Nel Sud un quarto del reddito e oltre un terzo degli italiani di Mario Salvatorelli

Nel Sud un quarto del reddito e oltre un terzo degli italiani Oggi a Venezia un convegno sulla politica meridionalistica Nel Sud un quarto del reddito e oltre un terzo degli italiani ±jO squilibrio col resto del Paese si accentua, ma anche tra le sue regioni vi sono notevoli differenze - Gli investimenti passati e previsti della Cassa del Mezzogiorno e delle aziende a partecipazione statale e private (Dal nostro inviato speciale) Venezia, 7 novembre. Il Mezzogiorno economico d'Italia, quello della Cassa, delle agevolazioni fiscali e creditizie, dell'obbligo per le aziende a partecipazione statale di effettuarvi almeno il 30 per cento delle ordinazioni, degli incentivi per stimolarne il « decollo » industriale, .incomincia praticamente alla periferia di Roma. Esso comprende quindi 11 Lazio meridionale, Abruzzi, Molise, Campania, Puglie, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il suo reddito è un po' meno di un quarto di quello nazionale, mentre la sua popolazione è assai più di un terzo, avendo superato nel 1966 1 venti milioni di abitanti, pure se si registra ogni anno un'emigrazione definitiva netta (differenza fra i cancellati e gli iscritti per trasferimento sui registri anagrafici) di 140-150 mila persone, tanti come i cittadini di Vercelli e Alessandria messi insieme. Meno di un quarto del reddito contro più di un terzo della popolazione: ecco lo squilibrio tra Mezzogiorno e resto d'Italia. E la situazione non migliora. Nel '68, anzi, è peggiorata, dato che il reddito è stato il 24,3 per cento di quello nazionale, contro il 24,9 per cento del '67. Questo perché il tasso d'incremento è stato, in lire correnti, del 6,8 per cento nel triangolo industriale; dei 6,6 nel resto dell'Italia nord-orientale, del l'8 nell'Italia centrale e solo del 5,4 per cento nel Mezzo giorno. La « politica meridionalisti ca » è uno dei punti fermi dei programmi di governo, dal dopoguerra ad oggi. C'è chi dice che, più di un punto fer mo, è un punto immobile. Viene in mente la famosa frase di Cavour, a proposito di unità d'Italia, negli anni precedenti il convegno di Plombières: «PeTisorci sempre, non parlarne mai». Porse per il Mezzogiorno si dovrebbe dire che se ne parla sempre, ma nessuno ci pensa veramente? E' una domanda alla quale si propone di rispondere domani il convegno organizzato a Venezia dal Club Turati e dalla Fondazione Olivetti sul tema « Nord-Sud: i nuovi termini di un problema nazionale ». Le relazioni e gl'interventi in programma, i nomi degli invitati che hanno confermato la loro partecipazione, promettono risposte esaurienti. Più che un consuntivo di che cosa si è fatto finora, da parte del governo e degli enti creati appositamente per lo sviluppo del Sud, da parte delle aziende a partecipazione statale e di quelle private, si dovrà guardare a ciò che si doveva fare e non si è fatto e a che cosa può rilanciare quel famoso « decollo » che stenta a realizzarsi. Si sa che le aziende a partecipazione statale dovrebbero investire l'anno prossimo 533 miliardi di lire nel Mezzogiorno, il doppio dei 264 investiti nel '68; che grosse aziende private hanno in programma cospicui investimenti: 100 miliardi la Pirelli nel periodo 1969-'73; 145 la Fiat nel triennio 1970-'72; 400 la Montedison nel prossimo quinquennio. E la Olivetti, con il suo nuovo stabilimento a nord di Napoli e l'ampliamento di quello di Pozzuoli, localizzerà nel Mezzogiorno un quinta della sua forza di lavoro. Ma intanto l'aumento dell'occupazione complessiva avutosi in Italia l'anno scorso (161.800 unità) è distribuito per il 97,2 per cento nel CentroNord e solo per il 2,8 per cento nel Mezzogiorno. «E' un risultato paradossale per una programmazione che si proponeva fra i suoi obiettivi quello di favorire una diversa distribuzione territoria¬ le dei nuovi posti di lavoro, soprattutto nel. settore industriale » (relazione di TJ. Dra gone).. E' anche vero- che ormai sarebbe tempo dì spaccare, non so se nei provvedimenti, certo, nelle valutazioni degli operatori, delle autorità, del pubblico, il Mezzogiorno in almeno due o tre zone. Per esempio, la Sardegna ha registrato l'anno scorso un aumento del reddito del 10,5 per cento, che la pone addi rittura al primo posto tra le regioni italiane. E anche la Sicilia, con l'8,7 per cento, supera l'incremento medio nazionale, mentre lo sfiorano gli Abruzzi con il 7,2 e ci si avvicina la Campania con il 6,4. Quindi la metà delle otto regioni del Mezzogiorno (a parte il Lazio meridionale, « che vi rientra solo economicamente »), si direbbe siano riuscite finalmente a saltare sul treno del progresso. Delle altre quattro, Basilicata e Calabria sono assai al di sotto della media nazionale (rispettivamente il 4,5 e il 3,2 per cento di aumento annuale del reddito), ma non peggio di alcune regioni del Centro-nord: Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta, cioè le zone alpine. Grave, invece, è il bilancio '68 per le Puglie, con un regresso dello 0,8 per cento; quasi drammatico per il Molise, con una diminuzione del 3,6 per cento. Le relazioni in programma nel convegno di Venezia hanno questi temi: « Politica meridionalistica e strumenti dell'intervento », « Il ruolo dell'industria nello sviluppo del Mezzogiorno e la contrattazione programmata », « Possibilità di investimenti nel Mezzogiorno da parte d'imprese operanti a livello internazionale ». Nella mattinata e nel pomeriggio di domani e domenica mattina sono inoltre previsti numerosi interventi, ai quali risponderanno 1 relatori. Mario Salvatorelli

Persone citate: Cavour, Grave