La strage di Palermo ha concluso una sfida Le due bande si erano dato appuntamento di Francesco Rosso

La strage di Palermo ha concluso una sfida Le due bande si erano dato appuntamento n "racket del cemento,, ha fatto cinque vìttime La strage di Palermo ha concluso una sfida Le due bande si erano dato appuntamento Negli uffici dell'impresa edile Moncada, i due proprietari attendevano con gli amici l'arrivo degli avversari - Ma la «cosca» rivale ha giocato sulla sorpresa: i «killers» si sono presentati travestiti da poliziotti, come Al Capone nella notte di San Valentino, 40 anni fa, a Chicago -1 fratelli Moncada, scampati al massacro, non parlano - Qual è la vera ragione del feroce regolamento di conti? (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 11 dicembre. Silenzio desolato, lugubre sconvolgimento nell'ufficio di viale Lazio 108, dove ieri sera bande rivali dì mafiosi, mitra e pistole in pugno, si sono scontrate nella più feroce battaglia che si sia mai combattuta in Sicilia. A Ciaculli, il 30 giugno 1963, esplose un'auto «alla dinamite», e ci furono 7 morti, ma era un attentato che mirava a « punire » soltanto una persona; ieri, in viale Lazio, le due bande si sono scontrate quasi su appuntamento ed hanno avuto la peggio coloro che fungevano da ospiti nell'ufficio dell'impresa edile Moncada, perché sorpresi dalla tecnica degli aggressori, arrivati all'appuntamento in uniforme della polizìa, con i mitra celati sotto il pastrano. E sono state appunto le uniformi ad ingannare colui che, nell'organizzazione della mafia, ha il compito di vigilare. Costui c'era sicuramente nello stretto corridoio che da viale Lazio conduce all'ufficio dell'impresa Moncada, ma non ebbe il tempo di avvertire i suoi amici i quali, chiusi nello studio, attendevano ci tri « amici » che, pan, dovevano portare una grossa somma, frutto di « racket ». Ma rum ebbe sospetti per via dì quelle uniformi e quando li ebbe era già tardi; i falsi poliziotti avevano quegli attimi dì vantaggio che potevano neutralizzare la reazione delle vittime designate. E così avvenne. La dinamica dello scontro sanguinoso non è ancora stata ricostruita anche perché ì due soli testimoni scampati alla strage, i fratelli Angelo e Filippo Moncada, sono feriti e reticenti. s Si sa, comunque, che le automobili degli aggressori erano due «Giulia», una bianca ed una blu. Su quella blu c'erano due individui vestiti da poliziotti, ed uno aveva i gradi dì capitano; su quella bianca c'erano quattro uomini in abiti borghesi. I sei percorsero il breve corridoio fino all'ufficio, spalancarono la porta, e spararono. La «Cobra-Colt» Crollarono fulminati Francesco Tumminello e Salvatore Bevilacqua, mentre Michele Cavatajo, estratta la «Cobra-Colt », riuscì ancora, prima di morire, ad esplodere tutti i proiettili, ferendo mortalmente uno degli aggressori ed in modo più leggero un secondo. I fratelli Angelo e Filippo Moncada riuscirono a salvarsi perché dal corridoio spuntò il loro guardiano, Giovanni Danè, armato di fucile a ripetizione, che incominciò a sparare contro gli aggressori. Fu crivellato da alcune raffiche di mitra; ma nel frattempo Filippo Moncada, benché ferito, si era rifugiato in uno stanzino dietro il cadavere di Cavatajo, che gli faceva da scudo; suo fratello Angelo, ferito più gravemente, si era buttato sanguinante dietro un tavolo di metallo. Uccisi coloro che «dovevano morire», gli aggressori fuggirono reggendo il ferito, che perdeva sangue da un braccio, e trascinando il corpo inerte dell'altro loro compagno, quasi certamente morto. Non riuscivano a infilarlo sul sedile posteriore della vettura, e lo raggomitolarono nel bagagliaio. Poi cominciò la corsa pazza lungo viale Lazio verso là periferia di Palermo, mentre sul luogo della strage arrivavano le auto della polizia. Una delle automobili dei | banditi in fuga, la « Giulia » bianca, è stata trovata stamattina semidistrutta dalle fiamme in un aranceto, a due chilometri dal luogo del massacro. Ciò che più stupisce è la freddezza e la tecnica usata dagli aggressori, una tecnica che ricorda la notte di San Valentino, 40 anni fa a Chicago, quando Al Capone distrusse una banda rivale presentandosi all'appuntamento in un garage, con la sua squadra, in uniforme da poliziotto. Al Capone ed i suoi uscirono indenni dallo scontro a fuoco; quelli palermitani hanno subito perdite, quasi sicuramente uno dei loro è morto, e non è da escludere che anche il ferito, se in condizioni di dover ricorrere alle cure di un medico, sia stato eliminato dai suoi compagni, perché la mafia non lascia prove dei suoi crimini, testimoni che potrebbero tradire. Finora, nonostante le intense ricerche ed il blocco della stazione, del porto e dell'aeroporto, nessuna traccia della vettura in fuga, né dei banditi. Né sì conoscono, finora, le cause che hanno indotto i banditi alla strage. Le ipotesi sono molte, tutte attendibili, ma non provabili; la mafia agisce talvolta per motivi che sembrano assurdi, ma che possono avere un fondamento di verità proprio perché inverosìmili. Duecento bossoli Lo scontro a fuoco non è durato a lungo, circa quattro minuti, ma in quel brevissimo tempo, fra il crepitare dei mitra, delle pistole, dei fucili a ripetizione, sono rimasti sul terreno quattro morti e due feriti in mezzo ad un vero spreco di bossoli; gli inquirenti ne hanno contati duecento. Sono elementi che consen¬ tiranno alla polizia di risalire agli aggressori? C'è da dubitarne, come quasi cèrtamente non servirà la carcassa della vettura trovata stamane semidistrutta dalle fiamme; risulta rubata a Sant'Agata di Militello, nei dintorni di Messina, cioè in una zona in cui notoriamente la mafia non alligna. Coloro che lianno provocato la strage sono quasi sicuramente di Palermo, ed appartengono al giro del racket edilizio. Viale Lazio è stato il campo di battaglia più sanguinoso di Palermo per il controllo delle aree fabbricabili, e Michele Cavatajo era uno dei mafiosi più in vista di quel settore, non tanto perché, disponendo di capitali, avesse acquistato terreni fabbrìcabi li, ma perché era riuscito ad imporre la sua « protezione » a molti impresari che, naturalmente, avrebbero pagato volentieri anche forti somme per liberarsi della sua presenza e di quella di Francesco Tumminello, entrambi definiti sanguisughe dei costruttori edili. E' possibile che Gerolamo Moncada abbia preparato un tranello per liberarsi di quei due figuri? Qualcuno lo ritiene probabile. Il vecchio Moncada. scomparso subito dopo la strage, si è presentato stasera in Questura. Lo stanno interrogando. Però doveva pensare che in questo modo avrebbe mandato allo sbaraglio i suoi .figli, sfuggili alla morte per puro caso. Alcuni ipotizzano che Cavatajo e Tumminello fossero nell'ufficio per riscuotere il racket chiesto al vecchio Moncada, e che abbiano tenuto ì suoi due figli come ostaggi in attesa degli amici, che do vevano giungere con il malloppo; amici che, invece, si sono annunciati sparando. Al¬ tri ancora suppongono che gli aggressori volessero far fuori tutti, compresi i figli di Moncada; Gerolamo, presentandosi stasera in questura, ha detto: «Non so nulla. Sono fuggito perché avevo paura ». '- i Sono ipotesi, intendiamoci, che ì palermitani, molto esperti in queste faccende, avanzano per cercar dì dare una spiegazione alla strage. Mólti affermano che questa non è più mafia,' ma delinquenza comune. «Vattene a casa» Oppressori ed oppressi appartengono alla stessa categoria morale di persone, una categoria che ha nome mafia. Filippo Moncada, ferito più leggermente, quando sua moglie fece per accorrere verso di lui ad aiutarlo, la scansò, dicendo: « Vattene a casa, è roba da niente». E sapeva che nell'ufficio c'erano quattro morti e suo fratello Angelo ferito gravemente. Quando la polizia l'ha interrogato, ha detto: « Ero andato in ufficio per parlare con mio padre, e mi sono trovato tra gente che sparava». Prima ancora che arrivasse la polizìa, egli prese suo fratello Angelo a spalle, lo caricò su un'auto e si diresse a tutta velocità all'ospedale di Villa Sofia: non ebbe la forza di arrivare fin là, ed affidò il fratello ad un autista occasionale. Perché non ha lasciato subito ad altri la cura dì portare suo fratello all'ospedale? Sono domande cui la polizia si adopera per dare una risposta, ma finora con scarso esito. Molti testimoni sono stati interrogati, molti sono ancora sotto il torchio, ma, per il momento, pare che i risultati siano piuttosto modesti. Chi sa ed ha visto non parla, per paura o perché ha interesse a tacere. Francesco Rosso iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiii Palermo. Folla davanti all'ufficio dell'impresa Moncada, dove è avvenuta la sparatoria (Telef. A. P.)