Emendata per la terza volta la storia del partito sovietico di Ennio Caretto

Emendata per la terza volta la storia del partito sovietico LE MOLTE TRAVERSIE DEL LIBRO APPENA USCITO A MOSCA Emendata per la terza volta la storia del partito sovietico (Dal nostro corrispondente) Mosca, 6 gennaio. Condanna recisa della Cina, delimitazione delle responsabilità di Stalin, critica severa di Kruscev, riaffermazione del diritto d'intervento in Cecoslovacchia: questi i punti di maggiore attualità nella terza edizione della Storia del partito comunista dell'Unione Sovietica, appena, uscita a Mosca. L'opera ha una vicenda curiosa. Nacque circa trent'anni fa, su iniziativa di Stalin, come « breve corso » propedeutico per le moltitudini russe. Nel '62, dopo il XXII congresso e la destalinizzazione, Kruscev ne ordinò l'integrale rifacimento a Ponomarev, il responsabile dei rapporti con gli altri partiti comunisti. Lo stesso Ponomarev ne ha curato l'attuale versione riveduta e corretta; ma in modo, sembra, non del tutto soddisfacente, perché il libro, messo in vendita lo scorso ottobre, fu ritirato do po pochi giorni, e oggi pre senta ulteriori modifiche, cominciando dalla scomparsa del ritratto di Lenin sulla copertina. La Storia del partito co munista dell'Unione Sovieti¬ ca copre, in 709 pagine divise in 19 capitoli, un arco di quasi 90 anni, dal 1883 (« Lo sviluppo del capitalismo e la posizione delle masse popolari in Russia nella seconda metà del secolo diciannovesimo ») al 1969 («Il consolidamento della solidarietà del movimento comunista internazionale », cioè la conferenza del giugno scorso a Mosca). Il confronto, anche rapido, delle due ultime edizioni — il « breve corso » di Stalin fu tolto di circolazione da Kruscev, ed è irreperibile —. mostra con chiarezza quali cambiamenti siano sopravvenuti, e sopravvengano ancora, nella politica sovietica. Condanna della Cina La Cina. L'edizione del '62 fu pubblicata poco dopo lo « scisma », quando Mosca ancora sperava in una rappacificazione. Conteneva perciò pochi accenni, nel complesso moderatamente favorevoli, al maoismo. L'edizione attuale ribadisce invece che « l'Unto ne Sovietica condurrà una lotta decisa contro gli scopi e la linea ar.tileninìsti della propaganda cinese, e tara il possibile per la difesa dei prò- prii interessi e la propria sicurezza ». Parlando del IX Congresso di Pechino, si dice che esso « approvò ufficialmente il corso antisovietico della leadership e il disordine del movimento comunista ». Si accusa Mao di « mettere sullo stesso livello ideologico il cosiddetto revisionismo sovietico e l'imperialismo americano a e di preparare la guerra convenzionale e atomica. Le rare copie della terza edizione apparse a ottobre erano ancora più decisamente anticinesi: sembra anzi che siano state ritirate dalle librerie In se guito al « vertice » tra Kossi ghin e Ciu En-lai e ai nego ziati sulle frontiere. Stalin. Nell'edizione del '62, si imputava al dittatore di essere stato fondamentalmente antileninista, d'aver dissanguato il paese e le forze armate con le purghe degli Anni '30 (era adombrata per sino la sua responsabilità nel rasassimo di Kirov), d'esser si lasciato cog iere imprepara to dall'attaccc. tedesco Ades so egli è presentato come il protagonista della collettivizzazione delle terre, dell'Indù strializzazione e della vitto ri" nell'ultima guerra. « Sta¬ lin — dice il libro — cercò di non offrire ai nazisti nessun motivo d'aggressione, ma di guadagnare tempo con trattative diplomatiche. Una parte precisa della responsabilità della impreparazione dell'Armata Rossa... va addossata al commissariato della Difesa e ai generali Timoshenko e Zhukov ». La destalinizzazione Il libro precisa anche 1 limiti della destalinizzazione: « Un esempio di coraggiosa autocritica è tornita dall'aperta dichiarazione del partito sulle gravi conseguenze del culto della personalità di Stalin, e sugli errori e le distorsioni di cui si macchiò soprattutto negli ultimi anni della sua vita... ma al tempo stesso, il partito respinge risolutamente ogni tentativo di usare la critica del culto della personalità a danno dello Stato socialista ». Kruscev. L'edizione del '62 esaltava l'imprevedibile ucraino come 11 vero alfiere di Lenin Questa ne sminuisce invece il ruolo, espungendone il nome dall'elenco dei « combattenti antitrozkisti » e degli eroi di Stalingrado. « Accomunando la carica di primo segretario del partito a quella di capo del governo » si afferma « egli concentrò troppo potere nelle sue mani, e di conseguenza si ebbero violazioni del principio collettivista e soggettivismo ». La caduta di Kruscev, nel '64, è così descritta: « Il Comitato centrale stabilì che nella soluzione dei vari problemi non ci dovesse più essere soggettivismo, che cessassero le conclusioni errate e le azioni staccate dalla realtà, che fossero rafforzati i legami con le masse e sviluppate le forze della loro potente creatività ». Cecoslovacchia. L'ultima edizione (ovviamente, in quelle precedenti, questa parte mancava) sostiene che nell'agosto '68 « Il Patto di Varsavia sventò un ennesimo tentativo dell'imperialismo di minare il Commonwealth dei paesi socialisti ». Essa accusa l'Occidente di aver giocato « sugli elementi opportunisti all'interno dei circoli dirigenti del partito comunista... per il rovesciamento del socialismo ». Un giudizio ancora più crudo — identico a quello del '62 — è espresso sulla rivolta ungherese del '56 Ennio Caretto