Perché i film su finti Papi?

Perché i film su finti Papi? Perché i film su finti Papi? Cosa può spingere un regista di cinema a far vestire al protagonista di un proprio film /' panni di Piètrii? Se il motivo non è il dib. ) ideologico, come potrebbe accadere per Luis Buiiucl, a che scopo inventare un Papa inesistente e avvilupparlo in un destino qualsiasi? Forse è per puro piacere di fantapolitica. Ma forse è per qualcos'altro di più segreto che, coinvolgendo quel piacere, ci consente di aprire uno spiraglio su una diffusa inclinazione latente. Non ce dubbio che ogni nostro gesto, ogni nostra proiezione fantastica hanno un significato diverso, anche opposto a quel che apparentemente intendono. E dunque, al piacere puro di escogitare una vicenda che abbia aspetti di probabilità su un Papa inesistente non ci crediamo. Perche la figura del Papa possiede un elevato potenziale simbolico: la cattedra di Pietro ha troppi secoli di storia alle spalle. Il cinema ci ha mostrato immaginari presidenti degli Stati Uniti in .difficoltà: per esempio in Doctor Strangelove di Stanley Kubrick, oppure ' in The Manchurian Candidate di John Frankenheimer. La ragione era palesemente, o implicitamente, polemica e politica. E questi film, pure con i loro indiscutibili pregi, erano troppo a « una dimensione»: avevano la vivacità del pamphlet, erano in qualche misura condizionati alla denuncia, fosse quella del pericolo di una guerra termonucleare scatenata per follia o quella di un complotto antistatale. Per non dire poi di quel ^usto, tutto di pettegolezzo, nei casi migliori tinto di ironia di certo cinema a fare apparire sullo schermo gli uomini grandi, anche i numi della politica internazionale, in vestaglia e pantofole. Ultimamente Hollywood ci ha mostrato: un divertente Mao. coinvolto In una partita a ping pong con Gregory Peck. Ma questi casi, anche se hanno punte di terribilità (vedi Doctor Strangelove) sono suscettibili di spiegazioni più domestiche. Quanto al Papa, può esservi anzitutto un evidente motivo di curiosità. Il Vaticano è un luogo dove non si penetra facilmente. La Casa Bianca lo sarà anche meno ma la fantasia può accedervi con maggiore, agio. Il Vaticano, col suo complesso di abitudini così radicate nel passato, è indubbiamente più misterioso; provoca forme di interesse che possono lusingare un regista. Il successo di un film è fatto anche di questo: evocare immagini che la vita quotidiana vieta o rimuove, o che abbiano del privilegiato. Ma spostiamoci di piano. E' di questi giorni la notizia che John Schlcsinger metterà in film l'Adriano VII di Frederick Rolfe, alias Baron Corvo. Perché il regista di Darling o di Mianight Coif boy può sentirsi portato a girare una storia prendendo per spunto uno dei libri più stravaganti della narrativa inglese del primissimo Novecento?" E dice nelle interviste che del protagonista vuol fare anche un beat in anticipo. Si tratta di condurre un gioco di ipotesi che certo non offenderà Schlcsinger. Da poco più di un anno in due teatri, a Londra e a New York, una picce ricavata dal romanzo sta ottenendo un notevole successo. E' questo successo a provocarci. Cosa si racconta in Adriano VII? Chi è Frederick Rolfe? Proprio nella risposta a domande tanto particolari sta la chiave della questione. Rolfe è uno degli scrittori più eccentrici della letteratura inglese moderna. Nato a Londra nel 1860, morto a Venezia in condizioni di assurda indigenza nel 1913, è una scoperta abbastanza recente, dovuta alla curiosità critica di Arthur Symons, di Auden, di Graham Greene. Fu cattolico, iniziò studi teologici alrOscott College. Spedjto a Remai al Collegio Scozzese, per che li concludesse, ne fu espulso; ma rimase per tutta la vita maniacalmente un sacerdote: presunse che la sorte maligna e le congiure degli uomini gli avessero vietato la veste cardinalizia. Da queste nostalgie, da queste fissazioni, frutto di quel che Ludwig Binswanger chiamerebbe con esattezza una forma di esistenza mancata, nac-, que l'Adriano VII, specchio autobiografico e proiezione di speranze. Un libro di cui è evidente il carattere pratico, assurdamente propagandistico (un ideale « Quinto Vangelo »...), risolto spesso, per puro miracolo, in uno stile prestigioso, aromatizzato secondo le ricette più mirabolanti della prosa inglese fin de siede. La vicenda è quella di un ingegno misconosciuto, chiamato casualmente all'abito talare, e ancora più casualmente eletto pontefice. Le sue gesta di Papa sono ispirate a un miraggio di povertà e splendore dello spirito: cose che gli provocano inimicizie e calunnie feroci nella Curia e fuori. Anzi, sembra che la calunnia riuscirà a tirarlo giù dal soglio di Pietro. Ma Adriano avrà la meglio. Dallo scandalo verrà fuori trionfatore. In questo trionfo, però, la sua morte: il capo dei calunniatori lo uccide nel mezzo di una fastosa cerimonia. Il dato più evidente del racconto è la passione incondizionata, delibata in ogni inezia, che Rolfe mostra per lo sfarzo cerimoniale del costume ecclesiastico. La vera e propria nostalgia di lui è quella di non aver potuto vestire le sete cangianti e i broccati cardinalizi, simbolo ai suoi occhi d'un affascinante ircocervo nato dal connubio tra arte e potere. Detto tutto questo, sarà facile capire come il motivo oscuro, di cui 'parlavamo all'inizio, sia un certo collettivo bisogno di contraffare con miti estetici il volto ambiguo del potere, anche per mezzo di un'esemplificazione di comodo. E' .comunque sicuro che lii sostanza della figura del Papa, ò' la "rigenerazione a cui essa è sottoposta, ci ha che vedere assai poco. La conferma viene proprio da quelle parole apparentemente rivoluzionarie di Schlesinger, quando dice che vuol fare di Adriano VII un beat avanti lettera. Nei bcats si realizza un estremo di estetismo, l'ultimo fiore del vivere inimitabile: e dunque Schlesinger forse vorrà, mediante lo specchio della floreale ed evasiva nostalgia del Baron Corvo, offrire un aspetto d'eleganza a un sentimento ben altrimenti evasivo. Enzo Siciliano

Luoghi citati: Londra, New York, Stati Uniti, Venezia