Profitti e salari industriali in un "sistema all'italiana"

Profitti e salari industriali in un "sistema all'italiana" Una storia che interessa anche Fattuale congiuntura Profitti e salari industriali in un "sistema all'italiana" Spiegati in 23 equazioni l'origine e il tramonto del miracolo economico dei primi Anni 60 n « miracolo » economico italiano, il suo inizio, la sua massima appariscenza nel 1963, la sua successiva e temporanea fine, non sono più un mistero. Alle molte spiegazioni già esistenti, se ne è aggiunta una di recente, così completa da sembrare quasi definitiva. E' una curiosa spiegazione, quest'ultima, non tanto per la sostanza, quanto per la forma: 23 equazioni matematiche. Racconta una storia talmente interessante, anche al fine delle discussioni d'attualità sull'autunno « caldo », che sarebbe un peccato senza attenuanti trascurarla. Le 23 equazioni, che costituiscono un modello matematico della nostra economia, sono altrettanti vincoli cui devono sottostare le principali variabili economiche; le quali, quindi, non possono assumere qualunque valore a piacer nostro, ma solo i valori che soddisfano equazioni del genere. Ecco un primo insegnamento. Un secondo insegnamento è che così come l'economia italiana era (e presumibilmente è tuttora) strutturata, il « miracolo » aveva in sé un meccanismo di autodistruzione. La crisi si inizia nel 1964, ma la quota dei profìtti industriali comincia a flettere sin dal 1960-61, e secondo il modello matematico ciò doveva ripercuotersi fatalmente sugli investimenti e sull'occupazione. Tre anni prima lo si poteva già presumere. La parte principale è recitata dalle paghe industriali. I calcoli hanno dimostrato che, in un « sistema all'italiana », esse sono fortemente legate al grado di disoccupazione e al costo della vita, assai meno alla produttività del lavoro e quasi nulla ai profitti aziendali. Sembra lecito presumere una scarsa razionalità della contrattazione sindacale: parliamo tanto di produttività, ma ne teniamo poco conto; è certo che in altri paesi si seguono criteri diversi, e per esempio risulta che negli Stati Uniti l'andamento dei profitti è assai più importante per spiegare l'andamento dei salari. H « miracolo » diminuisce rapidamente la disoccupazione e aumenta rapidamente le paghe e i consumi; nel « sistema all'italiana », il rapido aumento dei consumi trascina con sé il costo della vita, che a sua volta innalza ulteriormente le paghe. E' la ben nota spirale inflazionistica: di sorprendente il modello matematico ci rivela che, in base all'esperienza degli anni 1951-1966, ad ogni aumento percentuale del costo della vita corrisponde di norma un aumento delle paghe in percentuale non inferiore, come si potrebbe pensare sapendo che la scala mobile si applica solo ai salari contrattuali (pari al 60-70 per cento dei salari di fatto), ma superiore. Questa singolarità di struttura contribuì all'autodistruzione del « miracolo », ed è un elemento da sorvegliare anche oggi. La fine del « miracolo » fu poi aiutata da altri elementi più occasionali: cattivi raccolti agricoli e restrizione alle importazioni (particolarmente di prodotti zootecnici), con conseguenze sul costo della vita e sui salari nel biennio 1962-63. Nello stesso biennio, il governo concesse inoltre stipendi più alti ai pubblici funzionari, con « effetti dimostrativi » in tutto il mercato del lavoro. La morale è che, quando il destino vuole, il sistema funziona peggio del solito. Le 23 equazioni non registrano solo gli effetti negativi sui profitti e sugli investimenti dell'eccessivo aumento delle paghe, cioè non sposano la « tesi padronale ». Con la neutralità propria alla mate matica, registrano anche la « tesi sindacale », per cui au mentando le paghe migliorano i consumi, che sostengono il mercato. Entrambe le tesi sono parzialmente valide: quando le paghe salgono, gli investimenti sono al tempo stesso scoraggiati e incoraggiati. Il modello matematico consente di misurare l'intensità delle spinte e delle controspinte. Nel « sistema alla italiana », fin dal 1961 gli investimenti dovevano rallentare la loro crescita, e dal 1964 addirittura diminuire. La crisi si presenta come una valanga: i consumi eccessivi limitano risparmi e investimenti, aumentano le importazioni, deteriorano la bilancia commerciale, diminuiscono automaticamente la liquidità dell'economia, inducono alla stretta creditizia, tagliano anche in questo modo gli investimenti, creano disoccupazione, riducono lo sfruttamento della capacità produttiva, quindi nuovamente disincentivano gli investimenti, ecc. Il calcolo preciso degli effetti cumulativi è ovviamente consentito solo se si dispone di un modello matematico. Per questo dobbiamo apprezzare l'attività del gruppo dpceGbrIiuamigelgcdmIpr di economisti, guidati dal professor Paolo Sylos Labini, che ha messo a punto le 23 equazioni, e dal professor Giorgio Puà, che le ha pubblicate come parte di un'opera: Lo sviluppo economico in Italia, storia dell' economia italiana negli ultimi cent'anni, unica nel suo genere. Ora sappiamo che il « sistema all'italiana » è vulnerabilissimo, e soprattutto sappiamo il perché, e il peso delle singole cause. Sappiamo, per esempio, come « pesano » nelle decisioni di investire il grado di sfruttamento della capacità produttiva, la quota dei profitti e la minore o maggior liquidità dell'economia. I risultati di queste ricerche non vanno dimenticati, a meno che non si creda che la struttura nell'economia italiana sia ormai talmente cambiata da non riconoscersi più nelle 23 equazioni. Ma è tanto improbabile che ciò sia avvenuto, quanto è auspicabile che avvenga, s'intende nel senso di migliorare la stabilità del sistema. Sergio Ricossa 4

Persone citate: Giorgio Puà, Paolo Sylos Labini, Profitti, Sergio Ricossa

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti