Treeentomila ai funerali delle vittime di Milano

Treeentomila ai funerali delle vittime di Milano Treeentomila ai funerali delle vittime di Milano (Segue dalla V pagina) potto scuro, cappello e sciarpa, il viso un po' stanco e pieno di rughe, la gente lo saluta agitando i fazzoletti. Alle 10,55 di fronte ad ottomila fedeli, il coro del Duomo intona « Signore, che dinanzi al Sepolcro piangesti » composto dopo la strage da Monsignor Migliavacca. Verrà poi un altro canto di lutto accorato: « Si spengon nel pianto ». E' l'inizio dell'officio funebre. Lo celebra l'arcivescovo di Milano, cardinale Colombo. Subito dopo il Vangelo, Colombo parla in tono fermo e accorato: « Ancora una volta, la mano proditoria e furtiva di Caino ha sorpreso fratelli inermi e ignari e ne ha tatto strage Ancora una volta, il sangue innocente di Abele, sparso a macchie enormi, offende Questa città industre e onesta ». Milano — dice il cardina le — è scossa da « un sentimento di orrore e fiero sdegno, e invoca giustizia chiara e ferma. Senza di essa non si può dissolvere il pernicioso senso di corrosiva sfiducia verso Questa società, né si può ridare al popolo la necessaria certezza che il dì ritto è rispettato, la libertà è difesa, la convivenza pacifica protetta ». L'arcivescovo chiede compianto e preghiera per le vittime, anche se non sarà possibile « riparare il grande male che è stato fatto ». Le parole del cardinale, ritrasmesse dagli altoparlanti scendono su una piazza silenziosa e tesa, e ridanno a tutti il sapore atroce della strage. « 1 feriti straziati chiedono di poter avere ancora fiducia nella società. Cito la testimonianza di due dei più gravi. Uno mi ha detto: "E' stata una cosa orrenda: ma io preferisco averla subita che aver la fatta ad altri!" E il secondo: "Così non va! Fate subito qualcosa per cambiare questo mondo" ». E Colombo ripete: « E' vero! Così non va! Così non può andare! Dobbiamo fare qualcosa, per darci presto quella giustizia e quella sicurezza, nella libertà e nell'ordine che il Paese ormai con impazienza aspetta » L'arcivescovo abbraccia, ad uno ad uno, i parenti delle vittime. Lo stesso fa Rumor. E' un momento di commozione intensa, mentre il coro riprende l'inno: « Si spengon nel pianto ». Molti nella piaz- za hanno gli occhi lucidi. Sviene un uomo anziano, poi una donna che agenti di polizia portano via a braccia. Il silenzio è rotto dalle sirerie delle ambulanze. Sulla scalinata ci sono operatori televisivi e radiocronisti svizzeri, francesi, tedeschi, della Bbc inglese. Il questore Guida, il capo dell'ufficio politico Allegra con i suoi collaboratori più stretti Pagnozzi e Calabrese, il vicequestore Vittoria, il colonnello dei carabinieri Favalli, controllano con le ra dio le condizioni della piazza e delle vie adiacenti. Tutto è calmo. Ci sono molti neo-fascisti venuti dal di fuori. Un gruppetto di ragazze della « Giovane Italia » del msi hanno mazzolini di rose con fiocchetti tricolori da lanciare sulle bare. Un gruppo dell'Unione dei comunisti italiani marxisti-leninisti, sull'attenti all'angolo con via Mercanti, si è portato un bandierone' rosso, ma lo tiene arrotolato. Qualcuno dice che un gruppo di teppisti dal colore sconosciuto sia stato trovato in possesso di manganelli di ferro e sia stato arrestato. La questura non conferma. L'aria si fa sempre più gelida e il cielo sempre più cupo. C'è un senso fisico di dramma e di angoscia che l'impressionante silenzio dei centocinquantamila della piazza accentua. Alle 11,48 la cerimonia funebre è finita. Si spalanca il grande portone centrale del Duomo e un fascio accecante di luce si proietta sul grigiore del sagrato. Escono le corone. Escono i corazzieri. Poi le salme ad una ad una. E' mezzogiorno ma nessuna campana suona. Sfilano le bare attraverso la piazza, seguite dai familiari. Molti piangono. Subito dopo il feretro di Arnodi, passa Nenni che a stento riesce a farsi un varco. Poi la salma di Giulio China. Quindi quella di Eugenio Corsini. Dolore e silenzio: nessun saluto, nessun gridò'; Soltanto "* il' gruppo dell'Unione tiene ritta la bandiera rossa abbrunata. Poi il feretro di Carlo Gaiani, seguito da una ragazza bionda che piange e grida: « No, non scappare... ». Via via passano sui furgoni le altre bare. Nessun corteo. I carri si avviano veloci verso Piazza Castello, sempre fra due ali immense di folla. Il carro di Oreste Sangalli ha il. seguito più folto, c'è anche il parroco della sua borgata, il Ronchetto, a un passo da Corsico. Ultimo, il feretro di Carlo Silva. Sono le 12,26. Adesso la gente se ne va in silenzio. Qualche capannello, ma lo sfollamento è rapidissimo, mentre migliaia e migliaia di operai riprendono tram e metrò per ritornare alle fabbriche. L'aria è sempre più buia. Si fa sentire, aspro, lo smog. La piazza adesso è quasi vuota, si rivedono i colombi. « Che tristezza — dice una ragazzina che si allontana col padre — sembrava di essere in guerra ». g. p.

Luoghi citati: Corsico, Italia, Milano