Ma i professori sanno tutto? di Felice Froio

Ma i professori sanno tutto? ANALISI Ma i professori sanno tutto? ( I corsi di aggiornamento sono pochi, e per di più scarsamente frequentati) Il bilancio del 1970 mette a disposizione del ministero della Pubblica Istruzione 2 miliardi e 314 milioni per i corsi di aggiornamento degli insegnanti. Non è certo che questa somma si spenderà tutta; nel 1969 si sono avanzati più di 300 milioni. Questo vuol dire che non esiste una politica dell'aggiornamento, che il problema non è sentito dalle autorità scolastiche, da quelle politiche e dal mondo della scuola. Nell'elenco delle rivendicazioni che hanno determinato lo sciopero di ieri e dell'altro ieri nelle scuole, non si fa alcun cenno ai corsi di aggiornamento. Se non si fa nulla per aggiornare i 280 mila professori che insegnano, la nostra scuola sarà sempre meno in grado di corrispondere alle esigenze di una cultura e di una scienza in continuo progresso. Già oggi la scuola è in crisi anche per la mancanza di preparazione degli insegnanti; formati in una università che solo eccezionalmente riesce a fornire gli strumenti culturali più essenziali, i professori iniziano la carriera senza aver mai avuto contatti con gli alunni, senza avere studiato, tranne quelli di Lettere, la pedagogia. Abbiamo 100 mila insegnanti incaricati, 45 mila entrati recentemente nei ruoli con una legge che richiedeva soltanto l'abilitazione ed alcuni anni di servizio. Né si può dire che gli altri 135 mila, anche i più preparati, abbiano avuto la possibilità di adeguarsi alle nuove acquisizioni scientifiche, culturali e pedagogiche. Quest'anno sono stati organizzati 300 corsi con la partecipazione di circa 10 mila insegnanti: alcuni attuati direttamente dal ministero e dai provveditorati agli studi, altri da enti e organizzazioni pubbliche, i rimanenti, cl?e sono la .grande maggioranza, dai centri didattici. Secondo il parere di alcuni esperti, i corsi di aggiornamento validi non superano,. ^cinquantina. In uno studio del Centro europeo dell'educazione di Frascati per conto del Consiglio nazionale delle ricerche si fa una serrata critica all'impostazione dell'aggiornamento perché « presenta il rischio dì rafforzare il carattere retrospettivo dei modi in cui si concepisce il rapporto scolastico ». Mentre « aggiornamento significa " irruzione " del nuovo; e determina quindi una rottura dell' " equilìbrio tradizionale " ». E' stato accertato che le innovazioni nella chimica, nella fisica, nella biologia e nella matematica richiedono un aggiornamento ogni cinque anni e che ogni dieci nasce una nuova « generazione scientifica ». Sia pure con minore rapidità lo stesso fenomeno si verifica nelle discipline umanistiche e sono a dimostrarlo i progressi della storiografia, le innovazioni nella linguistica e nella logica formale che interessa, oltre alle scienze esatte, quelle umanistiche. Nella maggior parte dei Paesi europei il problema dell'aggiornamento viene visto sotto due aspetti: quello rivolto ad approfondire la parte scientifica e culturale, e l'altro pedagogico-professionale. Il prime si propone di ottenere una conoscenza, per la materia insegnata, dello stato di avanzamento della ricerca, dei mutamenti e delle innovazioni intervenuti e delle nuove metodologie di ricerche introdotte. I corsi pedagogici dovrebbero offrire agli insegnanti la possibilità di seguire l'evoluzione dei metodi didattici, della psico-sociologia dell'educazione, degli strumenti e delle tecniche di valutazione, dei mezzi moderni di comunicazione. Nel 1966 a Caen i responsabili universitari e secondari della scuola francese proposero an corso obbligatorio per l'aggiornamento pedagogico di tutti i professori almeno ogni cinque anni. In Italia i corsi di aggiornamento pedagogico si presentano con più urgenza: siamo uno dei pochi Paesi al mondo dove è possibile diventare professore senza avere studiato la didattica e senza avere fatto un periodo di tirocinio. I professori di matematica, di lingue o delle materie scientifiche non hanno mai letto una pagina di pedagogia, quasi tutti ignorano la docimologia e le nuove metodologie didattiche. Tra poco (almeno si spera) si farà la riforma della scuola secondaria, saranno cambiati i programmi, ma la migliore delle riforme è destinata a fallire se non avremo una classe insegnante preparata ed aggiornata. Felice Froio

Luoghi citati: Frascati, Italia