Canavese, il menù della tradizione di Bruno Marchiaro

Canavese, il menù della tradizione Una sosta gastronomica sulla via che conduce ai campi di neve Canavese, il menù della tradizione Una cucina schietta e robusta sulla montagna, ricca e raffinata nella parte collinare - Alcuni piatti caratteristici Il Canavese è un itinerario classico per chi cerca nei suoi viaggi motivi di interesse storico e culturali, per chi ama la natura (d inverno i campi di neve per sciare) e la buona cucina. La zona geograficamente è una delle più felici del Piemonte offrendo panorami contrastanti che vanno dalla pianura alle colline, alle vette sui 4000 metri. A nord la regione finisce a Carema, all'imbocco della Valle d'Aosta. Il limite del territorio tocca le cime delle Prealpi e, verso ovest, delle Alpi fino al Gran Paradiso, poi segue per un tratto il confine nazionale con la Francia, passa per le vette delle Levarne e delle montagne che chiudono, sulla destra, la Valle dell'Orco, piegando poi a sud lungo il corso della Stura. Il Po segue il confine nella parte meridionale: il corso della Dora Baltea e la Serra d'Ivrea limitano la zona ad oriente. Il Canavese è dunque una regione completa. . Il ricercatore del mondo antico vi trova un ricco patrimonio storico di architetture e di opere d'arte medioevali nei numerosi co1 stelli sparsi nella regione. Basterà ricordare il castello di Ivrea, la bella capitale economica, storica e morale della zona, quelli di Montalto, Masino, Agliè, Pavone, San Martino. I due itinerari Chi desidera visitare il Canavese e conoscerlo nei suoi diversi aspetti naturali, potrà scegliere a turno i due itinerari dell'Alto e del Basso Canavese. Il primo lo porta lungo la Valle dell'Orco all'Alpe Cialma, paradiso degli sciatori, a Ceresole, al Gran T radiso; o per la Valle Si ma a Campiglia e alla Rosa dei Banchi. Tra le colline moreniche si aprono la Valle del Chiusetta ricca di boschi e la Valle Sacra che partendo da Cuorgnè sale a Castelnuovo. II Basso Canavese comprende la parte collinare, la più dolce ed anche la più familiare grazie ai nomi di Ivrea, Rivarolo, Castellamonte, Agliè, San Giorgio, Cuceglio, ai laghi di Candla e di Viverone. La configurazione stessa della regione, così varia, si riflette anche nella cucina: sobria e robusta nella zona alpina, più raffinata e ricca nella parte bassa. Così si passa dai piatti di camoscio o stambecco al civet con polenta, dalle delicate trote dei torrenti, ai brasati, al ricchissimo fritto misto, ai pretenziosi capunet (foglie di cavolo ripiene di salsiccia, arrosto di vitello, uova, uvetta, noce moscata, pepe e sale al forno con burro e parmigiano), alle modeste e proletarie cipolle ripiene. « La cucina canavesana — è stato scritto — fa da ponte a tre diversi modi di mangiare: al torinese solenne e tradizionale, all'aostano non sontuoso ma schietto, al biellese sbarazzino e spregiudicato ».. Burro e castagne E' soprattutto una cucina popolare. Dice il signor Carlo Demarchi dei « Tre Re » di Castellamonte, un ristorante che ho il merito di aver esaltato la buona tavola: « La cucina italiana è, in sostanza, un insieme di cucine regionali ». Ma se questo è vero è pur innegabile che mentre in altre parti dell'Italia sono scomparsi o stanno scomparendo i piatti del tempo antico, nel Canavese resistono an¬ cora: così la zuppa di cavoli o di iuche (una speciale erba); le castagne col « bur grana » (castagne bianche cotte in acqua e sale con l'aggiunta di un pezzo di lardo. Si mangiano calde accompagnate dal burro «grana», quello cioè che. ancora ricco di siero, incomincia a rapprendersi nella zangola); il pane di miassa di Ivrea, fatto con farina di meliga e acqua e cotto su piastre di metallo collocate accanto alla fiamma; e infine la frittata rognosa e la celebre « Tófeja », o minesirone alla canavesana, il cibo classico della regione. E' nato — si dice — dalla necessità dei poveri contadini del tempo andato di sfruttare al massimo le parti meno nobili del maiale che il padrone delle terre lasciava loro. Si trova ancora in qualche trattoria e specie nelle case private il salame di palale. Una storiella credibile attribuisce l'invenzione a un negoziante preoccupato che gli finisse la scorta di carne di maiale prima delle patate. « Insacca l'ottanta per cento di patate cotte e schiacciate — avrebbe detto al suo garzone — e poi aggiun¬ gi pure carne senza paura ». Comunque il cibo è buono sia affettato crudo che fatto al forno. Possiamo ancora ricordare la polenta concia, i tomini di Chiaveràno e di Strambinello, la toma di Ceresole. Vini locali Quasi ogni comune del Canavese ha un suo vinello « locale » di non forte gradazione alcoolica, facile al palato, ma i veri vini della regione sono il 'Carema e l'Erbaluce di Caluso dal quale si ricava anche il celebre passito. Il Carema appartiene alla stirpe del Barolo, è vino per arrosto, di un color rubino che tende al mattone invecchiando, secco, profumato di lampone. L'Erbaluce è invece bianco con lievi sfumature di giallo ed è indicato per gli antipasti; squisito il passito estratto dalla stessa uva Erbaluce lasciata seccare sulle stuoie per qualche mese. Chi viaggia nel Canavese incontra gente schietta e laboriosa con la quale riesce facile aprire un dialogo fecondo, specie seduti al tavolo di qualche osteria. Bruno Marchiaro

Persone citate: Campiglia, Carlo Demarchi, Masino, Montalto