Le fughe da Praga

Le fughe da Praga ANALISI Le fughe da Praga (L'esìlio è ora l'unica protesta possibile per l'infelice popolo cèco) Il turista proveniente da un paese comunista che, al momento di rientrare in patria, si distacca dai compagni e così, senza portar con sé" neppure una valigetta, si presenta alle autorità ilei paese ospitante e chiede asilo politico, è un personaggio cui il mondo occidentale è abituato da un pezzo. Ma per quel che riguarda la Cecoslovacchia il fenomeno sta assumendo proporzioni insolite. Alla fine di dicembre 74 cecoslovacchi, che facevano parte di 'una comitiva di 96 turisti, una volta arrivati in Svezia, si rifiutarono di ritornare a Praga e chiesero asilo al governo di Stoccolma; ai primi di gennaio un'altra comitiva cecoslovacca che stava visitando il nostro paese ha subito emorragia quasi analoga; a Pisa ha perso sei dei suoi componenti; a Milano, ultima tappa del viaggio, ne ha persi altri ventlsei. Trentadue su settanta, circa la metà. I due episodi sono gravi non soltanto perché fra i profughi c'erano esponenti di ogni categoria sociale — tecnici, funzionari, impiegati, operai — ma anche perché tutto lascia supporre che, dopo i recenti giri di vite, le autorità di Praga vaglino con un minimo di attenzione le domande di coloro che desiderano recarsi all'estero. In altre parole, chi riceve l'autorizzazione a lasciare il paese per qualche tempo, è già un « selezionato », un cittadino che agli occhi dei dirigenti dà un minimo di affidamento. Ora se il 50 per cento di queste persone « fidate », piuttosto che ritornare in patria preferisce affrontare i disagi di un campo profughi, i rischi di un futuro Incerto, il dolore di allontanarsi per sempre da quanto ha di più caro, è segno che la situazione in Cecoslovacchia va facendosi più pesante. Che sia grave lo dimostra anche l'intervista-fiume rilasciata il 5 gennaio al Rude Pravo da Gustav Husak, in occasione del secondo anniversario della drammatica seduta con cui il Comitato centrale detronizzò Antonin Novotny. Husak, le cui posizioni politiche non vanno confuse con quelle degli stalinisti, ha criticato apertamente coloro secondo i quali la destituzione di Novotny sarebbe stata un errore politico o peggio un putsch controrivoluzionario. Secondo il segretario del partito quella decisione fu legale, inevitabile e segnò l'inizio della faticosa ricerca di una nuova strada. Ma queste critiche allo stalinismo e ai suoi cupi rappresentanti (rese necessarie dal fatto che molti di essi, approfittando della situazione, stanno rialzando il capo ogni giorno di più), sono state punzecchiature di spillo in confronto a quelle, ben più copiose, che il segretario del partito ha dedicato ai dubcekiani e alla « primavera di Praga ». Egli infatti ha definito una « illusione » il socialismo dal volto umano; ha negato la possibilità di ogni forma di libertà tradizionale da lui definita « spontaneismo »; ha criticato sprezzantemente chi credeva che, una volta abolita la proprietà privata, lo Stato socialista potesse allentare i freni, ha sostenuto la necessità dell'assoluta leadership del partito comunista su tutte le altre organizzazioni politiche e sociali; ha dichiarato inderogabile il principio del centralismo democratico; ha giustificato la teoria sovietica della « sovranità limitata ». Soii concetti difficili da digerire per un popolo maturo come quello cecoslovacco, e infatti Husak non ha avuto difficoltà ad ammettere che alla base, soprattutto fra i sindacati, esistono ancora deviazioni e resistenze. E ha fatto chiaramente capire che ciò renderà necessarie nuove epurazioni. All'intervistatore che gli chiedeva il perché di tante misure impopolari, ha risposto; « Non stiamo prepa rondo un festival per il po polo, siamo intenti a un la varo difficile » Può darsi ma lavorando in questa direzione, non c'è da meravi gliarsi se la percentuale dei profughi si farà sempre più alta. Gaetano Tumiati

Persone citate: Antonin Novotny, Gaetano Tumiati, Gustav Husak, Husak, Novotny

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Milano, Pisa, Praga, Stoccolma, Svezia