L'Inps ha pagato lo scorso anno 837 miliardi di assegni familiari

L'Inps ha pagato lo scorso anno 837 miliardi di assegni familiari ' Il cittadino e la sicurezza sociale L'Inps ha pagato lo scorso anno 837 miliardi di assegni familiari Li ricevono tutti i lavoratori dipendenti per moglie e figli a carico - I coltivatori diretti hanno un « forfait » di 22 mila lire annue per ciascun figlio - Un progetto per estendere il benefìcio degli assegni a chi lavora per conto proprio, ai disoccupati e ai pensionati - Aumento a 20 mila lire per la moglie, 15 mila per i figli? La notizia della presentazione di un progetto di legge per il riordinamento degli assegni familiari ha suscitato vivo interesse, ma anche qualche perplessità. In base alla proposta dovrebbero essere aumentati e corrisposti nella stessa misura ai lavoratori di tutte le categorie; estesi progressivamente anche agli autonomi ed erogati anche se il capofamiglia è disoccupato, invalido o pensionato. Nel 1968 per il pagamento degli assegni familiari sono occorsi 836 miliardi ed 885 milioni: la spesa più ingente nel bilancio dell'Inps subito dopo quella per le pensioni. L'incremento sarebbe fortissimo se gli assegni venissero estesi a tutti i lavoratori autonomi (attualmente li ricevono soltanto i coltivatori diretti e per un importo forfettario di 22.000 lire l'anno per ogni figlio) ed aumentati, secondo gli estensori del progetto, fino a 20.000 lire per la moglie e 15.000 per ogni figlio a carico. In questi tempi, caratterizzati proprio dalla pericolosa dilatazione della spesa pubblica e privata, l'aumento degli assegni familiari e la loro estensione ad altri larghi strati della popolazione non ci sembrano opportuni, sia che se ne voglia far carico alla produzione come è avvenuto finora, sia che si intenda addossarne il costo alla collettività come sembra abbiano proposto gli estensori del progetto di legge. Nel primo caso bisognerebbe inasprire il relativo contributo con ovvie negative ripercussioni sui costi di produzione e quindi sulla capacità competitiva di mercato; nell'altro un ennesimo assalto al carrozzone dei pubblici interventi rischia di farlo scivolare nella scarpata dell'inflazione. Risposte ai lettori II 18 novembre scorso — rispondendo ad una signora di Ceriale — avete detto che l'articolo 11 della legge n. 46 del 1958 sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato (che in certi casi nega il diritto a trattamento di riversibilità alle vedove dei pensionati che abbiano contratto matrimonio dopo il collocamento a riposo) è tuttora valido e non è stato oggetto successivamente di proposte riparatrici. Mi dicono invece che a tal fine ci sono dei progetti di legge. Vorreste darmi gualche altra e più confortante notizia al riguardo? P. C. - Torino Nella risposta al quesito da lei citato non abbiamo detto che l'articolo 11 della legge n. 46 non abbia dato origine a.proposte di modifica, né lo avremmo potuto, perché a suo tempo abbiamo ricevuto copia di quelle proposte proprio dai parlamentari che le avevano presentate. Ci siamo limitati a dire che la situazione non cambierà «finché qualche parlamentare non si decida a spazzar via dagli ordinamenti pensionistici tutte queste sclerotiche vestigia ». Non ci vorrebbe molto se gli estensori dei progetti in questione — anziché giustificare le loro richieste con argomentazioni astratte — si riferissero più realisticamente all'articolo 24 della legge n. 153 sul riordinamento delle pensioni Inps, che nel caso di lavoratori sposatisi dopo il pensionamento e quando avevano già compiuto il 72' anno di età, fa ormai dipendere il diritto a riversibili! ìt da parte della vedova da una sola e sensata condizione: che il matrimonio sia durato almeno due anni. Durante l'ultima guerra fui ricoverato all'ospedale militare dì Alessandria e in seguito dimesso per convalescenza che mi fu poi sempre rinnovata, perché la ^malattia era incurabile. Sul foglio di licenza, che possiedo ancora, c'è scritto « malattia non dipendente da causa di servizio ». Da questa infermità non sono guarito: anzi, il male si è aggravato con l'età. Mi hanno detto che potrei far domanda di pensione. E' possibile? Armando Melodia - Torino Nessuno può impedirle di far domanda di pensione, perché per queste pratiche non c'è decadenza di termini. Nel suo caso ci sembra, però, che la richiesta abbia scarse probabilità di essere accolta. Le domande di pensione di guerra continuano ad affluire alla Direzione generale del ministero del Tesoro al ritmo di circa 24.000 l'anno; questa è una bella prova di ottimismo, ma anche il maggior ostacolo per la spedita definizione di quelle domande che hanno il loro valido presupposto nelle infermità effettivamente contratte durante la guerra. Nei giorni scorsi ho saputo dai miglioramenti econo- mìci concessi agli invalidi di guerra già in possesso di pensione e, più recentemente, anche agli invalidi civili. Non sarò certamente io a dolermene, ma sento la necessità di far qualche confronto. Sono una di quelle disgraziate creature che a suo tempo vennero deportate nel campo di sterminio di Ravensbruck dove sono rimasta per più dì un anno. Gli invalidi di guerra avranno sicuramente sofferto, ma nessuno di essi ha patito più di noi. Ogni giorno era una sofferenza nuova ed ogni giorno era lungo come l'eternità. Ogni momento era per noi la distruzione feroce di quanto ha nome, di umanità. Ebbene, verso questi disgraziati di ogni età, che sono state le vittime di quegli orrendi campi, il governo italiano non ha mai creduto di prendere un provvedimento che fosse, in un certo senso, riparatore delle sofferenze a cui le aveva condannate il passato regime. Il governo tedesco, succeduto a quello nazista, aveva disposto in nostro favore un piccolo indennizzo, una elemosina, ma toccava al governo italiano di concedere alle vittime dei campi di tortura una pensione commisurata allo stato fisico in cui sonc venute a trovarsi. Sono degente da alcuni mesi alle Molinette per curare un male che ha sempre le stesse orìgini:, postumi di sofferenze che mi hanno avvelenato il sangue. Dopo questi ricoveri, sempre più frequenti e sempre più prolun¬ gati, sarò costretta ad abbandonare del tutto il mio lavoro di sarta. Fate in modo che anche ai reduci dai campi di eliminazione il governo italiano non rifiuti una pensione da integrare quella minima di vecchiaia che non gli consente di vivere. Sarebbe una doverosa azione riparatrice, come quelle disposte a favore dei combattenti. Lucia Beltrando - Torino I deportati nei campi di sterminio che sono riusciti a sopravvivere sono così pochi e le loro voci così deboli che — nel clamore di altre e ben più vigorose richieste — nori li sente nessuno: nemmeno gli ultrasuoni della coscienza. Osvaldo Paita

Persone citate: Armando Melodia, Lucia Beltrando, Osvaldo Paita

Luoghi citati: Alessandria, Ceriale, Torino