Salvemini e la libertà
Salvemini e la libertà La mostra aperta ieri a Torino Salvemini e la libertà Gaetano Salvemini, una vita per la libertà. Con questo titolo, fortemente significativo, si è aperta ieri presso l'Istituto Bancario San Paolo, in piazza San Carlo, la mostra in onore dello storico e politico pugliese. La rassegna, che è organizzata dal Movimento Salvemini e presentata a Torino dal Centro Studi Gobetti, si chiuderà il 6 dicembre. Perché Salvemini? Che significato può avere, oggi, il riproporre il suo nome e la sua opera? A questi interrogativi ha voluto rispondere il prof. Norberto Bobbio, nel suo discorso introduttivo. Salvemini nacque a Molletta, in Puglia, nel 1873 e morì in una villa di Sorrento, nel 1957: alla vigilia dell'ottantaquattresimo compleanno. «La sua vita — ha ricordato Bobbio — ha attraversato tutti i più gravi momenti di crisi della vita nazionale, negli ultimi cento anni ». L'impresa libica trovò il giovane storico all'opposizione: perché, egli sì chiedeva, il paese deve gettarsi in una battaglia dura e costosa per uno « scatolone di sabbia », mentre enormi problemi giacciono insoluti nel paese? Salì al potere Giolitti, e Salveinini lo battezzò «rninistro della malavita », combattendolo senza tregua in Parlamento e fuori. Egli, moralista rigoroso, vedeva nello statista l'uomo di governo troppo potente e spregiudicato. Socialista « sempre poco ortodosso ». Salvemini fu interventista alla vigilia della guerra: voleva battere l'imperialismo tedesco e sperare che dalla guerra uscisse un'Italia nuova. «Ma il nostro — ha detto ancora Bobbio — ènti paese di rivoluzioni a parole e di controrivoluzioni nei fatti ». Dalla guerra nacque il fascismo e Salvemini, dopo una lunga lotta in patria conclusa con l'arresto, riuscì a raggiungere i fuoriusciti. Dall'estero iniziò il suo duello con la dittatura: fu tra i fondatori di « Giustizia e Libertà » e tra gli animatori più '•ivi ed efficaci della resistenza al regime. « Un uomo repugnante, oltre che dal punto di vista fisico, da quello morale »: sono parole di Benito Mussolini, apparse sul Popolo d'Italia. E se è vero, come ha concluso Norberto Bobbio, che « dagli insulti avversari sì misuro, a volte la grandezza di un uomo », Mussolini non poteva rivolgere miglior complimento al « piccolo professore pugliese ». v. z.
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