Novità di Nielsen all'Auditorium Rai

Novità di Nielsen all'Auditorium Rai Il concerto diretto da Vernizzi Novità di Nielsen all'Auditorium Rai Nell'ultimo dei concerti d'autunno all'Auditorium ha trovato posto una novità assoluta di Riccardo Nielsen, emerito trascrittore e revisore di musiche barocche, ma anche compositore dodecafonico e seriale della prima ora. C'è sempre stata, nella musica di questo bolognese rubizzo e faceto, una vena di nero espressionismo, alla quale egli rimane fedele anche in queste recenti Fasce sonore, dov'è sfruttata con sapienza la sonorità tesa e vibrante degli archi soli, secondo un impiego che Berg e Schoenberg, ma anche Béla Bartók, hanno fondato, sfruttando tutte le risorse possibili di scrittura e di attacco del suono (soprattutto nella contrapposizione del « legato » e del « pizzicato »). Dopo la tragica vertigine espressionistica, ecco un saggio di neoclassicismo della più bell'acqua col Concerto per sette strumenti a fiato, timpani, batteria e orchestra d'archi dello svizzero (di nascita) e olandese (di residenza) Frank Martin. Anche qui egli si dimostra quell'artigiano sapiente ed onesto che non si è mai smentito in nessun lavoro: onesto nel senso che non fabbrica sul vuoto, ma sempre sulla sostanza dì qualche spunto musicale concreto. Certo, delle inquietanti atmosfere ed accensioni della Piccola Sinfonia concertante ben poco rimane nella limpidezza superficiale, nei sincopati saltellanti, nella serrata struttura dei tre tempi di questo Concerto, ov'egli si mostra più vicino a certa rigidezza teutonica dì Hindemith che alla sottigliezza atmosferica dell'impressionismo; ma la maestria dell'artigiano impone rispetto. E in ogni caso, come «pezzo da sonare », il Concerto fu una ottima occasione per sbandierare la bravura del flautista Giorgio Finazzi, di Paolo Fij ghera, oboe, di Peppino Mariani, clarinetto, di Riccardo Tamagno, fagotto, di Eugenio Lipetì, corno, di Renato Cadoppi, tromba, di Curio Borsetti, trombone, e del timpanista Messerklinger. A conclusione del programma una curiosità: la Sinfonia in cinque tempi di quel Goldmark che, sulla fine del seco lo scorso, s'era acquistato molte simpatie a Torino col successo della sua Regina di Saba al Regio. Più che di Sinfonìa, si dovrebbe parlare d'un dotto poema sinfonico sul tema Nozze rustiche, in cinque episodi. Nelle sue marcette nuziali, nelle sue serenate e danze, echeggianti di jodel e di cadenze slave, Goldmark ha spesso degli inizi di tempo simpatici, che nel loro forte sapore austrotirolese fanno pensare a un Mahler sdrammatizzato e imborghesito. Ma poi, sotto l'apparenza dell'ameno narratore di barzellette salta fuori la tetra figura dell'attaccabottoni, che ti afferra per un braccio e non ti molla più, scaricando un'alluvione di pedantesche variazioni. Del resto, è tanta la fame di panettone sinfonico ottocentesco presso i consumatori di mu sica, particolarmente per dischi, che dopo l'esaurimento di Bruckner, di Mahler, di Ciaicovski, di Dvorak e di Nielsen (il danese Carlo, non il bolognese Riccardo), non è escluso che anche il buon Goldmark ritrovi la sua fortuna. Le buone esecuzioni hanno valso cordiali applausi al maestro Fulvio Vernizzi, e anche Riccardo Nielsen ne ha avuto la sua parte. m. m.

Luoghi citati: Torino