Rapida inchiesta in Alto Adige alla vigilia del voto sul " pacchetto,,

Rapida inchiesta in Alto Adige alla vigilia del voto sul " pacchetto,, Domani si riunisce il Congresso della Volkspartei per decidere Rapida inchiesta in Alto Adige alla vigilia del voto sul " pacchetto,, Quisi tutti gli intervistati sono d'accordo: i rapporti con gli italiani sono buoni - Ma sul contenuto del documento da votare, le posizioni sono diverse: c'è chi ha fiducia, c'è chi dubita delle capacità del governo italiano a trattare con le minoranze etniche - E soprattutto c'è sfiducia nella burocrazia che può insabbiare qualunque gesto di buona volontà (Dal nostro inviato speciale) Bolzano, 20 novembre. « Signor sindaco, di mestiere lei cosa fa? ». Oswald Oberhofer, primo cittadino di Termeno (in tedesco Tremili, 2800 abitanti di cui solo 120 di lingua italiana) mi guarda coi suoi occhi chiari, più da veneto che da teutone, poi con l'accento di chi ha il tedesco come madrelingua risponde: « Contadino ». E' un piccolo proprietario, avrebbe potuto rispondere agricoltore, coltivatore diretto; invece ha detto contadino, parola che la popolazione di lingua tedesca della provincia di Bolzano pronuncia ancora senza complessi di inferiorità, spesso con una punta di orgoglio. Basta questo particolare per comprendere come usi, costumi, tradizioni in queste vallate siano diversi dai nostri, diversi persino da quelli delle città altoatesine, Bolzano e Merano, dove motori e industria tendono a livellare le diverse civiltà. Per questo alla vigilia del Congresso della Siidtiroler Volkspartei, che dovrà decidere se accettare o no il «pacchetto» (le offerte globali che dovrebbero mettere fine all'annosa controversia), invece di intervistare i leaders politici di maggiore spicco preferisco parlare con gli esponenti dei centri minori. Comincio il mio giro dalla « strada dei vini » parallela alla statale lungo la Val d'Adige, ma dalla parte opposta del fiume, a mezza costa sotto le montagne della Mendola. Oswald Oberhofer, il sindaco, mi spiega che i rapporti fra italiani e tedeschi (la definizione, usata senza il minimo spirito di provocazione, si riferisce alla cultura, non alla cittadinanza) sono buoni. Una sola volta, sette od otto anni fa, ci fu un grosso scontro; i missini di Bolzano vennero qui a tenere un comizio e tutto il paese si ribellò; se non accorreva Magnago a calmarlo, sarebbe andata a finire male. « Fu l'unico episodio — dice il sindaco —. Per il resto tutto bene, abbiamo anche Qualche matrimonio misto. 'Lo dico sempre, io, quando discutiamo all'osteria o al partito: tanti italiani, soprattutto quelli della Val di Non, sono migliori di noi tirolesi ». Ecco, la prima notazione è questa. A Termeno, a Caldaro (5300 abitanti, 320 di lingua italiana), ad Appiano (8000 abitanti, circa 1000 italiani), sindaci, consiglieri, negozianti, gente incontrata per strada mi dice che i rapporti, fra i due gruppi etnici sono buoni. Cortesia verso il giornalista sconosciuto? Prudenza? Certo; ma in queste affermazioni mi pare d'avvertire un reale fondo di sincerità. Anche perché non rinunciano alle distinzioni. Dicono che vanno d'accordo soprattutto con i settentrionali e in modo particolare con i montanari delle valli trentine trasferitisi da queste parti; mettono su piani diversi l'immigrazione antica, di 30 o 40 anni fa (che preferiscono) da quella recente; fanno differenza fra vecchie e nuove generazioni (i giovani si intendono molto meglio). Rapporti con ì soldati « Anche i rapporti con i soldati di stanza al paese sono buoni — mi dice il vice presidente della Pro loco di Caldaio, Hermann Selva, un giovane intelligente che, nonostante il cognome ed i capelli nerissimi, è di lingua e di cultura tedesche —. C'è un distaccamento del Genio Pionieri giù al lago, a tre chilometri dal paese; ragazzi vivaci, esuberanti, ma si danno da tare con le turiste straniere, tedesche, olandesi, belghe. Sanno'che con quelle di Caldaico la cosa è diversa, bisogna stabilire rapporti seri; anche qui abbiamo qualche matrimonio misto ». Affrontiamo il problema del « pacchetto », presentato a fine ottobre. Che ne pensano? Sono prò o contro? Quando gli pongo questa domanda, Oswald Oberhofer, il sindaco-contadino, scuote la testa. Ha sul tavolo il testo della proposta di legge, pagine zeppe di articoli complessi, di espressioni giuridiche astruse; lo sfiora appena con i grossi polpastrelli. « Con tutte queste parole è difficile orizzontarsi — mi dice —. La gente parla per sentito dire, chi è per Magnago dice che il " pacchetto " va bene, chi è per Dietl o per Dalsass dice che non va, bisogna respingerlo ». Ecco un secondo punto in cui trovo quasi tutti d'accordo: come si può pretendere che in un solo mese montanari, contadini, gente semplice possano digerire una materia cosi complicata? « Quelli che hanno capito bene saranno cinquemila su quasi trecentomila abitanti — mi dice l'assessore all'Edilizia di Appiano, Erwin Walcher —. Qui in paese quanti saremo? Venti su ottomila, non di più ». Gli faccio notare che in queste circostanze la popolazione, pur ignorando i particolari, intuisce benissimo le grandi direttive; nel caso specifico ha capito che accetta- j re il « pacchetto » significa ottenere parecchio (non tutto) e chiudere definitivamente il problema altoatesino; respingerlo vuol dire continuare per chissà quanto nelle condizioni attuali sperando -di poter arrivare... A che cosa? All'autodecisione? Al distacco dall'Italia? il sindaco di Appiano Il sindaco di Appiano, Friedrich Delago, un omone dall'aspetto falstaffiano, proprietario dell'albergo Schlosskorb, mi assicura che no, neppure i più intransigenti pensano a questo (ma se ci pensassero, me lo direbbe?); giudicano troppo smilzo il «pacchetto » e vogliono mantenere aperta la questione, ecco tutto. Se il governo italiano concederà effettivamente le autonomie previste dalle nuove norme, fra le due comunità potrebbe sorgere un nuovo clima di fiducia; ma, a parere del sindaco, i precedenti non autorizzano un eccessivo ottimismo in questo senso. Fiducia: tutto è questione di creare un clima di fiducia reciproca. La stessa affermazione mi viene ripetuta in tutt'altra parte della provincia, a Chiusa, a Bressanone, lungo la valle dell'Isarco che da Bolzano risale verso l'Austria. Il sindaco di Chiusa (3850 abitanti, circa ottocento di lingua italiana) Josef Prater non si definisce contadino, bensì agricoltore; ed ha ragione, perché l'aspetto di chi lavora direttamente sui cam pi non l'ha proprio. « Ci vuole fiducia, — continua a ripetermi al caffè della Posta, dove siamo venuti a prendere un espresso con alcuni notabili locali — ma come si fa ad averla finché a Roma c'è un governo come quello attualfi? Non vogliamo De Gaulle, per carità, ma ammetterà che ci vorrebbe qualcosa di diverso ». Beve in fretta il caffè perché deve scappare a Bolzano per affari, e mentre si avvicina all'automobile continua: « I rapporti con gl'italiani? Eccellenti. Noi cerchiamo di guadagnare soldi senza guardare in faccia a nessuno ». Mi saluta, salta in auto, si allontana. Non avessi visto il suo viso rubizzo, non avessi sentito il suo accento tedesco, potrei dire di aver parlato con un commendatore milanese. A Bressanone (quindicimila abitanti, quasi cinquemila di lingua italiana) trovo in¬ vece toni aristocratici, culturali, adatti all'antichissima cittadina del principe-vescovo e allo stile architettonico del municipio dove vengo ricevuto dal sindaco, Zeno Giacomuzzi (di lingua tedesca) e da altri esponenti locali. L'assessore ai Lavori Pubblici, Ludwig Zingerle, mi dice che i contrasti di questo dopoguerra sono dipesi quasi tutti dal fatto che l'Italia, Stato giovane, manca di tradizioni federalistiche e non ha mai avuto che fare con minoranze etniche; il. giorno in cui acquisterà questa esperienza, « pacchetto » o no, tutto andrà bene. Certo, non ha torto. Ma il terrorismo? Come giustifica attentati e sparatorie? « I primi, quelli ai tralicci, a scopo dimostrativo, erano opera di idealisti che volevano richiamare l'attenzione di Roma sul problema dell'Alto Adige — mi dice il presidente della Comunità della Valle, Va¬ lerio De Jaco —. Poi ci si son messi di mezzo i circoli bavaresi di estrema destra, le organizzazioni naziste, gli intrighi dei Paesi comunisti. E siamo precipitati nel caos». Ora, fortunatamente, la situazione è calma. Col « pacchetto » migliorerà ulteriormente? I dirigenti di Bressanone non vedono tutto roseo: temono che il governo italiano nemmeno in futuro riesca a liberarsi dai suoi impacci burocratici. Un po' di ottimismo Per trovare un certo ottimismo debbo salire a Bruni co (diecimila abitanti, circa 2500 italiani), capoluogo della Pusteria, fra boschi e prati spruzzati di neve fresca che brilla sotto il sole. «Io ho fiducia nel " pacchetto " — mi dice il giovane sindaco Adolf Unterpestinger —. So che per noi non rappresenta l'ideale; so anche che il governo italiano, pur con la miglior buona volontà, non potrà abolire da un giorno all'altro la sua lentezza burocratica. Immagino i "Ve l'avevo detto, io" che domani lanceranno i nostri oppositori in seno alla Volkspartei. Ma ad un certo momento bisogna aver coscienza delle proprie responsabilità politiche, e compiere un passo decisivo, nella speranza di invertire la corrente ». Già, perché per noi italiani il « pacchetto » costituisce una generosa e forse troppo larga concessione; per i sudtirolesi, invece, rappresenta soltanto un riconoscimento parziale di quelli che essi ritengono i loro diritti. Per alcuni è quasi una rinuncia. Solo se loro riusciranno a rendersi conto del nostro stato d'animo e noi del loro, l'approvazione delle nuove norme potrà segnare l'inizio di un'epoca nuova nei rapporti fra le due comunità. Gaetano Tumiati Bolzano. « Schutzen » in costume nazionale (Telefoto)