"Collettivi" anche per gli asili? di Carlo Casalegno
"Collettivi" anche per gli asili? SI ESAGERA NELLE SCUOLE MEDIE "Collettivi" anche per gli asili? Questa volta l'anno scolastico ha un inizio più difficile, forse, nei licei e negli istituti tecnici che all'Università. Non è un fenomeno solo italiano: in Francia lo spirito della « rivolta di maggio » sembra essere passato dal Quartiere Latino e da Vincennes agli studenti più giovani; ed anche in Germania ed in Inghilterra si avvertono segni di inquietudine tra gli alunni delle medie. Ma si direbbe che in Italia l'agitazione sia più estesa, meglio organizzata, e tutt'altro che spontanea; ed in varie città provoca tumulti (di cui approfitta il teppi smo neofascista) od esplode in episodi da « rivoluzione culturale ». A Torino hanno scioperato alcuni istituti, il liceo Gioberti è stato invaso, davanti al liceo Segrè il pic¬ chettaggio è degenerato in atti di violenza. A Milano comitati studenteschi hanno praticamente usurpato la gestione del liceo Berchet, e cambiato programmi, «spulso professori: la dittatura d'assemblea sostituisce il governo del preside. In parecchi centri gli alunni presentano cahiers de doléances e carte rivendicati ve: abolizione del voto, degli esami di Stato, delle «misure repressive »; riforma dei programmi, autonomia dei « gruppi di studio »; illimitato diritto d'assemblea in ore di lezione, libera diffusione di manifesti politici, uso gratuito dei mezzi dell'istituto per la propaganda. L'obiettivo è una scuola nuova, « non più classista e selettiva, ma democratica ». Nei documenti teorici si incontrano molte parole gros¬ se dal significato impreciso e cascami di un secolo di letteratura rivoluzionaria: un po' di Manifesto dei comunisti, un po' d'Ottobre rosso, un po' d'anarchismo, e soprattutto Mao, Cohn Bendit, il « Che ». L'azione si ispira in misura eguale a due modelli assai lontani: le lotte operaie, con scioperi e picchettaggi, e la guerriglia urbana delle « Pantere nere » americane. Il tutto, naturalmente, assume aspetti involontari di parodia: alcune migliaia di ragazzi giocano, con grande impegno e serietà, ad imitare le vere agitazioni sindacali, la vera rivoluzione maoista, la vera rivolta negra. Ma il gioco non fa ridere. Rischia di sconvolgere quella cosa seria ed importante che è la scuola, di aggravarne la crisi fino al disfacimento. Con tutta la com¬ prensione per la buona fede di quegli adolescenti (assai meno per chi li manovra, in vista di nebulose utopie rivoluzionarie o per sfruttare il disordine), e per i loro autentici motivi di malcontento; il Paese non può permettersi il lusso di lasciar paralizzare il sistema scolastico, preparando una generazione di spostati. La tolleranza è durata fin troppo. Ci sembra sia tempo di spiegare con fermezza alcune semplici verità agli scolari inquieti od illusi, ed anche ai genitori che dai tumulti sperano promozioni più facili per 1 figli. Lo sciopero scolastico non è un diritto, ma un abuso. Gli istituti superiori, per non mancare al loro compito, debbono essere « selettivi »: la promozione va meritata, perché è un diploma di capacità, con valore le- gale, rilasciato all' alunno. La libertà d'assemblea sta bene; ma è giusta, ed ha valore educativo, soltanto se non riduce le ore di lezione già troppo scarse. I programmi vanno aggiornati, ma non inseguendo la moda od obbedendo a chi non sa nulla; e senza dimenticare che cultura moderna non significa buttarsi sull'attualità ignorando il passato. La scuola non deve insegnare solo delle nozioni, ma anche la capacità di apprendere, lo sforzo, la disciplina: una materia «superata» è più utile che aggiornamenti da dilettanti. Accettiamo il dialogo, non r autogestione studentesca delle medie. Continuando a subire l'arbitrio di adolescenti immaturi, finiremo per avere i « collettivi » anche negli asili. Carlo Casalegno
Persone citate: Berchet, Cohn Bendit, Gioberti, Mao, Segrè
Luoghi citati: Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Milano, Torino
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