L'«Inter scalza» contro il Mladost di Michele Fenu

L'«Inter scalza» contro il Mladost La storia del famoso "settebello L'«Inter scalza» contro il Mladost Deve risalire due reti di svantaggio subite nella partita d'andata (Dal nostro inviato speciale) Recco, 5 dicembre. Chi arriva a Recco in treno si accorge subito di trovarsi nella città della più famosa squadra di pallanuoto italiana. I recchesi hanno dipinto di bianco e celeste — ì colori della Pro Recco — i grandi vasi portafiori della stazione, disegnandovi al centro, con grande cura, gli scudétti tricolori vinti dai loro scatenati giovanotti: dieci. In pratica, dal 1959 ad oggi, salvo una parentesi nel 1963, tutti gli anni il titolo nazionale è finito qui, salutato da luminarie, spari di mortaretti e grandi mangiate di focaccette al formaggio, celebre specialità locale. La Pro Recco, ora, punta al titolo europeo, che già vinse nel '64. Domani sera, nella piscina coperta del Lido di Albaro, a Genova, affronterà i jugoslavi del Mladost nella partita di ritorno della «finalissima». La squadra ligure, che a Zagabria venne battuta per 3 a 5, ha la possibilità di imporsi, soprattutto se l'arbitro sarà all'altezza e i tifosi sapranno sostenerla. Su quest'ultimo punto nessun dubbio. Ai bordi della vasca non ci saranno soltanto i recchesi, ma anche quelli di Camogli o di Nervi o di Sori, grandi « nemici » in campionato, o i genovesi, perché ormai la Pro Recco è diventata la portabandiera della regione. E' tuia squadra famosa; nei paesi dell'Est è forse più conosciuta dei nostri club di calcio. L'hanno soprannominata « Inter scalza », i giocatori sono chiamati « pesci volanti», il più bravo, il capitano-allenatore Eraldo Pizzo, riceve da tutto il mondo lettere di simpatia, richieste di fotografie e di autografi. Ogni tanto, a Reccq, compare qualche tecnico straniero: va in piscina, che è all'aperto, sul mare, guarda Pizzo e gli altri, cerca di scoprire il segreto di questo favoloso « settebello » nato in una piccola città di Riviera duramente colpita dalla guerra. Guarda, si rende conto della classe di Pizzo, della straordinaria abilità di Cevasco e Lavoratori, dell'impegno dei giovani, torna a casa a riferire. Magari a Mosca, a Budapest o a Bucarest, dove sul ceppo della tradizione lo Stato ha inserito una efficiente organizzazione, dove i pallanuotisti vengono sceiti fra migliaia di giovani e non fra i dieci ragazzotti che si tuffano in acqua da Punta Sant'Anna. Però, è anche vero che a Recco la pallanuoto c'è da sempre. La società fu fondata nel 1913 come polisportiva: nuoto, calcio, appunto la pallanuoto, importata da alcuni genovesi. Le squadre di allora vinsero campionati di serie B, tornei nazionali ed Internazionali, Coppe. Si giocava in mare, nel porticciolo, arbitro e spettatori stavano in barca. FU la mancanza di ima piscina a frenare l'ascesa della Pro Recco per lunghi anni: alla serie A potevano partecipare soltanto i club dotati di un impianto fisso, una vasca o, perlomeno, una banchina che delimitasse un lato del campo di gioco e permettesse al direttore di gara di seguire con più precisione le partite. Le basi per la creazione della « grande » Pro Recco vennero gettate nel 1954. La città si stava lentamente riavendo dalle distruzioni della guerra (i bombardamenti del ponte ferroviario demolirono la vecchia Recco), la squa¬ dra aveva ottenuto il titolo della B, ma non poteva andare in A. Fu Antonio Ferro, oggi sindaco di Recco e commissario della società insieme con Astor Norrish, a risolvere la situazione. Racconta Ferro: « Recco era un cantiere. Vedendo l'entusiasmo che circondava i ragazzi della pallanuoto ebbi un'idea. Lanciare una sottoscrizione per costruire un moietta di 45 metri e fare il campo. Ma non chiesi soldi, chiesi sacchi di cemento. Ne arrivarono migliaia. Noi lavoravamo anche la domenica per impastarlo, preparare i cassoni, immergerli in acqua. Pizzo era un pivello ». La Pro Recco, finalmente, raggiunse la serie A. Ferro, davvero il « deus-ex-machina » della città e della società, diede fiducia a sette ragazzini (Merello, Guidotti, Pizzo, Maraschi, Cevasco, Lavoratoli e Giraldi) che un giovanissimo allenatore — Piero Pizzo, fratello di Eraldo — stava preparando con passione. Anni difficili, vittorie e sconfitte, poi, nel 1959, il primo scudetto. Da allora i successi si sono moltiplicati, il moletto fu trasformato in una piscina vera e propria. Alcuni atleti si sono ritirati, altri sono giunti. E' rimasto il trio Pizzo, Cevasco, Lavoratori, la base su cui ruotano i giovani che si sono sostituiti via via agli anziani. Dicono a Recco: «Il segreto è tutto qui: tre giocatori eccezionali, un sapiente rinnovo dei quadri, l'accordo fra dirigenti e tifosi». Non è un segreto da poco. Michele Fenu

Luoghi citati: Bucarest, Budapest, Camogli, Genova, Lido Di Albaro, Mosca, Pizzo, Sori, Zagabria