Una crisi di fiducia di Mario Salvatorelli

Una crisi di fiducia L'inchiesta dell'Iseo Una crisi di fiducia (Il « clima di opinioni» degli imprenditori è il più basso dal '65) Situazione e previsioni degli industriali italiani, grandi, medi e piccoli, sono scese al basso livello del 1964-65, gli anni della recessione. E' quanto si ricava dall'ultima inchiesta mensile condotta dall'Istituto per lo studio della congiuntura e da « Mondo economico », d'intesa con gli uffici della Comunità europea e resa nota ieri. Le domande agli imprenditori erano divise in due gruppi: 1) quelle relative alle situazioni aziendali a fine ottobre-inizio novembre (livello degli ordini dall'interno e dall'estero, situazione delle scorte, andamento della produzione); 2) previsioni per il periodo novembre '69-febbraio 1970 e relative a quattro tendenze: delle ordinazioni, della produzione, dei prezzi e dell'economia italiana in genere. Per l'andamento della produzione, il 43 per cento delle aziende ha risposto « bassa » (e il rapporto Iseo dice che per ritrovare una quota vicina a questa bisogna risalire nei dati d'inchiesta al periodo 1964-65). Circa il futuro, il numero dei pessimisti ha superato gli ottimisti, per la prima volta dal 1965. In maggio gli ottimisti erano il 41 per cento, i pessimisti una quota trascurabile (il resto essendo rappresentato da chi prevedeva stabilità che, ad alto livello, è pur sempre un dato positivo); ai primi di novembre le previsioni positive erano appena il 17 per cento, le negative il 23 per cento. ' Le cause di questo crollo di fiducia si riassumono in una: agitazioni sindacali. Ma se queste avessero influito solo sul gruppo di domande relative all'andamento della produzione non ci sarebbe da meravigliarsi: è evidente, infatti, che nei mesi in cui si rinnovano i contratti di lavoro, con relativi scioperi ed ore di lavoro perdute, l'attività diminuisce. Più preoccupante, invece, è il pessimismo nelle previsioni sui prossimi mesi, quando sarebbe ragionevole pensare che le agitazioni attualmente in corso dovrebbero essere finite. Le aziende che prevedono aumenti di produzione sono scese dal 24 per cento di fine settembre al 1.3 per cento, e la maggioranza di esse si attendono aumenti nei prezzi di vendita, sia nel settore dei beni d'investimento (53 per cento), sia in quello dei beni di consumo (58 per cento degli interpellati). Altro sintomo di scarsa fiducia in una ripresa industriale è il clima di opinioni relativo alla manodopera occupata: solo 1*11 per cento delle aziende prevede aumenti, il 6 per cento addirittura flessioni, mentre il residuo 83 per cento ritiene che l'occupazione « dovrebbe essere improntata a sostanziale stabilità». Tra gli « ostacoli limitanti l'attività produttiva », come li definisce l'inchiesta, figurano non solo gli scioperi, ma anche la scarsità di materie prime e la insufficienza degli impianti. Ma questi due « ostacoli » ai primi di novembre avevano perso molta della loro importanza (l'insufficienza degli impianti è scesa dal 39 per cento in maggio ad appena il 10 per cento), mentre la grande maggioranza degli intervistati indica nelle agitazioni sindacali * la principale limitazione dell'attività produttiva. Oggi il 68 per cento, delle ditte interpellate dichiara di avere una capacità produttiva sufficiente a coprire ordini e piani di produzione per i prossimi dodici mesi e il 14 per cento una capacità superiore alle esigenze. L'apparato produttivo, quindi, almeno a grandi linee, è in grado di rispondere a un'espansione della domanda sia nei beni d'investimento, sia in quelli di consumo di utilizzazione immediata. Ma, come risulta dalle previsioni, non sono molti gli industriali che se l'aspettano. Mario Salvatorelli