloggio, entrato nella cronaca del « caso Beauregard » perché uno dei due è amico d'infanzia di Campagna e una volta lo invitò a entrare, in allegra compagnia. Questa visita risale a un paio d'anni fa. Dice l'amico di Campagna: «Non mi risulta che et sia slato altre volte. Io non. gli ho mal dato le chiavi ». C'è però una circostanza che si è voluto approfondire. La serratura della « garsonnière » venne forzata. « Andò — spiega il teste — cosi: romice con cui condividevo l'alloggio, ed era l'affittuario, si sposò lo scorso luglio. Decidemmo quindi di rinunciare alla " gargonnière ". Ma mancavano tre o quattro mesi alla scadenza del contratto, perciò cercammo qualcuno che subentrasse. Trovammo Alberto Padalino, Il parrucchiere amico intimo di Campagna. Ma, a quanto pare, non pagò regolarmente il canone perché il padrone cambiò la serratura e chiuse l'alloggio a chiave. Alla fine di agosto Padalino, di fronte all'ostacolo Imprevisto, non trovò soluzione migliore che forzare la serratura». Martine era morta due mesi prima, l'episodio non sembra avere alcun peso sulle indagini. Piuttosto, è emerso un particolare strano: la serratura forzata costò cara. L'affittuario dovette risarcirla con mezzo milione. Perché una cifra così alta? Probabilmente c'erano molti affitti arretrati da pagare. Ma 11 particolare sarà chiarito. L'amico di Campagna ha difeso l'Imputato. Ha detto: « Io lo vidi il 22 giugno, cinque giorni dopo la morte dt Martine. Era tranquillo, spensierato, andammo insieme a vedere il "Gattopardo" all'Astor ». Lo scrupolo dell'Inchiesta è tale che si è perfino controllato s« veramente quel giorno, in quel locale, si proiettava davvero il film di Visconti. Ultimo a comparire davanti ai magistrati è stato Alberto Padalino: L'interrogatorio "s è durato due ore; pare che non siano emersi elementi importanti. Facciamo 11 punto sull'Inchiesta per la morte di Martine Beauregard che rischia, nella ridda di nuovi testimoni inutili e neU'inventarlo di tutte le « garconnlères » torinesi, di perdersi in un ginepraio Inestricabile. Diventa sempre più Importante non perdere di vista i fatti essenziali e sgomberare il terreno da quelli superflui, per quanto pittoreschi possano apparire. Il 5 dicembre, cinque mesi dopo la tragedia, Cario Campagna si costituisce e confessa: una disgrazia nel suo alloggio in corso Galileo Ferraris. Era sua colpa? Omissione di soccorso. Ma la perizia sul cadavere rivela: omicidio volontario. Il 3 gennaio, la sera del sopralluogo, Campagna ritratta: «Se non vi va la mia versione, tocca a voi portare le prove ». Perché ha ritrattato? Ci sono due spiegazioni. Primo: l'ha fatto il giorno del sopralluogo. Cioè al momento della verità. La ricostruzione minuto per minuto della serata in cui morì Martine rischiava di mandare in frantumi la tesi dell'omissione di soccorso e di rivelare responsabilità ben più gravi. Non ha voluto correre questo rischio e ha ritrattato. Secondo: la spiegazione che dà lo stesso Campagna. Non capiva quel che faceva, era come oppresso da un incubo: « Sono stato anche ricoverato in una clinica per esaurimento. Ho raccontato una storia cretina, che ha già fatto una vittima: mio padre. Non voglio essere la seconda ». Lancia addirittura una sfida: « Non vi offro nessun punto di partenza. Se sono colpevole, dimostratelo. Tocca a voi ». Su questo punto il suo atteggiamento è ineccepibile. L'imputato è innocente finché non sia dimostrato reo Qltre ogni dubbio. Non deve dimostrare la propria innocenza. E' l'accusa che deve fornire le prove della colpevolezza. Fino a pochi giorni fa, l'accusa disponeva di due prove. La confessione, che legava Campagna al cadavere di Martine, e la perizia che dimostrava responsabilità ben più gravi di quelle ammesse. Ora, la prima è crollata: da molto tempo la confessione non è più « la regi na delle prove » e una confessione ritrattata vale soltanto la carta su cui è scritta, se non è corredata da altri elementi. La perizia torna ad essere sospesa nel limbo dell'inchiesta, senza più nulla che la ricolleghi a Campagna. Bisogna ritrovare un cordone che riallacci Campagna a Martine e alla perizia. Vediamo i fili di cui dispongono gli inquirenti per Intrecciarlo e le forbici di cui dispone la difesa per tagliarli. Accusa. Ha una prova, ma va cillante, e tre indizi. La prova è la testimonianza di Carla Sabbani, che la sera del 17 giugno, alle 23.30 vide Martine salire su una « 125 »' chiara e ne ha riconosciuto il guidatore: « E' lui. Campagna. Lo riconosco soprattutto dalle basette ». E' una prova discussa e discutibile per tre motivi. Primo: procedurale, per il modo con cui l'esperimento è stato condotto senza rispettare le prescrizioni del codice. Secondo, per la contraddizione della Sabbani, che attribuì all'auto, targata Torino, la targa di Chieti. Terzo, perché Campagna si lasciò crescere le basette — pare — dopo la morte di Martine. I tre indizi. Sono i tre errori che Campagna avrebbe commesso. Primo errore: temeva che Ana Belcijàn lo avesse denunciato alla polizia. Ana Belcijàn è la jugoslava seviziata da quattro giovani, che rischiò di morire come Martine. Ma riuscì a fuggire e si rivolse alla polizia. I giornali sottolinearono l'analogia fra 1 due episodi, e Campagna si mise alla ricerca di « Silvia », un travestito amico di Ana, per chiederle se quest'ultima avesse fatto delle ammissioni pericolose per lui. Ma « Silvia » nega di aver mai conosciuto Ana, dice che Campagna la cercava per altri motivi e comunque tre settimane prima della disavventura accaduta alla bella jugoslava. Questo indizio sfuma. Secondo errore. Il giorno dopo la morte di Martine, Campagna si liberò della « 125 » chiara su cui l'aveva imbarcata la sera prima, per 11 timore di essere riconosciuto. Era un'auto a noleggio. Ma non la restituì al noleggiatore: potevano esserci delle tracce. La mise In un garage e ne. affittò un'altra. Risponde Campagna: « IVorc la usai più perché era bocciata ». Ed effettivamente ha una brutta ammaccatura sul cofano. Aggiunge: « Non la restituii perché avevo concordato la tariffa ridotta impegnandomi per un lungo noleggio. La usavano i mici impiegati ». Un altro indizio cho resta nel limbo dell'ambiguità. Terzo errore. Dieci giorni prima di costituirsi, cambiò albergo. Campagna non ha spiegato perché. Ma è un indizio che può avere qualche lieve significato solo se accordato con gli altri due. Sfumato il primo, ambiguo il secondo, anche questo vale quel che vale. Difesa. Dispone dell'alibi al Whisky notte. Un alibi discusso e discutibile. Vale dalla 22,30 alle 23. Oltre quest'ora, diventa nebbioso e impreciso. Anzi. Da Johannesburg. Graziano Stella ci dice per telefono: « Non ricordo bene, ma se devo ricostruire quella serata a lume di logica, posso pensare che il litigio con i vigili avvenne quando uscimmo dal locale. Se ci' fu il litigio, è ovvio che c'era il vigile. Se c'era il vigile, vuol dire che aveva da poco infilato la multa sotto il parabrezza. Se sulla multa sono segnate le 23, vuol dire che erano passate da poco ». Martine salì sull'auto del suo ultimo cliente alle 23,30. Antonia Marasco dice invece: « 71 litigio avvenne quando noi arrivammo, non quando ce ne andammo. E dalle 23, passò più di mezz'ora, perché feci anche qualche ballo con Graziano ». Questa, per ora, la situazione. SI scava ancora, per trovare elementi che facciano pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Dice la polizia: « Abbiamo altre prove, decisive. Ma le teniamo In serbo per il momento cruciale. Non vogliamo rivelarle troppo presto ». Però ora, ha rivelato un piccolo indizio. La testimonianza di una signora di cui si tace il nume. Sanremo, quattro giorni dopo la morte di Martine. La gente si gode il sole. Campagna e la moglie hanno appena affittato capanno e ombrellone. Passa lo strillone con « La Stampa » e i grossi titoli sul delitto dell'Ippodromo. Tutti lo attorniano, comperano il giornale. Campagna no. Campagna s'incupisce, s'arrabbia. Prende la moglie per un braccio e la trascina via! « Andiamocene ». Tutti Io guardano stupiti. n

Luoghi citati: Chieti, Johannesburg, Sanremo, Terzo, Torino, Vinovo