Condannato a 23 anni di carcere il giovane che uccise la cognata

Condannato a 23 anni di carcere il giovane che uccise la cognata Condannato a 23 anni di carcere il giovane che uccise la cognata Dalla Corte di Assise di Asti - Il P. M. aveva chiesto l'ergastolo - Durante la sparatoria rimase ferita anche la figlia dodicenne della vittima (Dal nostro corrispondente) Asti, 2 dicembre. Ventitré anni di reclusione: questa la condanna che la Corte d'Assise di Asti ha inflitto stasera a Gerardo Navazio, di 25 anni, da Melfi (Potenza), imputato per omicidio volontario della cognata Incoronata Caprarella, di 39 anni, e per il ferimento grave della figlia della vittima, Cristina, di 12 anni. La sentenza è stata emessa alle 19,15, dopo tre ore di camera di consiglio. I giudici hanno escluso l'aggravante della premeditazione e gli hanno inoltre concesso le attenuanti generiche. Il pubblico ministero, dott. Armato, aveva chiesto l'ergastolo. Per i reati minori (danneggiamento, minacce, incendio) gli è stata inflitta la condanna a un mese e quindici giorni di reclusione. Quando il presidente della Corte, dott. Antonio Bogetti (giudice a latere dott. Di Salvo), ha terminato la lettura della sentenza, il Navazio ha sorriso ai carabinieri che gli stavano a fianco. Stamane, all'inizio della seconda giornata processuale, l'omicida ha chiesto di parlare. « Voglio confessare — egli ha detto — che sono autore dei danneggiamenti denunciati a suo tempo da mio fratello Michele ». Ieri invece si era dichiarato innocente. Preso atto della dichiarazione dell'imputato, il presidente della Corte ha invitato i difensori a svolgere le loro arringhe. Hanno parlato due ore ciascuno gli avvocati Volante e De Marchi, entrambi di Torino, i quali si sono battuti per ottenere le attenuanti generiche e l'annullamento della premeditazione in quanto, a loro dire, il Navazio aveva agito solo per eccesso di passione verso la cognata, di cui era innamorato. Vi è poi stata la replica della parte civile, avv. Pazzi, e del pubblico ministero. Ad assistere al processo, tra il pubblico, era¬ no presenti i familiari del Navazio e i parenti della vittima. Il pubblico ministero, nella replica, ha posto in rilievo l'esatta configurazione giuridica dell'omicidio premeditato e ha sostenuto inoltre che l'arma del delitto, una pistola calibro 7,65, era stata venduta al Navazio da una guardia giurata-di Melfi che emigrò poi in Belgio, dove è morta recentemente. L'imputato invece ha sostenuto di avere acquistato la pistola da uno sconosciuto presso Porta Palazzo a Torino. La Caprarella era stata per quattro anni amante dell'imputato. Un mese prima di essere uccisa, la donna aveva troncato la relazione con il giovane cognato. Da quel momento il Navazio pose in atto una serie di atti intimidatori nei confronti della donna. Il patrono di parte civile, invece, ha negato che il Navazio avesse con la cognata una relazione intima e continuata. « E' stato l'omicida — ha concluso l'avvocato Pazzi — a cercare di sedurre la cognata, madre di quattro figli, e non riuscendovi premeditò di ucciderla ». Il Navazio, la mattina del 14 novembre 1967, si presentò in casa della cognata e sparò cinque colpi, due colpirono a morte la donna, un terzo ferì al viso la nipote Cristina che cercava di difendere la madre, y. m. f

Luoghi citati: Asti, Belgio, Melfi, Potenza, Torino