Teologia senza Dio

Teologia senza Dio Teologia senza Dio (Il pensiero di Paul Tillich) Tra i paesi di maggiori tradizioni culturali, cui certo il nostro appartiene per antico retaggio, siamo tra i più poveri di vera cultura religiosa. Avviene per la vita religiosa in Italia, se mi si consente un raffronto, quello che avviene per la vita musicale. Roma è il grande centro della Chiesa; italiani furono Ambrogio, Anselmo, Bernardo, Bonaventura, Caterina, Francesco, Gioacchino da Fiore, Tommaso; numerosi e potenti sono gli ordini religiosi, le istituzioni ecclesiastiche. Eppure sono deboli e poco originali gli studi sull'esperienza religiosa e sullo stesso cristianesimo; è svigorita la teologia d'alto livello. L'italiano medio, anche se dotato di buona cultura e cattolico osservante, non ha familiarità con il Vecchio Testamento e neppure con il Nuovo, ignora i classici del pensiero religioso cristiano e non cristiano, si disinteressa dell'arte e della musica-sacre. Vive cioè ai margini di una religiosità che sia vero impegno morale e intellettuale, e non semplice routine o certificato di perbenismo. Qualche segno di risveglio qua e là si avverte, alcune élites propongono e stimolano un risveglio della coscienza religiosa. Ma le « provocazioni * più benefiche vengono soprattutto dalla grande teologia straniera, che oggi non si tira in disparte, ma cerca l'incontro con i non credenti, il dialogo con la scienza e la filosofia del nostro tempo, mescolando il proprio linguaggio con i linguaggi ormai demitizzati e profani dell'uomo moderno. Nomi un tempo sconosciuti o noti solo ad alcuni studiosi specializzati vengono oggi fatti conoscere da iniziative editoriali attente c intelligenti. Teologi di ogni confessione, come Teilhard de Chardin, Romano Guardini, Karl Bardi, Rudolf Bultmann, Oscar Cullmann, Reinhold Niebuhr, Paul Tillich, Martin Buber, cominciano a interessare una cerchia che non può dirsi ampia ma, indubbiamente, non è più il recinto angusto dei rarissimi addetti ai lavori. Alcuni secolari pregiudizi stanno ormai cadendo: ad esempio, il pregiudizio confessionale e etnocentrico di una religiosità chiusa e antiecumenica che custodisce gelosamente i propri irrigiditi dogmi e riti, il proprio dio quasi tribale. Oppure il pregiudizio autoritario di un Dio irraggiungibile, padrone e desposta, remoto dagli uomini, incomprensibile dalla forma mentis di un uomo contemporaneo per il quale gli antichi prestigiosi simboli e i venerandi e sontuosi rituali hanno perduto gran parte del loro primitivo significato. O, infine, il pregiudizio tenace, ancora diffuso ma superatissimo, che l'atteggiamento ateo non contenga alcuna dimensione religiosa. Una specola elevata e illuminante per chiarire e valutare la radicale trasformazione che ha avuto luogo nella teologia e nella religiosità contemporanee, ci è offerta dalle opere del grande teologo protestante Paul Tillich. L'editore Ubaldini, sempre impegnato in uija produzione culturale di alto livello, si sta cimentando nell'iniziativa di far conoscere al pubblico italiano l'intera opera religiosa' di Tillich. Ha già pubblicato Dinamica della fede - Religione e morale (1967), Il nuovo essere (1967), Ueterno presente (1968), Il coraggio dì esistere (1968), Umanesimo cristiano nel XIX e XX secolo (1969), Storia del pensiero cristiano (1969), e di altre opere annuncia prossima la pubblicazione. Paul Tillich è nato in un piccolo paese della Prussia nel 1886. Figlio di un pastore protestante luterano, divenne anch'egli pastore nel 1912. Durante la prima guerra mondiale fu cappellano militare. L'esperienza della guerra fu per lui sconvolgente: « La trasfor mozione — riferisce egli stes so — avvenne durante la battaglia della Champagne del 1915. Ci fu un assalto notturno. Per tutta la notte non feci che girare tra feriti e moribondi. Molti erano miei intimi amici. Per tutta quella lun¬ ga orribile notte camminai tra file di gente che moriva. Quella notte gran parte della mia filosofia classica tedesca andò in frantumi. Il nichilismo euopeo sbandierava il detto profetico di Nietzsche, " Dio è morto ". Ebbene, il concetto tradizionale dì Dio era proprio morto ». Tillich si convince che il Dio della tradizione non ha più attrattive e significato per l'uomo moderno. Egli dedica la sua vita intera al compito di trasformare il messaggio cristiano dando ad esso una espressione nuova e più aderente alle esigenze reali dell'esistenza contemporanea. Per salvare la religione, occorre dunque abbandonare la concezione di un Dio autocratico, circonfuso di culti, simboli e concetti divenuti ormai arcaici e spesso incomprensibili. Con un singolare paradosso Tillich sostiene che la cura più efficace contro l'irreligiosità è l'ateismo, ossia un'idea di Dio che liberi il messaggio cristiano dalle molte scorie che hanno deformato e stravolto- nei secoli l'idea del divino e dell'eterno. Troviamo qui in germe il movimento teologico dell'ateismo cristiano che riconosce appunto in Tillich il suo fondatore. La vita di Tillich è coerente, anzi esemplare. Fonda in Germania, dopo la guerra, il socialismo religioso. Ricerca e scopre le dimensioni religiose di tutte le più grandi esperienze culturali. Quando nel 1933 esplode il fanatismo hitleriano, Tillich emigra negli Stati Uniti; qui, mentre continua la sua attività pastorale, insegna per ventidue anni a New York e nel 1955 diviene professore di teologia nella celebre Università di Flarvard. Muore a ottant'anni nel 1965, dopo aver ricevuto lauree honoris causa da più di dieci Università americane e dalle Università di Halle, Berlino e Glasgow. Le più alte onorificenze gli conferisce anche la Germania, che compie così, verso l'esule, la sua palinodìa. Sul pensiero di Tillich hanno influito soprattutto Schelling, Kierkegaard e Heidegger. Ma fonti primarie della sua formazione sono anche Platone, Kant, Hegel, la psicanalisi, Lutero, Bòhme, il protestantesimo liberale, la teologia dialettica e la teologia di Bultmann. La sua opera maggiore è la monumentale Systematic Theology (1952-1963). Il tema dominante e, se si vuole, scandalistico della religiosità di Tillich, è che per salvare la fede più non valgono i grandi simboli « peccato », « paradiso », « inferno » e, forse, neppure la parola « Dio ». « Se tale parola non ha più per voi molto significato » consiglia Tillich « traducetela, e parlate delle profondità della vostra vita, della sorgente del vostro essere, di ciò che veramente vi importa, di ciò che prendete veramente sul seriosenza riserve. Per farlo, dovrete forse dimenticare qualcuna delle nozioni tradizionali di Dio, dovreste forse dimenticare questa stessa parola t. Remo Cantoni : 11 m 11 i m 111111 n : 11 i 111111 k 11 ! ; 11 m i : ni i : :

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